sabato 29 ottobre 2011

Al Festival Internazionale del Film di Roma, in concorso, "Poongsan", un dramma noir e una disperata love story targata Corea

Un dramma noir firmato Juhn Jaihong, ma scritto e prodotto dal più noto Kim Ki-duk sulla scia di quelli di Jean-Pierre Melville anni 60-'70 (soprattutto "Le samurai"), ambientato al confine tra le due Coree e la Cina. Sarebbe stato un qualsiasi film d'azione o spy story se non fosse per il binomio di autori che c'è dietro che lo trasforma in un dramma, se vogliamo, anche psicologico a tinte forti, in una love story disperata, in un film d’azione originale.
In concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, il film è stato presentato dal regista e della protagonista femminile, la bella e brava Kim Gyu-ri.
"Il cinema commerciale per me è quello di puro intrattenimento – esordisce il regista -, deve piacere al pubblico. Quando il mio film è uscito è stato uno shock per tutti. Un tema difficile, delicato affrontato in un modo abbastanza leggero. Non sapevamo che reazione avrebbe generato nel pubblico; e con sorpresa abbiamo constatato poi che il risultato al botteghino è stato superiore alle aspettative".
"Abbiamo girato proprio nel territorio tra le due Coree – prosegue - e non abbiamo avuto difficoltà per avere il permesso, ma nel novembre scorso c'è stato un incidente militare da parte nordcoreana, e non abbiamo avuto più la possibilità di utilizzare fuochi d'artificio ed effetti speciali (spari, esplosioni, ecc. ndr.), ci siamo trovati per la prima volta in una situazione di guerra che non avevamo mai sperimentato".
Infatti, la pellicola racconta l’esistenza del giovane Poongsan (così soprannominato dal marchio, canino, delle sigarette che fuma), interpretato da un intenso Yoon Kye-Sang, che valica la frontiera fra le due Coree per recapitare il dolore e i desideri di famiglie divise, lontane, le stesse che lasciano messaggi sul muro che separa il paese, la cosiddetta zona demilitarizzata. Il giovane si assume ogni rischio, ma un giorno gli viene fatta una misteriosa richiesta da parte di agenti governativi: introdursi di nascosto nella Corea del Nord per persuadere In-oak (Kim Gyu-Ri), amante di un disertore nordcoreano, a seguirlo. La donna accetta ma tra loro si instaura un rapporto sempre più intimo…
"E' stato sorprendente quello che abbiamo scoperto la settimana scorsa – aggiunge l’autore ., quotidianamente i coreani riescono a inviare corrispondenza non attraverso il confine coreano ma da quello cinese, e chiamano questo passaggio/trasmissione Poongsang proprio come il protagonista".
"In realtà neanche noi sappiamo molto della Corea del Nord – confessa -, abbiamo imparato che sono i nostri nemici, ma quello che ci hanno insegnato non è più così, non posso più ritenere che il popolo nordcoreano sia il mio nemico. Molti di noi vogliono unirsi alla Corea del nord ma non sappiamo come interagire per riuscire a farlo. Dobbiamo cercare di rimediare questa situazione, di cambiare".
"Il mio obbiettivo è di girare un film d'intrattenimento totale – continua -, non deve essere per forza drammatico, ma un divertimento leggero per poter comunicare col pubblico giovane, perché essendo anch'io giovane sento di dovermi rivolgere a loro. Un film di guerra è difficile da trasmettere al pubblico giovane, bisogna renderlo per certi versi leggero. Con questa miscela di generi diversi riesco a comunicare in maniera più accessibile quei temi più pesanti. Kim Ki-duk mi ha dato un grande supporto ma non è stato mai presente o intervenuto sul set. Il primo giorno mi è stato vicino e dopo aver verificato che tutto stava procedendo bene non è più tornato. Poi ha visto il film concluso, gli è piaciuto e ha sottolineato 'la mia opinione non ha peso, è il tuo film'. Un grande sostegno".
E l’attrice Kim Gyu-ri dice “Nonostante le difficoltà delle riprese, incluso essere nuda nell’acqua gelida (devono attraversare, immergendosi, un fiume per non essere visti ndr.), è stata una grande occasione poter lavorare in questo film. Sui fatti raccontati, di recente una mia amica, il cui nonno ottantenne è un rifugiato del nord, mi ha detto che quando ha visto il film non ha potuto fare a meno di commuoversi, tanto che le ha chiesto di ringraziarmi per questo. – e sul protagonista aggiunge - All'inizio delle riprese è stato difficile girare con un partner muto, ma poi la comunicazione attraverso gli sguardi, attraverso il contatto visivo, si è rivelata una comunicazione diversa e più intensa di quella che si stabilisce con le parole”.
Alla nostra domanda su quali siano i suoi riferimenti, visto che il film ricorda il cinema del maestro del noir Jean-Pierre Melville, soprattutto nel personaggio del protagonista, il regista afferma: “Direttamente non conosco il suo cinema, ma in realtà molti riferimenti sono al cinema europeo, visto che negli anni che ho passato a Vienna ho avuto occasione di vedere molte pellicole di registi italiani, tedeschi, spagnoli, francesi che mi hanno colpito molto, mentre nel periodo precedente passato negli Usa non avevo avuto molto contatto col cinema europeo. Il riferimento principale resta comunque l'opera lirica, dato che l’ho studiata per vent'anni, prima di passare al cinema, il movimento dei personaggi, la mimica, sono aspetti fondamentali, più diretti della musica”.
"Inizialmente volevo mettere Rachmaninov, o Sciostakovich – conclude il regista -, ma poi ho scelto Schumann che mi sembrava più adatto per un amore senza speranza. Ho concluso le riprese con una canzone perché avevo fatto la promessa a Kim Ki-duk, di cantare per finire in una bella maniera".
José de Arcangelo