sabato 9 luglio 2016

Porno e cinema, sull'argomento si è discusso alla 52.a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, a proposito di "Queen Kong" di Monica Stambrini

Pesaro, 9 - Dopo le innumerevoli, consuete, polemiche degli ultimi mesi, ieri è stato finalmente proiettato “Queen Kong”, il cortometraggio ‘pornografico’ di Monica Stambrini – all’interno del progetto Le ragazze del Porno – presentato in anteprima nazionale alla 52.a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro come Evento speciale. Ad accogliere il cast del film, un Teatro Sperimentale affollato di un pubblico quanto mai variegato. Nonostante un primo accenno di imbarazzo in sala, al termine della proiezione – seguita da un lungo applauso – si è acceso un vivace dibattito fra il pubblico e la regista che ha coinvolto anche i protagonisti. Si è parlato di libertà sessuale, rivendicando il diritto a fare e vedere pornografia.

“Sono fiera di essere una zoccola!”, ha provocatoriamente affermato la pornostar venticinquenne Valentina Nappi. A fargli eco l’attore protagonista Luca Lionello: “Monica è un genio, la sua è un’opera d’arte ardita e ricca di poesia. Dopo lunghe riflessioni aristoteliche con lei, ho deciso di accettare di fare questo epitaffio sul mio cazzo!”. Non solo porno, quindi, ma arte intesa nel senso più ampio del termine – “questa è arte, non porno”, come ha proseguito lo stesso Lionello. Una discussione, questa, che è proseguita stamane alla Tavola rotonda ‘Porno al femminile’, tenutasi al Centro Arti Visive Pescheria, ed organizzata in collaborazione con la rivista bimestrale “8 e ½”. A moderare l’incontro la vicedirettrice Cristiana Paternò e la collega Ilaria Ravarino che, con i loro interventi, hanno dimostrato come “alcuni discorsi sul porno siano in grado di gettare luce sul cinema in generale”.
“Il fenomeno della morte delle sale a luci rosse è più evidente, soppiantate dalla fruizione sull’home video, ora sul web, un cambiamento epocale, in termini di durata, estetica, di sottogeneri e anche di diffusione che si è allargato tantissimo fino alla fruizione anche da parte delle donne, persino della casalinga più autarchica, fuori controllo dal sistema industriale, che ha liberato la spettatrice e la produttrice. Le donne hanno cominciato a pensare e riflettere sul porno. Ma un dato mi ha colpito più di tutto, personalmente, è quello dell’irrompere della creatività femminile, un fenomeno del tutto nuovo perché il porno era storicamente qualcosa che veniva fatto dai maschi”. Inoltre, “porno non è un fenomeno marginale ma un’industria vera e propria – ha confermato la Ravarino -, soprattutto nel digitale. Gli italiani sono i quarti al mondo per accesso al porno. Anche le donne guardano il porno e secondo alcuni studi si eccitano di più con la visione di un porno. La parola più cercata sul web dagli uomini trentenni è ‘mamma’, fra le donne della stessa età è ‘maturo’.” “Un’industria da 13miliardi di euro nel mondo, oggi col porno digitale non possiamo stabilire una cifra precisa ma gli spettatori si aggirano sui 200milioni al giorno. Lo spettatore medio è sui 35 anni, maschio, gli italiani sui 25-40, il mezzo usato è soprattutto smarphone e pc, pochissimo sui tablet. Si soffermano sui dieci minuti, inglesi anche un minuto. Noi siamo al 4° posto nel mondo. Si guardano fra le ore 21 e mezzanotte, dalle 4 del pomeriggio il sabato, soprattutto dall’1 e alle 4. Una donna su 4 guarda dei porno, l’87 per cento delle americane si eccita più col porno che con i sex toys, dai 25 anni il 5% in più, guardano al massimo 10, 14’ le filippine. Soprattutto una fascia di età matura, dalle mamme alle nonne”. L’obiettivo di quest’incontro era, senza dubbio, quello di sdoganare una concezione stereotipata del porno, di riappropriarsi di una certa libertà – non necessariamente e non solo sessuale, ma ben più ampia. Posizione condivisa da tutti i relatori, compreso il critico cinematografico specializzato nel cinema porno Sergio Germani, teorico-accademico dell’Università di Udine, che ha offerto un tema di riflessione sulla situazione attuale. Tanto che persino a Berlino c’è una sorta di Sundance del porno, e dove il fenomeno viene visto dal punto di vista culturale e si fanno delle vere scoperte.
“Il porno non va visto come territorio a sé che non ha nulla a che vedere con il cinema, perciò l’opera della Stambrini acquista una valenza sociale, oltre che artistico-culturale. In realtà non lo è mai stato, forse soltanto negli sguardi dei censori e della critica che poi l’ha recuperato all’interno del nuovo canone del ‘trash’. E’ sempre collegato all’interesse del cinema, a questo proposito mi viene in mente ‘Ordet’ di Dreyer, dove si reagisce alla morte col sesso come segno di vita. Il discorso del silenzio doppio che si crea nel film, lo riporta a una costante della sostituzione dei corpi, quello che il cinema è stato e quello che è nato al suo interno, il porno. Credo che nella visione di qualsiasi film ci sia una doppia visione. La visione dell’opera complessiva, e quella che interpella l’attrazione. Sia una presenza di attrice che si impossessa del film, sia un elemento hard. Sottolinea un elemento di flagranza col fatto, oltre al discorso di costruzione complessiva, un elemento che raggiunge lo spettatore.
Il film di Monica, come in ‘Gola profonda’ dove l’elemento provocante era la fellatio – l’elemento principale è il fantastico. Prima c’era stato lo spostamento dal soft all’hard, plurima presenza femminile di Annabella Miscuglio nel film realizzato sui set hard. Erano film diretti da uomini, Gerard Damiano ha sempre fatto hard e contemporaneamente cinema. Nel cinema italiano c’è stata la figura di Aristide Massaccesi (Joe D’Amato) che ha segnato il periodo di transizione con i cosiddetti film ‘domenicani’, con attori e attrici italiani, e la particolare presenza di questo elemento del fantastico e del trucco horror applicati all’hard, in vicende di cannibalismo, voodoo, violenza, che rendono il cinema tutt’altro che cialtrone. Sembrano vicende inventate perché fanno ridere, ma hanno un grado di verità e serietà reale nel rapporto. E l’elemento del trucco lo troviamo in altri film, con particolari degli organi, sul corpo, dettagli che trasformano. Esiste un senso connaturato tra arte e cinema. L’importante che nel film non venga sottolineato, non come partito preso, bisogna considerare, anzi guardare, alcuni elementi della storia del cinema hard, anche italiano, con una certa curiosità”. “Negli anni ’70 ci sono state esperienze di attrici in questo settore, quelle che lo accettavano quasi con un certo rifiuto (Lilli Carati, Paola Senatore), altre con un’accettazione piena (da Cicciolina a Moana), un meccanismo del porno che si imponeva. Un rapporto reale col cinema”.
“Ho avuto la possibilità di pensare liberamente a un film che potesse mettere in scena le fantasie anche sessuali – afferma la Stambrini -, che uno si prende nel privato ma non è normale facendo un film. A quel punto era una gioia lavorare su quello che fin dall’adolescenza è un mistero. Ci sono stati libri, racconti, fumetti che mi avevano colpito, ma si apriva un immaginario sempre a rischio, perché non volevo restare intrappolata nello ‘sguardo femminile’, nel ‘porno femminile’. Volevo evitare questo binomio maschile-femminile perché penso sia un argomento più complesso. Ho capito che il bestiale, in qualche modo, rompeva il binomio. La protagonista è una donna, una bestia, non si sa”. “Per le donne è liberatorio, per gli uomini invece no – ribatte la Ravarino -. Diversi anche dal genere, il bestiale l’ho vissuto come bellezza della sessualità anche bestiale, appunto, perché anche il satiro è sempre maschio”. “Ho visto donne più feroci e moleste – aggiunge la regista -, non credo sia dovuto ad una questione genetica, probabilmente è anche culturale, perché le donne hanno taciuto di più, erano contenute anche come educazione, ma quando usciamo lo facciamo in modo dirompente, perché abbiamo a che fare col sangue da sempre, dalle mestruazioni al parto”. “I film di Sharon Connor – dichiara la pornostar Nappi - sono i più scioccanti mai visti negli anni ’70. Quando il maschile-femminile viene liberato, guardando il film ci si diverte. ‘Queen Kong’ è rivendicatorio? La figura più erotico-romantica è Lionello, il più femminile, quindi, figuriamoci. “La sessualità è allegria – prosegue -. Come progetto artistico non avevo mai la possibilità di sdoganare la pornografia, che non è solo una ragione di mercato ma anche culturale. Perché quella degli horror è stata sdoganata e del porno no? Non sono una femminista stereotipata. Il porno è sempre politica, ma non è stato sdoganato nonostante da noi ci sia un alto numero di crimini sessuali, dove si mettono in carcere i gay, e via dicendo”. “Quando facevo del porno non recitavo – confessa Liana (Zana), attrice sex worker pornostar in una decina di film -, mi sono trovata davanti partner molto empatici, tanto che spesso dovevano separarci, non era finzione, nemmeno nei rapporti anali, comunque dolorosi (lubrificanti anestetici, consiglia ndr.). Nel privato a pagamento solo se mi piace il partner; in questo caso godo altrimenti divento un muro. L’ultimo l’ho girato 12/13 anni fa, poi Wilma Labate cercava una escort raccontasse se stessa davanti a 14 scrittori. E’ stata una bellissima esperienza che ha avuto anche un Nastro Argento, presentata al Torino Film Festival dove il moderatore era Paolo Virzì che disse ‘Mi puoi dare il tuo numero di telefono?’, Ho pensato ‘Oh, Dio anche lui’. Invece mi sono informata e ho capito che gli interessavo come attrice. Infatti, mi hanno chiamato per ‘La pazza gioia’ e detto ‘Prenderai il posto di un’altra attrice’, e dopo il provino ‘sei presa’ (è una delle ‘matte’ nella casa di cura ndr.). Il mio rapporto sul set è stato sempre naturale, protetto e tutelato, in questo caso coccolato e poi Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi sono state meravigliose e mi hanno insegnato a fare l’attrice. Solo due donne, forzate dagli uomini che avevano davanti, guardavo negli occhi, uomini hanno diversissime sfumature, ma bambini e animali mai toccati. Dopo il secondo matrimonio imparato ad amarmi, provato virtuale gruppo innamorare degli uomini, sperimentazione coraggio. Le donne sono libere”.
“A volte c’è un’ esagerazione – ammette la Nappi su gemiti e urletti -, ma nel privato lo facciamo spesso di nascosto, a bassa voce; io ho cominciato a urlare sul set, e ho scoperto che godevo di più. In ‘Queen Kong’ avevo una parte di me stessa. Spesso attira di più la cosa a tre, perché sempre in coppia, ma anziché con due amiche, con due amici. Perché mai la ragazze non hanno due partner maschili? Il fatto è che le donne sessualmente non dicono mai quello che vogliono, soprattutto se giovani, e perché gli uomini sono più repressi”. “Per educazione artistica – dichiara Lionello -, l’idea iniziale è mettermi a disposizione del racconto e dell’autore, del regista, capire come si andava a raccordare questa cosa. Le idee della Stambrini sono cose che generalmente non ti chiedono, di solito più ortodosse, qui bisognava andare ad infrangere il canone delle regole e del modo di pensare, e mi sono soggiogato all’idea di realizzare quest’opera. E’ un privilegio stare qua, sono pazzo di lavorare con Monica che ha una sensibilità e punti di vista diversi. Fondamentalmente è un discorso lungo e complesso. Intimamente si crea insieme, questo film è singolare, soggettivo, comunemente viene chiamato porno o hard, ma è una contrapposizione. Mi auguro di incrociare altre registe di talento come lei”. “Il film diventa porno o hard nel momento di flagranza, di situazioni in cui diventa più possibile, dove si tratta esclusivamente la sessualità. In un film ci sono più direzioni che lo rendono apprezzabile. L’impressione del trucco, oltre i film di D’Amato, c’era nel soft con Annie Belle “La lupa mannara”, in bilico fra attraente e sgradevole, un senso di positiva inquietudine, e infatti a volte le cose nascono anche a caso. In questo caso no, non è una mia visione, non l’ho considerato un porno, ma forse riflette sul porno, o le due cose insieme”. “Io lo trovo cinema – conclude Lionello -, noi di solito diciamo ristorante, però il menù è un’altra cosa, e il cinema è fatto di diverse sfumature”.
Comunque, bisogna ricordare che nella nostra società tutto quello che riguarda il sesso è stato - e in parte resta - tabù, e se fino agli anni Settanta è stato oggetto di censura inquisitoria nel cinema cosiddetto normale e/o d'autore, tanto che maestri come Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini sono stati costretti a 'oscuramenti' e tagli, anche in opere che ne facevano uso come parte integrante dell'esistenza umana, e dove persino "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci è stato condannato 'al rogo'. Dall'altra parte il sesso è vita, e c'è chi è passato dal cinema d'autore al cosiddetto soft-core per approdare al 'porno' negli anni Ottanta, valga per tutti il celebre Tinto Brass. José de Arcangelo