sabato 1 agosto 2009

I bambini calciatori di Salvatores e lo studente settantenne di Girault al Fiuggi Family Fest


FIUGGI, 1 – Ultima giornata del Fiuggi Family Festival. Ma ieri la manifestazione ha aperto le attività con l’incontro “Aggiungere qualità agli anni” con gli interventi di Ettore Bernabei, presidente onorario Lux Vide (assente giustificato perché ha mandato la sua relazione); Ennio Di Filippo, vicepresidente dell’Associazione Alberto Sordi, e Rita Pelaia, responsabile area Relazioni regionali di Farmindustria.

Per i film in concorso sono stati presentati il già annunciato “Intercampus”, documentario di Gabriele Salvatores, Guido Lazzaroni e Fabio Scamoni, realizzato in giro per il mondo, cioè nei paesi in cui è stato realizzato il progetto calcistico di solidarietà ed aiuto all’infanzia dell’Inter. E, nel pomeriggio, il messicano “El estudiante – Lo studente”, opera prima di Roberto Girault, già montatore e tecnico del suono. Un dramma sulla scia della commedia sentimentale sull’incontro tra due generazioni, che prende spunto da Calderon de la Barca (“La vita è sogno”) e lo affronta grazie alla mediazione di un grande autore della letteratura spagnola ed europea, Miguel de Cervantes (Saavedra), il cui celeberrimo eroe Don Chisciotte si rivela maestro di vita per giovani e vecchi. Ma è anche un’occasione per aprire gli occhi alla poesia e alla vita, da guardare non come un oggetto da consumare, ma come una sorpresa quotidiana da rispettare e un’occasione per riflettere.

Anche se alla fine, il film di Girault vira pericolosamente verso il mélo (la morte della moglie, il ‘messaggio’ antiabortista), il film offre un quadro ora commovente ora divertente di questo scontro-incontro generazionale. Infatti, narra la storia del settantenne Eduardo che, dopo essere andato in pensione e incoraggiato dall’amata moglie, decide di seguire i suoi sogni e si iscrive all’università, dove incontra una nuova generazione di studenti alle prese con i (soliti) problemi della loro età: l’amore, le aspirazioni, ma anche la droga e le disillusioni. Eduardo, appassionato lettore del Don Chisciotte, approfittando della messa in scena del testo, riuscirà a conquistarli e dar loro consigli che la sua esperienza e le sue letture gli suggeriscono. E quando la tragedia colpirà l’anziano, saranno i giovani a ricambiarlo.

Nella sezione Documentari internazionali è stato proiettato “Heart of Jenin” di Leon Geller e Marcus Vetter. Un documentario che diventa viaggio attraverso Israele, un paese che viene esplorato non solo attraverso le famiglie dei bambini che hanno ricevuto gli organi di Ahmed Khatib, un ragazzino palestinese colpito per errore dal fuoco di un soldato israeliano, ma anche nel tentativo di ricostruire gli eventi tragici che ebbero luogo a Jenin nel 2005. Non solo, soprattutto per constatare che una pace è possibile, ma solo se dipende dalla gente comune, perché né le famiglie arabe né quelle ebree vogliono la violenza.

Il signor Khatib ha perso suo figlio Ahmed che aveva 12 anni, ucciso perché giocava con una pistola giocattolo scambiata per una vera. Questo padre decide di donare gli organi di suo figlio a dei bambini israeliani come gesto di pace. Oggi porta avanti anche un centro costruito e sostenuto da una città italiana dedicato ai bambini palestinesi orfani e/o bisognosi.

Nel pomeriggio, un altro interessante documentario “Puisque nous sommes nés” (Visto che siamo nati) di Jean-Pierre Duret e Andréa Santana, passato al festival di Venezia 2008 nella sezione “Orizzonti”. Girato interamente nel nordest del Brasile, il film segue due ragazzini – Cocada e Nero, rispettivamente di 14 e 13 anni - che fanno di tutto (anche lavorare gratis) pur di sopravvivere ed aiutare le loro famiglie, e il cui loro grande sogno è diventare camionisti per lasciare la regione (la più povera del paese sudamericano) e guadagnarsi finalmente da vivere dignitosamente. Ma non è per niente facile, tanto che ad un certo punto, uno dei ragazzi medita il suicidio.

Fuori programma, un documentario – stavolta italiano – “Dallo zolfo al carbone” di Luca Vullo che ricostruisce la storia di centinaia di emigrati italiani in Belgio, andati a lavorare in miniera nel dopoguerra. Un accordo siglato da entrambi i governi che però erano i veri beneficiari: il Belgio trovava mano d’opera a basso costo e per un lavoro che i belgi non volevano fare; l’Italia risolveva il problema della disoccupazione – soprattutto nel Meridione – e riceveva in cambio energia sottocosto. Gli emigrati lavoravano duramente per mantenere le loro famiglie lontane e vivevano in baraccopoli fuori dalla città, diventando quasi ‘invisibili’ per gli stessi belgi. I sopravvissuti raccontano con grande lucidità la loro (ingiusta) odissea.

In serata, al PalaFamily, il celeberrimo “Don Camillo” di Julien Duvivier con Fernandel e Gino Cervi, che ha aperto l’Omaggio a Giovannino Guareschi. La celebrazione continuerà oggi con la proiezione di “La rabbia”, realizzato da Guareschi con Pier Paolo Pasolini nel 1963. Introducono il regista Alessandro D’Alatri e Marco Ferrazzoli, autore di “Non solo don Camillo - L’intellettuale civile Giovannino Guareschi”. Proiezione anche per il riconosciuto (Premio per la vita) “Per non dimenticarti” di Maria Antonia Avati, alla presenza del padre Pupi. A seguire la proposta di “Dancing Paradise”, realizzato nel 1982 per la televisione (Rai), proprio da Pupi Avati. Sarà presente anche l’attore feticcio del regista, Carlo Delle Piane che presenterà un suo video in veste di cantante per un iniziativa a favore dei bambini del terzo mondo, non solo. Oggi si chiude anche il concorso con “Lauptajij” (Little Robbers – Piccoli ladri) di Armands Zvirbulis (Lituania/Austria), mentre, in serata, dopo la premiazione, si concluderà il festival con la proiezione del film vincitore.

José de Arcangelo