venerdì 9 novembre 2012

La morte protagonista sul grande schermo alla partenza della VII edizione del Festival Internazionale del Film di Roma

ROMA, 9 - Partita la settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, con il film di apertura e i primi in concorso delle diverse sezioni, e anche se non c'era in partenza un argomento portante, stando al primo giorno, almeno le storie girano intorno alla morte, dalla strage nel liceo del giapponese "Il canone del male" di Takashi Miike (del concorso ufficiale) ai suicidi adolescenziali di "Animals" del catalano Marçal Forés nella sezione Alice nella Città; da quella onirica di "Aspettando il mare" del russo-kazako Bakhtyar Khudojnazarov (Fuori concorso) al belga "Kid" di Fien Troch, sempre per Alice, dove a morire è la madre dei ragazzi.

Regista di culto, Miike torna con "Il canone del male" (Lesson of Evil) al thriller orrorifico che l'ha reso celebre in tutto il mondo in "Audition", anche se qui viene portato all'esasperazione e ai limiti dello splatter, rispettando però la struttura e gli stereotipi dell'horror di matrice 'studentesca'. Un film pieno zeppo di riferimenti e citazioni, alte e basse, dalle leggende tradizionali (in questo caso nordiche, come i corvi e Odino) ai fumetti, passando per i film di genere. E con un finale volutamente aperto confermato dal 'continua'. Al di sopra di ogni sospetto, Seiji Hasumi insegna al liceo privato Shinko. Infatti è un insegnante modello, benvoluto dagli studenti e rispettato dai colleghi, eppure qualcosa di enigmatico e minaccioso si nasconde sotto la brillante reputazione del docente. Sembra avere la capacità di risolvere ogni problema, dal bullismo alle molestie sessuali da parte dei docenti. Ma però ad un certo punto qualcosa dei suoi metodi non quadra, dando inizio a una serie di indecifrabili suicidi... Lo spagnolo "Animals", a meta strada fra un "Ted" al nero e "Donnie Darko", con rimandi ai manga più crudeli, racconta la tormentata scoperta del sesso (omosessuale), da parte di un ragazzo al difficile passaggio dall'infanzia all'adolescenza nel consueto, inevitabile, crescendo emotivo. In questo caso vissuto come una colpa, dove l'unica strada o via d'uscita non è l'affrontarlo accettando se stesso, ma sfuggendo/autopunendosi col sacrificio estremo. Anche perché l'adolescente contro la sua volontà si disfà del suo caro vecchio amico immaginario di peluche, il classico orsetto.
Sorprende perché non solo i protagonisti, ma anche il regista è giovanissimo, sebbene non adolescente. Se vogliamo ancora più cupo "Kid", in cui la regista Fien Troch riesce a catturare le emozioni dei giovanissimi protagonisti, due bambini nel silenzio della campagna belga, alle prese con la disgregazione della famiglia e il lutto improvviso e inspiegabile, dato che la madre viene uccisa. Uno stile sobrio e scarno accentua la tristezza e la sofferenza di ambiente e personaggi, con dialoghi pressoché assenti e siamo testimoni impotenti di una serie di 'quadri' in lento movimento. Tutta un'altra atmosfera invece nel suggestivo e surreale "Aspettando il mare", un film degno del concorso, che tra realtà e sogno racconta una vicenda ambientata in un posto dove il mare è scomparso in una tempesta di sabbia (ma da quella parte un grande lago salato si è prosciugato veramente). Il villaggio muore lentamente giorno dopo giorno, mentre il 'sopravvissuto' Marat (ha perso l'equipaggio e la moglie durante la terribile tempesta) si oppone al destino e decide di trascinare la sua nave, ridotta un rottame arrugginito, attraverso il deserto pur di ritrovare il mare. Però tutti lo guardano con sospetto, tranne l'amico Balthasar e la cognata che lo ama... L'autore di "Luna Papa" e "Pari e patta" (Leone d'argento a Venezia) non delude e ci trasporta in un'avventura esistenziale di grande impatto emotivo e visivo, e insieme al protagonista andiamo alla ricerca di una ragione di vita. Una ricerca che non dovrebbe finire mai perché è l'unico modo di andare avanti anche di fronte alla catastrofe e ad una perdita insostituibile. Presentato anche "Centro Historico" di Aki Kaurismaki, Pedro Costa, Victor Erice e Manoel de Oliveira, quattro episodi ambientate nel quartiere più antico di Lisbona, ovvero Guimaraes, in cui ogni autore espone il suo punto di vista. Kaurismaki batte tutti con il suo solito e inimitabile stile, ambientandolo in un piccolo ristorante rimasto 'povero' e familiare, battuto dalla concorrenza che offre pasti regali e nouvelle cuisine. Al secondo posto lo spagnolo Erice che attraverso le testimonianze degli ex operai di una storica fabbrica tessile costretta alla chiusura in questi anni di concorrenza (cinese), fa riemergere come sia cambiata la storia, non solo economica, della vecchia Europa. Più criptico e sperimentale quello di Costa che attraverso immagini e voce narrante rievoca il doloroso passaggio dal colonialismo all'immigrazione dall'Africa al Portogallo, del dopo indipendenza (di entrambe le parti). De Oliveira si concede un 'gioco di stile' attraverso la scoperta del luogo (la piazza
e il castello più antichi) da cui è nata l'intera città, da parte di un gruppo di turisti. Infine, il ritorno di Amos Poe con il documentario "A Walk in the Park", dal vero alla finzione e viceversa, dove il famoso autore non rinuncia alle sue origini 'sperimentali' proponendo il 'più insolito dei suoi docu-dramas' per indagare sui misteri insondabili della mente che racchiudono temi come verità, relazioni familiari, ambizione, castigo, violenza, poesia... José de Arcangelo