lunedì 30 ottobre 2017

"C'est la vie" di Toledano & Nakache conquista pubblico e critica della Festa del Cinema con una valanga di risate doc. Visti "Nadie nos mira" e "Stronger"

Alla Festa del Cinema di Roma, tra il weekend e oggi, sono passati altri film interessanti - dall'argentino "Nadie nos mira" al fenomeno francese "C'est la vie" (oggi è arrivato a 2milione di spettatori in patria), ma per il momento non tutti usciranno in sala prossimamente. Tra questi, l’argentino “Nadie nos mira” (t.l. Nessuno ci guarda) di Julia Solomonoff, con Guillermo Pfening. Un dramma su un attore di successo, divo delle telenovelas, Nico (Pfening), reduce di un fallimento sentimentale tronca all’improvviso la sua carriera in Argentina e decide di emigrare a New York nella speranza che un progetto con un regista

messicano vada in porto e che il proprio talento possa aiutarlo a trovare successo anche in America. Però non a fatto i conti con la sua presenza fisica: troppo biondo per fare il latino e con un accento troppo marcato. Nico passa regolarmente inosservato e per sopravvivere si arrangi i facendo lavoretti che gli capitano, dal cameriere al baby sitter per un’amica. E resta a galla grazie alla sua capacità di fingere. Però, Theo, il bambinetto di cui si prende cura in modo amorevole diventa il suo unico vero legame. Ma, quando il suo ex produttore, mentore e amante si rifà improvvisamente vivo, Nico sente vacillare le sue fragili certezze…
Un dramma contemporaneo attraverso il quale vengono a galla disagi e paure, fragilità e incertezze, anche dei nostri tempi e della nostra società, in cui serve ‘recitare’ per sopravvivere e dove la solidarietà spesso diventa lavoro e le relazioni sono solo interessi (economici). E, quando uno è in difficoltà 'nessuno ci guarda'. Dall’America arriva un’altra storia vera con “Stronger” di David Gordon Green, con un grande – come al solito – Jake Gyllenhaal nel ruolo di Jeff Bauman (tratto dal suo libro omonimo, scritto con Brett Witter
(sceneggiato da John Pollono). E’ il tradizionale film dedicata agli ‘eroi di tutti i giorni’ e a fatti di attualità legati al terrorismo, ma costruito in modo da coinvolgere e persino commuovere il pubblico senza eccessi sentimentali e/o retorica patriottica. Infatti, “Stronger” ci mostra un uomo comune diventato eroe suo malgrado perché, oltre ad essere sopravvissuto e aver riconosciuto uno degli attentatori, è deciso a non rassegnarsi, ma non è privo di difetti e contraddizioni. Soltanto nel finale, forse, la pellicola cade, forse, nei tipici tranelli delle redenzioni cinematografiche hollywoodiane.
Racconta la storia di Jeff, la cui vicenda ha appassionato il mondo intero e lo ha reso un simbolo di speranza, dopo l’attentato del 15 aprile 2013 durante storica maratona di Boston (era andato per vedere la sua ragazza, con la quale si erano lasciati da un mese), dove ha perso entrambe le gambe. Infatti, il suo percorso eroico e personale, gli darà la forza per superare ogni avversità e metterà a dura prova i legami familiari, mentre tenterà – non senza difficoltà – di ricostruire la sua vita al fianco della compagna Erin e di ritrovare se stesso. Anche grazie all’incontro con il suo primo
soccorritore, Carlos, un uomo che ha perso i figli e ora si dedica a salvare e aiutare altri ‘figli’. Nei cinema italiani prossimamente presentato da O1 Distribution. Infine oggi è stato il turno della nuova commedia di Eric Toledano e Olivier Nakache - ovvero gli autori del fenomeno “Quasi amici”- “C’est la vie! – Prendila come viene”, con un superlativo Jean-Pierre Bacri, capocomico di un film corale e direttore (piccolo imprenditore) di una squadra di catering alle prese con un matrimonio ‘perfetto’, cioè sofisticato e gradevole.
Uno spunto già usato da Robert Altman per “Un matrimonio”, solo che Toledano e Nakache, affrontano il dietro le quinte e offrono il punto di vista soprattutto di quelli che ci lavorano perché tutto funzioni a meraviglia. Una gustosissima commedia attuale e corrosiva i cui riferimenti sono la commedia all’italiana degli anni d’oro e l’episodio finale dell’argentino “Storie pazzesche”, Toledano dixit (in conferenza stampa), tanto che ha aggiunto che per “Quasi amici”, oltre la storia vera originale, lo spunto viene da “Profumo di donna” di Dino Risi. Quindi si ride e parecchio, grazie a un cast che offre il meglio del cinema e del teatro
francese, anche in piccoli ruoli. Sullo sfondo (la ‘festa’ è in un magnifico castello nei pressi di Parigi) disoccupazione, crisi economica, sentimentale e dei ‘mestieri’ (un ex professore di storia tra i camerieri, lavoratori in nero francesi e dello Sri Lanka). Dal pomeriggio fino all’alba, seguiremo tutte le fasi dell’organizzazione, in oltre 12 ore una lunga serie di equivoci, sorprese e colpi di scena, fino ad un finale in armonia grazie alla magia della musica che non ha bisogno di linguaggi né di classi per accomunare tutti. Il film uscirà il 30 novembre distribuito da Videa. José de Arcangelo

venerdì 27 ottobre 2017

Alla Festa del Cinema presentati i primi tre film, fra guerra e rivolta, emozioni e violenza, Resistenza e amore: "Detroit", "Hostiles" e "Una questione privata"

Teso ed emozionante, duro e crudo, “Detroit” sconvolge lo spettatore con la ricostruzione della ribellione afroamericana - nel ’67 - della città delle automobili (allora), partendo con immagini d’animazione che raccontano come gli afroamericani vi siano emigrati in cerca di lavoro e finiti in un quartiere ghetto. Infatti la storia è ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit – sempre sceneggiata da Mark Boal -, dato che sulle strade della città si consumò un vero e proprio massacro ad opera della polizia per

cui era stata chiamata addirittura la guardia nazionale. E si concluse con un bilancio di tre afroamericani uccisi a sangue freddo e centinaia di feriti gravi. Tutto ebbe inizio con una ‘semplice’ retata a un club privato di cui furono testimoni gli abitanti del quartiere, dando inizio alla rivolta antirazzista. Quindi, la rivolta successiva portò disordini e distruzioni, e si concluse con i fatti accaduti quella terrificante notte al Motel Algiers in cui sono stati tenuti in ostaggio e torturati dei giovani
afroamericani (e due ragazze bianche che si trovavano con loro) durante la ricerca di un presunto cecchino (in realtà si trattava di una pistola giocattolo) e che finì con l’assurda morte di tre di loro. Bigelow, con uno stile quasi documentaristico, ci trascina dalle strade all’interno del Motel, in cui siamo testimoni impotenti di ogni sorta di tortura psicologica e fisica esercitata dai poliziotto, tanto che ad un certo punto persino la guardia nazionale si tirò fuori. Per concludersi con un processo farsa che anziché condannare i poliziotti li assolse.
“In questo caso – ha dichiarato l’autrice -, volevo mettere lo spettatore dentro il Motel Algiers, così da fargli vivere l’esperienza quasi in tempo reale”. Mentre per gli esterni, insieme a Barry Ackroyd, la regista ha inserito dei filmati veri della ribellione che si mescolano perfettamente al girato odierno. Boal aggiunge: “I film storici possono risultare leggermente antisettici, specialmente se sono passati cinquant’anni (si compiono proprio quest’anno ndr.). Solo quando incontri le persone che sono state realmente coinvolte, inizi ad apprezzare che i fatti storici in realtà sono la storia di persone vere. E questo è diventato il fulcro della mia sceneggiatura”.
Certo, Bigelow non cerca né può dare risposte e/o soluzioni ad un problema così complesso e ancora oggi duro a morire (vedi i fatti di Charlottesville, per ricordare i più recenti) e per farlo confida nella presa di coscienza dello spettatore (soprattutto americano, ma non solo), dato che sostiene che il mezzo cinematografico “parla al subconscio, chiedendo allo spettatore quasi un coinvolgimento attivo”. Se i ritratti psicologici privilegiano le ‘vittime’, ma non sempre, visto che i poliziotti sadici e violenti ci riportano in mente altri episodi della storia americana, dal Ku Kux Klan ad oggi, quasi a ricordarci che spesso i razzisti più fanatici (neonazisti) trovano posto nella polizia, dove sfogano tutto il loro odio
contro persone innocenti e indifese. Bigelow, infatti, nella terza e ultima parte del film analizza le conseguenze – qualcuno dice in modo addirittura schematico -, soprattutto sulle vittime per le quali l’esistenza non sarà più la stessa, tra rassegnazione e sogni infranti, indignazione (anche da parte dello spettatore) e impotenza, quando le illusioni di pari opportunità vengono cancellate. Secondo noi era l’unico modo di raccontare una storia da non dimenticare, al di là della denuncia. Una delle tante di questo nostro mondo. Non a caso l’episodio
dell’Algiers ci riporta in mente il ‘nostro’ Diaz (Genova) e il film di Vicari. Presentato oggi anche il nuovo film dei fratelli Taviani, liberamente tratto dal libro omonimo di Fenoglio, “Una questione privata” con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè. Che non è l’ennesimo film sulla Resistenza. “Abbiamo sempre amato Fenoglio – confessa Paolo, Vittorio ultimamente non partecipa alle conferenze stampa – che consideriamo il più grande scrittore italiano, ma che non siamo mai riusciti a portare sul grande
schermo per causa di diritti già presi da altri, siamo sempre arrivati tardi. Ma un pomeriggio di quattro anni fa uno di noi due, a Roma, l’altro a Salina, all’insaputa l’uno dell’altro, ascoltiamo la voce profonda e da noi molto amata di Omero Antonutti, che rilegge ‘Una questione privata’. D’impeto, ancora ciascuno per suo conto, telefoniamo a Omero. ‘Ma sono dieci anni che l’ho inciso!’, ride e aggiunge ‘Cinque minuti fa mi ha telefonato per ringraziarmi tuo fratello! Che succede?’ E nel giro di pochi giorni, grazie a questo nostro grande attore, sapemmo quale sarebbe stato il nostro film.”
“E’ la storia d’un impazzimento d’amore. Una storia d’amore in contraddizione col momento storico in cui avviene, il clima di violenza degli uomini che si combattono, si uccidono. L’orrore della guerra corre parallelo alla corsa di Milton (il protagonista ndr.) alla ricerca della verità. Non gli basta la mezza verità suggerita malignamente dalla custode, vuole tutta la verità. L’impazzimento d’amore gli fa dimenticare la Resistenza che l’ha portato in montagna a combattere il fascismo. Oggi il fascismo torna o tenta di tornare. E’ proprio di questi giorni un manifesto di Forza Nuova copiato proprio da quello della
Repubblica di Salò in cui un negro allunga le mani su una donna bianca indifesa. E poi quello degli adesivi dei tifosi della Lazio con il ritratto di quella bambina, che non riesco a nominare, perché è figlia di tutti noi”. “Quando scegliamo un libro – conclude -, un racconto che sia di Tolstoj o Pirandello, riconoscenti diciamo: Grazie Tolstoj, o grazie Pirandello, ma ora noi andremo per la nostra strada che è quella del cinema, vi tradiremo per costruire quell’organismo audiovisivo che è un film, non letteratura. Proprio Pirandello
diceva che le storie sono come dei sacchi vuoti, afflosciati a terra. Solo se li riempi con i tuoi sentimenti e pulsioni allora stanno in piedi”. Ieri, invece, era stato presentato anche “Hostiles” scritto e diretto da Scott Cooper con Christian Bale, Rosamund Pike e Wes Studi. Un altro oscuro, duro e crudo pezzo di storia americana, in un western malinconico e spietato fra l’ultimo John Ford (soprattutto da “Sentieri selvaggi” e “Soldati a cavallo” a“Il grande sentiero”) e Sam Peckinpah.
Nel 1892, un leggendario capitano dell’esercito (Bale) accetta con riluttanza di scortare un capo guerriero Cheyenne in punto di morte (Studi) e la sua famiglia fino alle terre natie. I due vecchi rivali affrontano senza fine, mille miglia di cammino da Fort Berringer, nel Nuovo Messico, alle praterie del Montana. Durante il lungo ed estenuante viaggio incontreranno una giovane vedova (Pike) i cui cari sono stati assassinati brutalmente (tre figlie) da un banda di ostili Comanche. Proprio questa terribile scena fa da prologo al film.
Il film diventa un amara riflessione sull’uomo e la violenza, su guerra e vendetta, sull’ambiguità del male (l’uccidere che diventa abitudine) a cui non sfugge nessuno, fra potere e sopravvivenza, odio e (ancora) razzismo. José de Arcangelo

giovedì 26 ottobre 2017

Apre oggi la 12.a Festa del Cinema di Roma nel segno della qualità sulla quantità. Dopo "Hostiles", domani arriva l'attesissimo "Detroit" di Kathryn Bigelow

Apre oggi la 12.a edizione della Festa del Cinema di Roma all’Auditorium Parco della Musica e andrà avanti fino al 5 novembre 2017. In teoria meno quantità e più qualità (almeno secondo le dichiarazioni del Direttore artistico della kermesse, Antonio Monda), e dopo la preapertura del 24 con l’anteprima de “La ragazza nella nebbia” di Donato Carrisi (da oggi nelle sale). Trentanove i film in programma tra lungometraggi e documentari nella selezione ufficiale (come nella precedente edizione non c’è più il

Concorso, ma comunque il Premio del Pubblico BNL), 31 paesi presenti dal Libano al Cile, dall’Argentina all’Indonesia, dalla Spagna agli Usa. L’apertura con “Hostiles” di Scott Cooper (19,30) ma è concentrato su domani l’atteso ritorno di Kathryn Bigelow con “Detroit” (21,30), a cinque anni da “Zero Dark Thirty”. La storia ricostruisce i sanguinari fatti legati alla rivolta che sconvolse Detroit nel 1967. Tra i titoli italiani “Una questione privata” dei
fratelli Taviani, con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè, per una vicenda ambientata nell’estate del ’43 in piena Resistenza, dal romanzo di Fenoglio. E “The Place”, il film di chiusura firmato Paolo Genovese. Gli altri, pochi, nelle sezioni collaterali o di produzione estera. Molte i biopic, soprattutto documentari, da “Ferrari: Race to Immortality” di Daryl Goodrich; “Scotty and the Secret Story of Hollywood” di Matt Tyrnauer sull’ex marine Scotty Bowers che, arrivato a Hollywood,
incontra molti personaggi influenti del cinema e inizia ad avere rapporti sessuali con loro, e nel 2012 decide di raccontare tutto in un libro; “Maria by Callas: In Her Own Words” di Tom Volf con la voce di Fanny Ardant; “Trouble No More” di Jennifer Lebeau, sul periodo della ‘rinascita’ cristiana di Bob Dylan; “Borg - McEnroe” di Janus Metz (Svezia- Danimarca-Finlandia) con Sverrir Gudnason e Shia Labeouf; “A Prayer Before Dawn” di Jean-Stéphane Sauvaire (Francia-GB), la storia del giovane pugile inglese Billy Moore, rinchiuso
per tre anni in una delle più note prigioni della Thailandia; “Spielberg” di Susan Lacy, ovviamente sul noto regista; “Stronger” di David Gordon Green con Jake Gyllenhaal, storia vera di Jeff Bauman, il percorso eroico e personale di un uomo comune che ha appassionato il mondo dopo l’attentato alla Maratona di Boston. Tra i graditi ritorni: Steven Soderbergh con “Logan Lucky”; Eric Toledano e Olivier Nakache con “C’est la vie!”, ma potrebbero essere delle vere sorprese tra le opere prime e/o da autori poco noti o sconosciuti in Europa.
Quattro eventi speciali, 12 incontri d’autore (David Lynch, premio alla carriera che gli verrà consegnato il 4 novembre da Paolo Sorrentino, Xavier Dolan, Rosario Fiorello, Jake Gyllenhaal, Phil Jackson, Ian McKellen, Nanni Moretti, che presenterà un corto inedito (10’), il musicista e compositore Michael Nyman, Chuck Palanhiuk, Luigi Proietti, Vanessa Redgrave, Christoph Waltz), 4 restauri e omaggi (“Borotalco” di Carlo Verdone, “Dillinger è morto” di Marco Ferreri, “Miseria e nobiltà” di Mario Mattoli con Totò, “Sacco e
Vanzetti” di Giuliano Montaldo), e ancora una retrospettiva (‘La scuola italiana’ curata da Mario Sesti), una mostra d’arte che farà dialogare sei registi, sei scrittori e sei artisti e 7 ‘Film della Nostra Vita’ (stavolta il genere prescelto da Monda e C. è il musical, quello vero). E poi c’e Alice nella Città”, la rassegna autonoma e parallela alla Festa che proporrà, come di consueto, i film su, con e per ragazzi – dall’infanzia all’età adulta - che si preannuncia ricca di autori - molte donne -, storie e
stili ‘giovani’, fra disturbi e passioni. Due gli italiani, “L’età imperfetta” di Ulisse Lendaro (Opera prima) e “Cercando Camille” di Bindu de Stoppani (Panorama Italia), già autrice di “Jump”; poi il francese “Lola + Jeremy” di July Hygreck, gli indipendenti americani “Brigsby Bear” di Dave McCary e “Please Stand By” di Ben Lewin con Dakota Fanning e Toni Collette. Stando ai numeri la Festa del Cinema dovrebbe essere in ascesa (lo scorso anno il numero gli spettatori è
aumentato del 18% e la copertura della stampa internazionale è salita del 38%). Infine, quest’anno sono 14 le anteprime mondiali, 10 internazionali e 10 europee. A proposito della scarsa presenza italiana, Monda ha dichiarato: “Sono contrario alla costruzione di una riserva indiana del nostro cinema, perché fa male ai nostri film e non li rende giustizia. Questo è un periodo difficile, il box office piange (i pochi cinema d’essai rimasti chiudono ndr.) e io preferisco puntare sulla qualità e sulla sicurezza”.
“Ora la Festa è un luogo ambito nel quale si sceglie di venire – ha poi affermato, al terzo anno nella direzione artistica -, gli ospiti internazionali sono felici di venire a Roma a prescindere dalla promozione del loro film. Vogliamo essere attenti al cinema e alle altre forme di linguaggio ma posso assicurare che di star se ne vedranno tante”. José de Arcangelo