lunedì 1 settembre 2008

Al Lido, delude anche Avati, ma conquista Amir Naderi


VENEZIA, 31 - Oggi è stato il turno di Pupi Avati nel concorso con la sua ultima fatica, “Il papà di Giovanna” con Silvio Orlando, Francesca Neri, Ezio Greggio e la giovane ormai più che in ascesa Alba Rohrwacher. Ancora un dramma del passato, non più autobiografica ma comunque ambientata a Bologna tra il 1927 e il 1953. Quindi, sullo sfondo l’Italia fascista: la superprotetta figlia unica adolescente di Michele Casali, Giovanna ha ucciso la sua migliore amica. Nessuno si sa spiegare il perché, e soprattutto il padre che l’ha sempre spinta e sostenuta in tutto. La ragazza viene dichiarata insana di mente e rinchiusa in un ospedale psichiatrico, ma il padre non l’abbandonerà mai, nemmeno quando tutti sembrano ripudiarla, persino la stessa madre, Delia. E tanto meno quando ne uscirà nell’inverno del 1953. Testimone dei terribili eventi è Sergio, ispettore di polizia, vicino di casa nonché amico intimo di Michele, da sempre segretamente innamorato di Delia.

Un melodramma sobrio e garbato a cui il regista ci ha abituato, anche se stavolta è più tragico e cupo, amaro e riflessivo, sul rapporto padre-figlia. Peccato però alcuni personaggi troppo “urlati”, come quello della madre della vittima, che un po’ stonano, così come non vengono fuori le passioni represse e i sentimenti morbosi, appena accennati. Nonostante siano belle, risultano un po’ ingombranti le musiche di Riz Ortolani.

“Da qualche tempo – ha dichiarato Avati – ho messo in atto una riflessione sulla figura paterna avvertendo che nel corso degli ultimi anni si è andata via via sempre più sbiadendo. Già con ‘La cena per farli conoscero’ avevo anticipato questa mia propensione, questa mia curiosità, facendo di un padre distratto nei riguardi di tre figlie (avute con altrettante madri diverse), il protagonista di quella storia. Oggi ho incentrato la mia attenzione su quella ‘corsia preferenziale’ che intercorre fra una figlia e il di lei padre. Rapporto strettissimo, di grande complicità, che ho sperimentato sulla mia pelle nella mia esperienza di padre”.

Nella stessa competizione il veterano maestro Hayao Miyazaki con il suo nuovo lungometraggio d’animazione “Gake no ue no Ponyo – Ponyo on the Cliff by the Sea”. Una favola ecologica con cui l’autore giapponese continua la sua geniale tradizione nel disegno classico ma personalissimo, conquistando non solo i ragazzi a cui è dedicato il film, ma anche quelli che lo sono stati due o tre generazioni fa e oltre.

Storia del piccolo Sosuke che, un giorno, scopre una pesciolina rossa di nome Ponyo con la testa incastrata in un vasetto di marmellata. Il bambino la salva e la ripone in un secchio di plastica verde. Ponyo e Sosuke sono attratti l’uno dall’altra, tanto che la pesciolina desidera ardentemente diventare una bambina e… ci riesce. Ma il padre di lei, vecchio stregone del mare…

Sempre in concorso, il sorprendente “Vegas: Based on a True Story” di Amir Naderi. Raccontando la storia di un’ossessione, il regista iraniano trasferitosi da anni in America costruisce una metafora sul sogno americano attraverso una famiglia della middle class che vive ai margini della città dei sogni (giochi) per eccellenza Las Vegas.

L’operaio Eddie Parker e la moglie Tracy, cameriera, conducono con il figlio dodicenne una vita tranquilla. Eddie ha il vizio del gioco ma non ha mai vinto cifre importanti e cerca di uscirne definitivamente, mentre Tracy, che si prende cura del piccolo giardino e dei suoi pomodori, fa di tutto per tenere unita la fragile famiglia. Però un giorno si presenta uno sconosciuto che sostiene di essere cresciuto in quella casa, poi fa una allettante offerta per comprarla e, infine, confessa che nel loro giardino è stato sotterrato un milione di dollari, frutto di una rapina. Tracy difende prima la sua casa, poi il suo giardino, infine cede per una sola ‘buca”, ma a quel punto la ricerca diventa una vera e propria ossessione, soprattutto per Eddie che non lascerà mai più perdere, neanche quando il fatto sembra una beffa, non solo del destino.

Un personaggio che sembra uscito dal capolavoro di Eric von Stroheim, “Greed”, ma nell’America di oggi, quando anche il sogno americano è diventato un reality-show e dove le uniche ‘luci’ sono quelle finte di Las Vegas (o di Hollywood). E gli argomenti sono tanti: i soldi e la famiglia, il gioco la terra e la casa. La casa a cui Tracy cerca di restare ancorata perché rappresenta la serenità, un rifugio ma anche il collante dei rapporti. Una volta distrutta sarà la fine della loro claudicante armonia.

Un altro film che ci viene in mente a proposito (di soldi) è lo spietato “Soldi sporchi” di Sam Raimi che anche li, anche se la vicenda è rovesciata, i soldi vengono trovati prima ma diventano causa principale della fine dei rapporti e della morte delle persone coinvolte, perché logorano ogni cosa e provocano una sorta di guerra tra tutti i personaggi coinvolti.

“Con questo film – afferma Naderi – volevo fondere il mio stile esperienziale e sperimentale con un cinema narrativo più tradizionale. Come nella maggior parte dei miei lavori, l’esperienza di fare delle riprese lunghe e intense del vivere la vita nei deserti intorno a Las Vegas è stata, per tutte le persone coinvolte, parte fondamentale dello sviluppo del film; attenersi al filo della trama è stato tuttavia, altrettanto importante: è un film sui soldi, sull’ossessione e sulla terra. Volevo rifarmi a un cinema americano di altri tempi, il cinema delle persone che mi hanno influenzato da giovane e che mi sono tuttora vicine. Ora, dopo l’esperienza di questo film, penso di essere pronto a girare il film che aspetto da anni di girare: un film sulla luna. Perché no? E… stop!”.

Uno dei pochi, se non il solo – almeno tra quelli visti finora -, che meriterebbe il Leone d’oro, anche perché l’autore – come di consueto – l’ha girato con pochi mezzi, senza divi ma con grande lucidità e passione..

Nella sezione “Orizzonti” abbiamo visto il documentario “In Paraguay” di Ross McElwee che, attraverso l’odissea burocratica – storia vera del regista – per l’adozione di una bambina, ci porta alla scoperta del Paraguay, uno dei paesi più piccoli del Sudamerica con l’ambasciata americana più grande del continente. La differenza abissale tra la maggioranza della popolazione poverissima e la minoranza ricchissima, l’indipendenza, le dittature – la più longeva di tutte, quella di Stroessner, sostenuta proprio dagli Usa -, il paesaggio, le abitudini, la miseria e, appunto, la burocrazia.

Per la Settimana della Critica, un film turco: “Two Lines” di Selim Evci, l’inedito e particolare rapporto di una coppia moderna, metropolitana, tra amore e sesso, tra pubblico e privato, tra paura e ossessione, e - per tre quarti di film - commedia esistenziale on the road.

José de Arcangelo