venerdì 28 ottobre 2011

Al Festival Internazionale del Film di Roma è approdato Tintin secondo Steven Spielberg ma anche il regista di "Insidious", James Wan

ROMA, 28 - Dopo l'apertura ieri con la proiezione fuori concorso di "The Lady" di Luc Besson con Michele Yeoh, sull'attivista birmana Aung San Suu Kyi, e la presentazione del nuovo film "Insidious" - nelle sale italiane da oggi -, James Wan è arrivato ieri a Roma per partecipare al Festival Internazionale del Film, dove terrà il 31 ottobre, a mezzanotte circa, una Lezione Horror che precederà la proiezione della sua pellicola, proprio nella notte di Halloween.
L'opera fonde le suggestioni dell'horror classico con l'ambientazione, le situazioni e le tecnologie contemporanee, e ha come riferimenti - nella prima parte - il "Poltergeist" di Tobe Hooper e - nella seconda - "L'esorcista" di William Friedkin. Un riuscito mix senza eccessi né
fiumi di sangue che però dosa perfettamente suspense e brivido, sequenze inquietanti e/o raccapriccianti con scene famigliari di grande serenità, soprattutto all'inizio. Il tutto in un contesto realistico e quotidiano, perciò più inquietante ed efficace.
"Poltergeist ha avuto una grandissima influenza su di me da ragazzino, ma stavolta non è stata fonte di ispirazione per me né per lo sceneggiatore (Leigh Whannel, che ha lavorato ai primi tre capitoli della saga 'Saw' ndr.). Abbiamo parlato di proiezione extrasensoriale, abbiamo guardato tanti classici anni '50-' 60 in bianco e nero, quelli sulle case infestate tipo "The Haunting' (Gli invasati, 1963) di Robert Wise, e soprattutto un piccolo horror indipendente come 'Carnival of souls', un film che consiglio sempre a tutti di vedere".
La storia infatti inizia proprio in questo modo. Renai (Rose Byrne) e Josh (Patrick Wilson) si trasferiscono con i loro bambini in una vecchia e tranquilla villetta di periferia. Ma, quando a causa di una caduta dalla scala il figlio maggiore Dalton (Ty Simpkins), entra in coma senza ragione apparente, per la famiglia ha inizio un vero e proprio incubo. Non ha riportato traumi, ma i medici non riescono a dare una spiegazione clinica al suo stato vegetativo. Nel frattempo strani fenomeni cominciano a verificarsi all'interno della casa, fino ad una presenza terrificante che solo Renai riesce a vedere. Spaventata di quanto sta avvenendo, la coppia decide di traslocare, ma le cose non sembrano migliorare nella nuova abitazione, anzi...
"Il settimo 'Nightmare'? (c'è un che di somigliante nel demone, soprattutto il particolare dell'artiglio, gli fanno notare ndr.), no consciamente. Semmai il "Nightmare" di Wes Craven che è un capolavoro. Se uno deve rendere omaggio, lo rende al primo".
"Io e lo sceneggiatore abbiamo deciso di attingere a ricordi che avevamo ancora in mente - continua -, racconti di fantasmi ascoltati o fatti accaduti a familiari o amici, e messi insieme farne un film. Una scena si ispira ad un incidente che mi è accaduto una volta in piena notte, mentre stavo dormendo: l'allarme scattò e il suo penetrante squillo mi svegliò brutalmente, terrorizzandomi. Quando un allarme scatta all'improvviso, di solito, significa una cosa soltanto: che qualcuno sta entrando in casa. Perché sono fatti che possono far paura, volevamo una cosa che sia fondata, radicata nella quotidianità. Situazioni simili sono accadute nella vita reale, a persone in cui noi ci possiamo identificare. Tutti abbiamo una famiglia, persone care che vogliamo proteggere, questo riguarda tutti quanti. L'idea di qualcosa che possa invadere il nostro spazio personale fa paura. Il filone delle case infestate è ormai esaurito, è stato sfruttato fino alla noia. Perciò abbiamo scelto un membro della famiglia, perché quando è ferito o soffre e non sai cosa ha né cosa fare..."
"La scelta di me come attore nel ruolo del demone riguarda James - dichiara Joseph Bishara, amico e compositore, autore della colonna sonora -. Per le musiche sono stato coinvolto fin dall'inizio, prima delle riprese; abbia condiviso l'idea del quartetto d'archi, il piano jazz che domina tutto lo svolgimento. Fin da subito abbiamo stabilito il tono delle musiche del film, e una volta deciso che quest'esperienza extracorporea doveva avere come riferimenti i classici del XX secolo, sono partito nella costruzione delle musiche, fatte e montate prima del film".
"Mi serviva un attore calvo - ribatte scherzando il regista -, volevo realizzare il film in senso indipendente, metterlo 'dentro' il film per coinvolgerlo meglio in quello che volevo raccontare. E parlandogli delle scene avrebbe capito prima e meglio quello che volevo. E' strano perché interpreta il cattivo, come se John Williams facesse la parte di Darth Vader (rispettivamente compositore e personaggio cattivo di 'Guerre stellari' ndr.)".
"Sicuramente mi piacerebbe tornare a recitare - aggiunge Bishara -, ma sempre nel ruolo di una creatura strana, in costume. Recitare per recitare no. Poi qui c'era il ragazzino e farlo piangere continuamente mi ha divertito molto. Stavolta c'è stato un taglio diverso, molto interessante: in costume pronto per recitare, prendevo appunti relativi alla musica. Un coinvolgimento più profondo, io e James abbiamo in comune il gusto musicale e la passione cinematografica perché anch'io sono un amante del genere horror".
"Il sound design è di grandissima importanza, e nell'horror indipendente di maggior successo, di solito, a vedere non si vede niente, ma è il suono, la musica a mettere paura. Quando la gente ha paura si tappa le orecchie anziché chiudere gli occhi. E' estremamente importante, l'effetto non è così forte, spaventoso, come quello evocato dal suono. E' un arnese nella scattola degli attrezzi da usare nella pellicola".
"Oren Peli (uno dei produttori e autore di 'Paranormal Activity' ndr.) usa questa tecnica dell'horror che è partita con 'The Blair Witch Project', un nuovo modo che viene utilizzato dall'ultima generazione di registi che non dispongono di grandi budget, e mette il pubblico nelle situazioni in cui si trova il personaggio, lo spettatore gettato subito dentro. Io sono fan di 'Paranormal Activity', questo stesso tipo di tecnica era già anticipata da 'Carnival of souls', appunto".
"Il finale che ho dato mi sembra più giusto e adeguato a questo genere di film - prosegue il regista -. Voglio che lo spettatore lasciando la sala si porti a casa questa sensazione, che gli resti attaccato addosso, che non fosse proprio un lieto fine. L'impatto del film, ripensando a 'Saw' (il primo da lui diretto ndr.), con la porta che si chiude, per me era un finale chiuso. La produzione, visto il successo, quella porta ha deciso di riaprirla. Non sono in grado di lavorare pensando di avere un sequel, però quando il film diventa commerciale la produzione spinge per guadagnare di più".
"Io volevo realizzare un film su una casa infestata, moderno con un tocco retro, vecchia scuola, anche perché questo modo di fare film mi piace moltissimo, perché ci sono cresciuto. Se uno va a guardare i remake dei vecchi horror scopre che vengono girati come film d'azione, dove tutto è più veloce e frenetico. Ho deciso di dare una nuova veste a un sottogenere lungamente consolidato, rendendo omaggio ai classici del genere".
"A me piacciono i western italiani non americani perché ho amato il genere grazie a Sergio Leone e allo spaghetti western. E poi Dario Argento (che mi ha ispirato per il primo 'Saw'), Mario Bava, Lucio Fulci. Sono un fan del cinema italiano in generale perché i filmmker e i registi italiani hanno la grande capacità di prendere qualcosa di noto, di consolidato nella narrazione e dargli qualcosa di nuovo, una prospettiva fresca e nuova. Qualcosa di unico".
"Credo fondamentalmente che i bambini non fanno paura, o almeno non dovrebbero, perché pensi subito all'innocenza. In un contesto horror completamente diverso, quelli che fanno più paura sono bambole, pupazzi e burattini che stanno li inerti, ma poi pensi che quando ti giri riacquistino vita. Ecco la versione horror di 'Toy Story' della Pixar potrebbe essere il prossimo film".
Nel cast di "Insidious" anche la rediviva Barbara Hershey (Lorraine, la madre di Josh), Lin Shaye (Elise Rainier, medium amica di Lorraine), lo sceneggiatore Leigh Whannell (Specs), Angus Sampson (Tucker), Andrew Astor (Foster Lambert9, Corbett Tuck (Adele), Heather Tocquigny (Kelly), Ruben Pla (dottor Sercarz) e John Henry Binder (padre Martin).
La fotografia che rievoca atmofere oniriche ed extrasensoriali fondendole a quelle realistiche è di David Brewer, mentre il supervisore degli effetti visivi è Darren Orr.
Ma già oggi sono iniziati le proiezioni di film in concorso, delle sezione Alice nella Città, L'altro cinema - Extra e del Focus.
Una vera sorpresa nella sezione Alice, è stata la seconda opera della regista ecuadoriana Tania Hermida P. "En el nombre de la hija" (Nel nome della figlia) con un efficace gruppo di bambini capitanati dalla sorprendente e intensa Eva Mayu Mecham Benavides e del fratellino Markus Mecham Benavides. Una storia ambientata nell'estate del 1976, tra impegno e sfruttamento, tra ricchi e poveri, tra 'comunisti' e alta borghesia. Ma il tutto visto e 'rappresentato' dagli stessi bambini che sono lo specchio dell'educazione, specchio abbaiante dei genitori.
Manuela (Eva Mayu Mechan Benavides) è una bambina di 9 anni dallo sguardo vivo da cui traspare un'energia potente, quasi fisica. Con il fratellino Camilo trascorre le vacanze nella fattoria dei nonni (dove si coltiva la canna da zucchero) nella valle delle Andi dell'Ecuador, insieme ai suoi cugini, dove la nonna cattolica conservatrice (Juana Estrella) pretende porti il nome che tutte le prime figlie femmine della famiglia portano da generazioni. Decisa a difendere le idee del padre, ateo e socialista, e in parte anche della madre, affronta fieramente i comportamenti ora classisti ora razzisti dei suoi parenti, decisa a non perdere il senso della propria integrità. La disputa con la severa nonna, oltre a cambiare per sempre le relazioni con ilsuo ambiente, la porta a confrontarsi con due mondi a loro modo convenzionali: il cattolicesimo e il socialismo.
Un ritratto vivido e realista che ci riporta alle atmosfere anni Settanta in Sudamerica (non solo) e costruito intorno ad una figura che ricorda certi personaggi femminili delle fiabe (ad un certo punto il riferimento ad Alice - nello specchio - diretto), quelle vere, dove un personaggio deve essere abbastanza straordinario da attraversare alcuni secoli senza un graffio.
La sensibilità della regista si fa notare soprattutto nel disegno dei personaggi infantili, mai 'finti' né sopra le righe, completamente odiosi né eccessivamente simpatici, ma soprattutto ragazzi come tutti gli altri e al tempo stesso diversi fra loro. E ottiene dai piccoli protagonisti interpretazioni veramente da premiare. E questo sembra riconfermare il successo e i riconoscimenti internazionali ottenuti con l'opera prima "Que tan lejos?" (Quanto lontano?), record d'incassi in patria ed accolta benissimo anche in Spagna, Francia e Svizzera.
Però il più atteso per il grande pubblico è stato sicuramente "Le avventure di Tintin: il segreto dell'Unicorno" di Steven Spielberg - anche esso al cinema da oggi -, alla presenza del protagonista Jamie Bell (in carne e ossa) e non nella versione virtuale del film (in 3D). Infatti, per amare questo nuovo giocattolo dell'ex ragazzo terribile di Hollywood bisogna dimenticare quasi completamente l'originale (disegni inclusi) perché si tratta dell'animazione digitale già tridimensionale nei personaggi, e i nomi (nella versione originali) sono stati cambiati e/o adattati (Milou è diventato Snowy), tranne per il protagonista. Lo spettacolo comunque non manca, il divertimento nemmeno. Ma noi continuamo a preferire il 'vero e unico' Tintin di Hergé.
Commedie in concorso e fuori con il divertente e corrosivo "Hysteria" di Tanya Waxler che raccontando la storia del dottore che inventò il 'vibratore' ricostruisce uno spietato quadro dell'Inghilterra vittoriana attraverso il suo incontro con la ribelle e impegnata figlia di un anziano e illustre collega.
Deludente invece "A Few Best Man" di Stephan Elliott che partendo da una storia tipo "Una notte da leoni" in salsa australiana, non mantiene le promesse dell'inizio, sposando stereotipi e luoghi comuni - inclusi quelli omofobici - per cadere in un grottesco, addirittura volgare. L'ombra dell'accattivante "Priscilla" svanisce, purtroppo, dopo il primo quarto d'ora. Però la presenza della rediviva Olivia Newton-John (protagonista dell'indimenticabile "Grease" accanto a Travolta) non è per niente nostalgica, anzi, l'unica nota veramente trasgressiva ed efficace della 'commediola'.
Presentato anche il noir d'azione coreano "Poongsan" di Juhn JaiHong, prodotto dal grande Kim Ki-duk, di cui parleremo domani perché abbiamo incontrato anche l'autore, che è anche cantante lirico per passione.
José de Arcangelo