sabato 30 giugno 2012

La 'nuova onda' del cinema russo presentata in una ricca selezione di corti alla 48a. Mostra di Pesaro

Come è abitudine ormai da tre edizioni, anche quest’anno la 48a. Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro ha dedicato un programma alla cinematografia russa contemporanea, stavolta con un esauriente panorama di esordi, quindi principalmente cortometraggi, di cui una parte importante è stata dedicata – come di consueto – allo “Sguardo femminile” e presentando in anteprima una delle opere più originali e seducenti della stagione precedente, il lungometraggio “Chapiteau Show” (2011).

E ad aprire la rassegna è stato proprio il visionario lavoro di Sergej Loban, riuscito mix di dramma, commedia e musical, quattro storie contemporanee incrociate che trasformano il film in un racconto corale dove si intersecano le fatti d’amore e d’amicizia, di rapporti padre-figlio e di lavoro. Infatti i cosiddetti capitoli si intitolano: Amore, Amicizia, Rispetto e Collaborazione. Il tutto raccontato con un ritmo frenetico che fa dimenticare allo spettatore che la pellicola dura oltre tre ore. Premio speciale della giuria, San Giorgio d’argento, al XXXIII Festival Internazionale del Cinema di Mosca; Grand Prix al XX Festival del Cinema dei paesi della CSI, della Lettonia, Lituania e Estonia, ‘Kinoshok’ (2011); Premio dell’Accademia Cinematografica Russa Aquila d’Oro per il migliore sonoro; Premio del Pubblico e per la Migliore Regia al Festival ‘Texture’ di Mosca (2012); il film non ha ancora una distribuzione italiana e, forse, dipende soprattutto dalla durata perché non solo è la dimostrazione che esiste una ‘nuova onda’ russa, giovane, creativa ed entusiasta, ma anche perché la pellicola è divertente, piena di riferimenti musicali e cinematografici – anche occidentali – e coinvolge lo spettatore in un ‘viaggio’ tanto bizzarro quanto gustoso. E’ stato definito “film-enigma”, “film-scherzo”, “film-labirinto” però in ogni caso funziona perché incuriosisce, critica e autocritica società e personaggi attraverso una graffiante ironia, ci catapulta da una storia all’altra – in una sorta di intermezzi musicali – facendo in modo che si sfiorino finché non si fonderanno nel gran finale.
Diversi mezzi, generi e durata per i cortometraggi presentati nell’ultima giornata del Festival in una ricca selezione che va dallo sperimentale al documentario, dalla fiction alla commedia breve. Infatti nel surreale “Dettagli insignificanti di un episodio fortuito” di Mikhail Mestetskij (28’), la storia prende spunto da un episodio reale, se vogliamo di scottante attualità, perché è ambientata in un tratto ferroviario, anzi sue treni fermi, bloccati l’uno a fianco dell’altro a causa di lavori ai binari. E come il tempo (anni) passa, ma il traffico non riprende, tra passeggeri e personale ferroviario cominciano a nascere inquietanti e strane relazioni, persino un matrimonio…
Anche in “Senza termini di prescrizione” di Roman Svetlov (18’), la vicenda prende spunto dalla realtà, anzi dalla Storia, e dalle parole della poetessa Olga Berggoltz, sulla stele commemorativa dei caduti della Grande Guerra Patriottica: “Nessuno è stato dimenticato, niente è stato dimenticato”. I ricordi della guerra non lasciano mai e non danno mai pace e Vladimir Grinko, un anziano che abita in un villaggio lontano, alla vigilia della ‘Festa della Vittoria’ sarà costretto a rivelare un segreto che ha portato con sé per tutta la vita…
“Gelo” di Natalija Kudrjashova (6’), quasi in un flash, costruisce una metafora del rapporto uomo-donna, ovvero quando la freddezza della relazione diventa tangibile. In “Abbracciare la mamma” di Olga Tomenko (33’) ci fa capire quanto sia difficile essere madri nella nostra società contemporanea. Travolta dalla routine quotidiana e dalle incomprensioni famigliari, una donna scopre all’improvviso quanto intensamente ami il figlio quando rischia di perderlo per sempre. Sembra scomparso, è stato rapito o se ne è andato? Il corto ha vinto cinque premi (regia di film a soggetto, fotografia, suono, film a soggetto del programma internazionale e del pubblico) al XXX Festival Internazionale Vgik e il Grand Prix del 7° Festival Kinoproba di Ekaterinburg.
“Sembrerebbe tutto a posto. O forse no?” di Maksim Zykov (18’), ci porta a metà strada fra realtà e fantascienza per costruire la vicenda di Serezha, un ragazzo che si reca in ospedale per ottenere un semplice certificato medico per la piscina, e si ritrova in una sorta di incubo: sottoposto ad una lunghissima procedura, sviene e sbatte la testa contro il pavimento. I medici decidono di trapanargli la testa per risolvere l’enigma, quindi, estrarre quello che hanno trovato.
“Eroina” di Marija Khomjakova (13’), non parla di droga ma di una donna, ignara di dove la porterà la scelta fatta un tempo. Una scelta fatta per amore, per una persona che ti accompagnerà per tutta la vita. “Sincope” di Julija Byvsheva (36’) è, invece, il ritratto del giovane pianista Oleg Akkuratov, ragazzo prodigio, nato ad Ejsk, cittadina di provincia, situata a brevissima distanza dalle coste del mare di Azov. Un documentario particolare, diverso e anticonvenzionale, che ci mostra meglio di tanti reality la vita quotidiana, tra famiglia e carriera, affetti e lavoro, di un giovanissimo pianista che si è esibito sulle più prestigiose scene internazionali. Ora, Oleg vive con i genitori e lavora nella locale Casa della Cultura. Un film breve che coinvolge perché ci fa partecipi del brillante e controverso destino di un ragazzo della porta accanto che si è rivelato un genio della tastiere.
“Favola per adulti-bambini” di Natalia Babintseva (30’) è ambientato nella Mosca del XXI secolo, megalopoli frenetica e in perenne cambiamento, una metropoli che, come altre oggi, ti costringe a urlare in strada, a sgattaiolare in mezzo al traffico, nell’indifferenza di chi ti passa accanto. Una città che non ha più nulla di fiabesco, ma che non impedisce ai suoi abitanti di sognare, di sperare in un miracolo che cambi per sempre la loro esistenza. Le protagoniste di questo mockumentary sono le tipiche ragazze della porta accanto, in tutto e per tutto simili ad altre coetanee simpatiche e carine che si incrociano in metropolitana in ogni grande città del mondo. E come tutte le ragazze, escono di casa sperando di trovare qualcuno o qualcosa che possa capovolgere la loro esistenza. Non troveranno sicuramente il principe azzurro, ma potrebbero diventare se non modelle, veline o attrice, ‘almeno escort’ di qualche personaggio ricco e importante. Quindi, l’ennesimo ma non la
meno importante delle tante opere dedicate al tema (dalle escort alla prostituzione delle universitarie), anche di lungometraggio. Anche perché l’autrice fa leva su quella spinta, tra sogno e miracolo, che porta ognuno (e non solo le ragazze) a sperare in un futuro migliore. José de Arcangelo