sabato 17 novembre 2012

Roma Film Festival. A CineMaXXI presentato il "Mundo Invisìvel", un viaggio dal Brasile alla vecchia Europa, raccontato da tredici registi internazionali

ROMA, 17 – Ultimo giorno del Festival, ma non solo di premiazione. Presentati ancora dei film nelle diverse sezioni, ormai fuori concorso, ma sempre in anteprima e/o in chiusura. Nella sezione MaXXI è passato, in anteprima internazionale, “Mundo invisìvel”, il lungometraggio di concezione e regia generale di Leon Cakoff - direttore dalla Mostra Internacional de Cinema de Sao Paolo (Brasile), morto l’anno scorso – e dalla compagna Renata de Almeida, prodotto dalla Mostra stessa e dalla Guillane produzioni. Undici episodi e undici concezioni sull’invisibilità nel mondo contemporaneo in un film formato, appunto, da vari segmenti sotto lo sguardo di vari cineasti.

Una carrellata/viaggio attraverso il Brasile e fino alla vecchia Europa, dal pubblico al privato, dall’arte alle nuove tecnologie. Il primo corto girato è quello di Manoel de Oliveira, “Dal visibile all’invisibile”, passato al Festival di Venezia 2008, e che affronta con ironia e humour la ‘comunicazione’ nel terzo millennio. Due amici si ritrovano in pieno centro di San Paolo, uno portoghese l’altro brasiliano, ma vengono interrotti continuamente dallo squillo del cellulare, tanto che alla fine decidono di telefonarsi per poter chiacchierare in santa pace. Il Brasile è rappresentato da Lais Bodanzky (“Le migliori cose del mondo), “L’essere trasparente”, e dalla coppia Beto Brandt e Cisco Vasquez, “Kreuko”. Il primo è, tra arte e documentario, un’interessante indagine sul lavoro dell’attore tramite interviste a Monja Coen e performance dell’attore Lee Taylor, partendo dal concetto del giapponese Yoshi Oida “sull’attore invisibile”: riesce a fare una grande interpretazione quando lo spettatore non lo vede in scena. “Quando Leon mi ha invitato, era già molto malato, ed io molto commossa – dichiara la Bodanzky alla presentazione - perché ha formato molte generazioni e la Mostra per me è stata il vero incontro col cinema. E mi sono ricordata del lavoro di Yoshi, che ammiro tantissimo, ed è stato per me un grande onore far parte di questo ventaglio di registi/artisti”. Il secondo fa, tra vita e morte, un elogio alla pazzia come ‘genialità”. Ovvero ogni genio porta in sé un po’ di follia.
“Abbiamo girato in casa di Mauricio Paroni – afferma Brant -, che ha lavorato anche in Italia come assistente alla regia, tra amici attori e con tutta la libertà possibile. Un happening dove uno canta, l’altro recita poesie fino alle due/tre del mattino. Mauricio mi ha chiesto di raccontare una storia, ha preso l’iphone e l’ha messo davanti alla sua faccia (è l’introduzione ndr.), poi abbiamo proseguito con delle persone alla ricerca di un luogo dove creare: inconsciamente è questo il mondo invisibile di Mauricio, fotografato da noi, tra realtà e fantasia, cinema e teatro”.
Il sorprendente “Cielo inferiore” è uno degli ultimi lavori del rimpianto Theo Angelopoulos che si inoltra nel sub-mondo del centro e del sotterraneo (la metropolitana, ma non solo) di San Paolo e i suoi abitanti quasi impercettibili, il colori dell’arte delle strade (i graffiti), nella melanconia del mondo esterno senza redenzione e nel peso della coscienza divina (il predicatore). Il suggestivo “Gatto colorato” del canadese Guy Maddin, fotografa il movimento dei visitatori del cimitero della Consolaçao, durante la festività di Ognissanti, in contrasto con le immagini di un gatto nero che vive tra quei muri.
L’italo-cileno Marco Bechis (da “Garage Olimpo” a “Hijos - Figli”) – vissuto anche in Argentina - riscopre un pezzo di giungla amazzonica in piena città. La vegetazione intatta del parco Trianon, in piena Avenida Paulista, infatti, viene riscoperta dagli indios Guarani-Kaiowà in visita nella città. E, quando escono, vengono circondati dai curiosi. “Nel 2008 ero a San Paolo per presentare ‘La terra degli uomini rossi’ (dopo Venezia ndr.) – dice Bechis dopo la proiezione - e Leon mi disse ‘non ti va di fare un corto sul concetto di mondo invisibile?’. E così mi sono ricordato del parco che avevo visto quando andavo a scuola, un pezzo di foresta rimasto lì nell’invisibilità e di tornarci proprio con gli indigeni che vi abitavano. Un incontro magico, bellissimo”.
“I festival servono anche per il confronto tra registi – aggiunge -, tra diversi modi di fare cinema. Oggi non esistono più luoghi dove confrontarsi, dove una volta si discuteva, si litigava anche, ma c’era quello scambio reale che oggi manca. In questo caso, a San Paolo, l’abbiamo trovato e credo sia fondamentale”. Gian Vittorio Baldi, in “Favola - Pasolini a Heliòpolis” parte da un ricordo, quando nel 1968, l’amico Pier Paolo e il produttore volevano filmare la vita dell’apostolo San Paolo nella periferia di una grande città contemporanea. Quarant’anni dopo, Baldi decide di visitare Heliòpolis ed avere contatto con gli abitanti della comunità.
“Pasolini voleva realizzare la vera storia di San Paolo come persona moderna – dichiara Baldi -prima aveva pensato a Berlino, poi a New York, ma dopo l’incontro con Cakoff ho pensato che poteva essere proprio lì, dove la sofferenza e la povertà vengono riscattate dalla spiritualità. Che San Paolo ‘a’ San Paolo diventasse visibile nel mondo invisibile”. L’attore (da Kieslowski a Moretti) e regista polacco Jerzy Stuhr, con “Tributo al pubblico di cinema”, rende omaggio alle platee, filmando un pubblico di una delle sessioni del suo film “Il tempo di domani”, nella 28a. Mostra Internazionale di Cinema di San Paolo del 2004. Attraverso sguardi, gesti e reazioni possiamo osservare come gli spettatori vengono condotti dalla narrativa cinematografica.
L’attrice portoghese Maria de Medeiros firma la regia del gustoso “Avventure dell’uomo invisibile” – unica vera e propria fiction -, dove una colazione portata in un vassoio va avanti lungo i corridoi di un albergo di lusso, tra un tintinnio di piatti. Apre porte di intimità esposte senza pudore sotto lo sguardo di un cameriere, l’uomo che deve essere invisibile e che a volte vede più di quello che dovrebbe. In “Vedere o non vedere”, il giramondo Wim Wenders segue la vicenda di tre ragazzine. Yasmin, Ytamara e Dandara, un tempo, sarebbero andate a una scuola per ciechi ma, grazie al pioniere programma sviluppato dalla dottoressa Silvia Veitsman, del Dipartimento di Oftalmologia della Santa Casa di San Paolo, che insegna i bambini ad utilizzare la visione residuale sin da piccoli, oggi possono frequentare la scuola pubblica.
Infine, in “Yerevan – Il visibile”, l’armeno-canadese Atom Egoyan segue le orme di un giovane che va a Yerevan, capitale dell’Armenia, per recuperare la storia di suo nonno, sparito nel Genocidio Armeno provocato dall’Impero Ottomano quasi un secolo fa. Recatosi nella piazza centrale con un poster e una serie di foto, richiama l’attenzione di un signore che trova tra le foto un vecchio amico morto in quella stessa piazza, durante una repressione divulgata in Brasile. “La nostra generazione si è formata con la Mostra di San Paolo – dichiara il produttore Fabiano Gullane, anche lui presente al Festival di Roma – con cui Cakoff per oltre trent’anni ha fatto vedere film e conoscere registi di tutto il mondo.
Infatti, Leon era amico di tutti gli autori ed è il secondo progetto che abbiamo realizzato insieme a lui e Renata. Tutto è iniziato nel 2004 con un’idea, de Oliveira, Stuhr e una telecamera, ma senza soldi. Abbiamo condiviso la realizzazione per otto anni, poi anno dopo anno abbiamo trovato altri sponsor, altri partner. Ma sono stati tanti i film presentati, sia nella sezione MaXXI sia in Prospettive Italia, tra documentari e fiction, tra cinema d’autore e/o sperimentale. Tra questi tre documentari prodotti da Figli del Bronx e Minerva Pictures, Gaetano Di Vaio e Gianluca Curti, alla cui presentazione ha partecipazione una delegazione di ragazzi di Scampia. Il corto “Ciro” di Sergio Panariello, “Interdizione perpetua” di Gaetano Di Vaio e “L’uomo con il megafono” di Michelangelo Severgnini, sono ambientati proprio a Napoli e dintorni. “Ciro”, infatti, segue le giornate del quattordicenne che vive proprio a Scampia, tra la scuola, la salumeria nella quale lavoro e il campo di calcio dove si allena. Nel quartiere non ha molti punti di riferimento se non il suo allenatore e la diciottenne Anna che conosce da quando era piccola; ma lì abitano anche Lello, un capozona che simboleggia la ricchezza e il successo, un mito agli occhi di Ciro, circondato da persone che lo ammirano e lo rispettano. “Interdizione perpetua” è un paradosso, l’impossibilità di partecipare alla vita della società, vite alla periferia di Napoli, come ci saranno in tutte le periferie del mondo, a cui sembra negato l’accessoa i diritti più elementari: il diritto ad un lavoro, ad un reddito, alla sopravvivenza. Ma a Napoli si cerca di superare le mancanze dello Stato con fantasia, reinventandosi un lavoro, per esempio la raccolta del ferro vecchio. Però anche questo viene considerato ‘un reato’. “L’uomo con il megafono” è quello che - alla vigilia di una delle campagne elettorali più significative per il sindaco di Napoli e dopo alcuni anni passati ‘andando a dormire presto’ -, ritorna alle ‘Vele’ di Scampia e riapre la sede dello storico Comitato degli Inquilini che per trent’anni aveva rappresentato le lotte sociali di chi non si è mai arreso alle logiche di abbandono delle periferie. José de Arcangelo