venerdì 29 giugno 2012

Pesaro 48. Ritratti d'Italia nell'obiettivo del documentario, e del mondo nei film in concorso

PESARO, 28 - Ormai al quarto giorno, la 48a. Mostra Internazionale del Nuovo Cinema - Festival di Pesaro ha sfoggiato più della metà dei film del concorso e altrettanti documentari italiani che riflettono l'Italia degli ultimi anni. Tra alti e bassi, i film che concorrono per il Premio Lino Miccichè visti finora, partono tutti da una vicenda vera, a volte autobiografica, per raccontare la realtà di oggi tra disagio, insicurezza e ricerca di identità. Il tailandese "In April the Following Year, There Was a Fire", scritto e diretto da Wichanon Somunjarn ci porta col suo protagonista Nhum nel suo paese natale in occasione del matrimonio di amici durante il Capodanno. Rivede i vecchi amici, incontra una vecchia compagna di scuola di cui era, forse, innamorato e ritorna dalla famiglia. Però ad un certo punto la pellicola vira verso il documentario attraverso un'intervista prima al padre e poi al fratello del regista stesso. E il viaggio diventa una suggestiva e ambigua confusione tra realtà e fantasia, passato e presente, documentario autobiografico e finzione. Da un'idea interessante e su un argomento che nemmeno gli israeliani conoscono, "Sharqiya" (che nella lingua dei beduini significa vento dell'est, un vento del deserto 'potente e cattivo') di Ami Livne, in parte delude. Perché racconta le vicende del giovane beduino Kamel che vive, accanto alla capanna di legno e lamiera del fratello e della cognata - che vorrebbe andare all'università contro il volere del marito -, in un piccolo villaggio nel deserto e lavora come guardia di sicurezza alla 'stazione centrale' (titolo internazionale) di Be'er Sheva, una città nel sud di Israele. Un giorno, tornando dal lavoro, il giovane scopre che c'è un'ordine di demolizione delle loro baracche e, per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sul loro problema, decide di mettere una bomba alla stazione facendo poi finta di essere lui stesso a scoprirla. Ma la sua

azione si rivelerà inutile perché non provocherà i risultati sperati e le loro case verranno comunque demolite, anche perché il suo atto di ribellione e di conseguente eroismo non verrà considerato degno d'attenzione nemmeno dalla televisione, anzi. Infatti, l'opera prima del giovane regista pecca a volte di ingenuità e non riesce a coinvolgere lo spettatore nella vicenda di queste tre anime diverse, accomunate soltato dal legittimo desiderio di restare nella loro terra ad ogni costo. Più coinvolgente e toccante il ritratto femminile di "La jubilada" (la pensionata) del cileno Jairo Boisier Olave che narra la storia della trentenne Fabiola che, stanca e delusa della sua avventura in città, torna nel suo paese natale. Anche se lei non lo ammette, tutti sanno che aveva sì fatto l'attrice, ma in film pornografici. E la sua voglia di ricominciare non sarà per niente facile, perché il suo passato verrà a gala, sbarrandole ogni porta e, soprattutto, impedendole di vivere in pace con gli altri e con se stessa. In bilico tra lo squallore del suo passato e quello della realtà provinciale, bigotta e maschilista che la circonda, la donna sarà, forse, costretta a ripartire.
Giocando tra documentario e improvvisazione "Unten Mitte Kinn - Lower Uppercut" (Montante basso) del tedesco Nicolas Wackerbarth - proiettato in piazza subito dopo la vittoria agli europei di calciodell'Italia sulla Germania -, nonostante parta da uno spunto non originale, riesce a coinvolgere e farci riflettere sul mestiere dell'attore e sulla sua ambiguità. Anche perché siamo in Germania, dove le scuole di recitazione ufficiali vengono seguite e valutate anche per le possibilità di lavoro futuro che offrono ai diplomandi. Infatti, narra di una classe di studenti di recitazione all'ultimo anno che inizia a prepararsi per la 'prova finale' con una rappresentazione teatrale ispirata ai "Bassifondi" di Maxim Gorky. Però a sole due settimane e mezzo dalla data dell'esame si ritrovano senza il severo professore che li seguiva né un adattamento del testo e nemmeno i ruoli assegnati. Lo spettacolo rischia di diventare un vero disastro e l'accademia addirittura di chiudere. "Se gli studenti tentano di rovesciare la situazione - si chiede l'autore -, qual è il prezzo che devono pagare? La protesta studentesca trova il suo fine nella ricerca di una fantomatica figura autoritaria oppure conduce a una genuina forma di espressione?" E' l'eterno dilemma di chi affronta per la prima volta il mestiere dell'attore, tra insicurezza e paura, passione e determinazione, volontà e coraggio. Tutte componenti importanti che aiutano a crescere nella professione e nella vita. Tanti sguardi e punti di vista diversi su un'Italia che cambia, spesso in peggio, tra una crisi (economica) e l'altra (politica), tra problemi culturali (la scuola) e sociali (lavoro, disoccupazione, terremoto) nella sezione "Il cinema documentario oggi: l'Italia allo specchio". Il più bello e coinvolgente è "Ju Tarramutu" di Paolo Pisanelli perché per raccontare e seguire le vicende della tragedia de L'Aquila ha scelto di far parlare i protagonisti, ovvero le vittime del terremoto che tolto loro parenti, amici, vicini e soprattutto la città. Rinunciando ad ogni commento, il regista ci fa ascoltare le testimonianze, la delusione, l'indignazione e la rabbia dei diretti interessati, tutti sentimenti che noi abbiamo condiviso, di fronte alle 'parole' e alle beffe di chi li doveva aiutare e proteggere, anziché fare 'propaganda'.
Ma vanno segnalati anche "Come un uomo sulla terra" di Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene che, sempre attraverso le testimonianze dirette degli emigrati, illustra l'atroce odissea, soprattutto degli etiopici, che per raggiungere l'Italia erano costretti ad attraversare la Libia, non solo in condizioni disumane, ma a pagare per venire arrestati e tenuti ammassati anche per anni. Valga per tutti la storia di ordinaria violenza che ha subito Dag, studente di Giurisprudenza ad Addis Abeba, costretto ad emigrare a causa della forte repressione politica. Dopo aver attraversato il deserto, giunto in Libia si è imbattuto in una serie di disavventure legate non solo alle violenze dei trafficanti di uomini, ma soprattutto alla sopraffazioni e alle violenze della polizia libica, prima di raggiungere l'Italia via mare. E' lui è uno di quei pochi che ce l'ha fatta. "Palazzo delle Aquile" di Stefano Savona, Alessia Porto ed ester Sparatore, è la lunga cronaca delle vicende di 18 famiglie rimaste senza casa che occupano per un mese il Palazzo delle Aquile, sede del municipio di Palermo. La sfida: le case in cambio del palazzo. Anche qui sono i membri delle famiglie a raccontarsi attraverso dichiarazioni, incontri e scontri con politici e funzionari. "Scuolamedia" di Marco Santarelli ci porta dentro la scuola media inferiore Luigi Pirandello, nella perfiferia industriale a nord di Taranto, nel Quartiere Paolo VI. E' il ritratto di una scuola di periferia che resiste, si confronta e si scontra con i sogni, i problemi e le difficoltà di ragazzi e genitori. Ma anche degli insegnanti, chi più chi meno, cercano di aiutarli e cambiare le cose. Uno spaccato socio-culturale dell'istituzione scolastica oggi nel sud Italia.
Tutta altra tecnica e tutt'altro linguaggio in "Magog" (Epifania del Barbagianni) di Luca Ferri, e "Land of Joy" di Laura Lazzarin, che raccontano il nord est attraverso immagini che parlano da sole. Soprattutto il primo in cui la pianura pada si presenta come luogo dell'assurdo. Groviglio incestuoso, osceno addirittura, di stratificazioni architettoniche e fallimenti edilizi. Palme, vere e di plastica, vuoti urbani, pieni urbani e neon di ieri e di oggi. Un intreccio di neoclassico e futuristico, cumuli di ulivi (sradicati e ripiantati) e abusi decorativi, tra vecchio naif e nuovi eccessi. Il secondo osserva il Veneto, in passato terra di emigrazione, oggi tra le aree industriali più ricche del Paese e, quindi, con la più alta percentuale di immigrati, egemonizzata politicamente dalla Lega Nord. Un quadro in cui tragico e comico spesso coesistono e si confondono. José de Arcangelo