sabato 20 ottobre 2007

Festa internazionale del cinema di Roma: Nella capitale, due maestri del cinema: Coppola e Ruiz

ROMA, 20 – Alla Festa del Cinema è la giornata di Francis Ford Coppola, arrivato all'Auditorium con l'intera famiglia e il suo nuovo film, dopo dieci anni di assenza dalla regia, "Youth Without Youth" ("Un'altra giovinezza"), dal romanzo del romeno Mircea Eliade e nelle sale italiane dal 26 ottobre. Al suo seguito anche i protagonisti Tim Roth e Alexandra Maria Lara, il direttore della fotografia Mihai Malaimare jr. e il montatore Walter Murch. Un dramma esistenziale sulla scia della fantascienza, anzi della metafisica, girato interamente in Romania. Un po' anni Settanta, forse, un po' sperimentale, complesso e complicato quanto basta. Anche se qualcuno azzarda a dire 'fin troppo'.

1938: Dominic Matei, un attempato professore di linguistica sopravvive a un cataclisma fisico (un fulmine) in seguito al quale scopre di aver miracolosamente ritrovato la giovinezza. Al ringiovanimento fisico si accompagna un graduale potenziamento delle capacità intellettive che attira l'attenzione di alcuni scienziati nazisti, costringendolo all'esilio. Durante la fuga, ritrova il suo grande amore, Laura, e lavora per completare la sua ricerca sul linguaggio umano che pensava di non poter mai finire.

A proposito della sua nuova opera, Coppola dichiara: "Comincia con l'inizio del film. Come nel libro, un uomo la cui vita non è ancora finita, deve portare a termine un lavoro, ed è ossessionato dalla donna che ha perso. Credo che ci siano parecchie persone che si trovano in questa situazione. Certo, il film è personale, espressione della propria vita, dei sentimenti, ci sono i collegamenti delle diverse fasi della propria vita, ma ha una storia propria".

"Ho avuto un grande piacere, perché le prime persone che l'hanno visto sono stati i miei colleghi. Nel cinema di George Lucas, dotato delle tecnologie più avanzate, sono venuti tutti. Penso che quando si arriva all'apice si prova tutti la stessa cosa. Tutti vogliono realizzare dei progetti che non siano solo commerciali e di intrattenimento, ma che facciano parte della cosiddetta letteratura cinematografica".

"Un'esperienza straordinaria – dice Malaimare ‑, e al terzo film, un onore essere stato scelto da Francis per la fotografia. Eccezionale. Ho avuto la possibilità di partecipare alle audizioni, per 6 ore. Poi ho scoperto tramite e-mail che aveva scelto me".

"Abbiamo lavorato insieme per quarant'anni credo – afferma il premio Oscar, Walter Murch ‑, e quando mi ha mandato l'e-mail stavo lavorando a 'Jarhead', perciò ho potuto partecipare al montaggio solo dopo le riprese. L'ultima volta era stato nel 2000, ma ci conosciamo e lavoriamo insieme da tanto tempo. Siamo amici, abbiamo sempre lavorato con creatività. Rincontrarsi è stato come rivedersi dopo poco tempo. Pensare alla storia, al film ambientato in Romania, dove ero stato per "Cold Mountain", per me è stato a tutti i livelli eccezionale. Con Tim, con Alexandra , una storia metafisica eccezionale. Al cinema poi è un insieme di eccezionali."

"Ero in vacanza con un amico – dice la giovanissima Lara ‑, ho ricevuto una lettera, tenevo la busta fra le mani ma non riuscivo ad aprirla. Diceva: una volta letto il copione puoi chiamarmi. Ho telefonato ma non sono riuscita a parlare. La seconda volta è successo la stessa cosa, ho sentito la voce di Francis, ma ero sopraffatta. Ha richiamato lui, e io ho detto 'oh, è caduta la linea'. Poi ho incontrato anche Tim, a Londra. E' eccezionale anche essere qui."

"Quando ho ricevuto la prima telefonata pensavo che qualcuno mi stesse facendo uno scherzo – racconta Tim Roth ‑, non Francis, un agente, un collega. Ho rifatto il numero e ha risposto una voce femminile che mi disse 'era Francis che chiamava, ora è sotto la doccia. Poi il mio agente mi chiese, ti ha chiamato Francis. 'No', ho detto, ma è arrivato il copione. Ancora, mi dicevo, continuavo a pensare allo scherzo, ad un brutto scherzo, invece…"

"Non è un low budget – afferma il regista e produttore, stavolta di se stesso ‑, ma una fiaba epica, con diverse location, costumi, treni. Non è un film a basso costo, ma quello che ho voluto sempre fare da regista indipendente, libero. La gente della mia età, tanti registi che posso considerare amici, in Europa come in Giappone, non possono lavorare. E' stata una manna, ma il successo che ho avuto è stato possibile soltanto in tenera età. Ora voglio fare quello che non ho potuto fare in gioventù, sono molto felice di essere qui. Grazie ai collaboratori, in particolare Murch che è un grande cineasta".

"Sono rimasto sorpreso, colpito – dice Coppola sulla polemica montata dai media ‑, quando ho visto sul giornale Pacino, De Niro, Nicholson. Non è assolutamente vero. Come hanno potuto attribuire questo a me, non ho mai attaccato loro. Anche perché sono loro che hanno fatto me. E' stato davvero un piccolo colpo di genio diabolico. Il Daily News ha preso fuori dal contesto alcune mie dichiarazioni e ne ha fatto un discorso a parte. Come diceva Mario Puzo 'non è personale, è solo business'".

Il musicista Osvaldo Golijov sarà qui – parlando dell'autore della colonna sonora ‑, è un grande compositore classico nato e cresciuto in Argentina, si sente ancora argentino ma vive a Boston. Io vengo da una famiglia di musicisti e mi interessa molto la musica. Ha scritto una vera partitura, e scriverà altre cose per me. E poi c'è la Zoetrope Argentina che è già attiva".

"La Romania è un paese di grande tradizione teatrale, musicale, artistica – afferma ‑. Sessanta parti del film sono interpretate da attori romeni, anche il professore italiano. Visse un momento di grandissima fioritura dopo decenni e decenni, come sono stati definiti, di oscurità. Il vincitore del festival di Cannes, è stato sempre presente, siamo stati accolti da cineasti rumeni di enorme professionalità. E fanno anche un ottimo vino". Lui lo sa perché ne è anche produttore di vini.

"Sì, abbiamo passato insieme dei momenti molto allegri – aggiunge ‑, abbiamo mangiato e bevuto insieme. Fa parte della vita. Ho cercato di scrivere di ritrovarmi come scrittore e ritrovare un posto nel mondo del cinema, non solo in quello di intrattenimento. Trovare dei finanziamento, sostenere anche i film che facciamo.

Sullo sfregio colorato alla Fontana di Trevi, dice "Chiedetelo alla persona più intelligente, Murch".

"Non so nulla di questa azione anche di dispetto nei confronti del festival – afferma Murch ‑. Prima c'erano solo tre o quattro festival nel mondo, oggi c'è una vera concorrenza perché sono tanti, forse, la 2a. edizione della Festa avrà suscitato qualche gelosia. Ma credo si tratti di un atto di vandalismo fine a se stesso. E me ne rammarico".

"Secondo me, ogni remake è perdita di risorse ed energia – dice Coppola ‑, bisogna spendere soldi per fare film nuovi, per cercare di sapere qualcosa di più della vita e di se stessi".

"Di tutti i film di maggiore successo – ribatte Murch ‑, indipendentemente dal botteghino, degli anni 70, dei primi 10 su cento, nessuno è stato rifatto. Di quelli degli anni Sessanta, invece, sono stati rifatti più della metà. L'industria si sta cannibalizzando nel suo interesse e non per quello gli spettatori".

Interpellato ancora sul significato del film, l'autore dice: "Le persone che lo vedono da fuori sono più qualificate per giudicarlo a distanza. Fonde pensiero ed emozioni, non ha scene d'azione. Il pensiero non si riesce a rappresentare, perciò devo trovare una forma di espressione che scaturisce dalla ricchezza delle immagini e delle idee. La rosa ha un ruolo preponderante, ma ha una lunga storia come simbolo, un potenziale enorme. E poi la metafora è la migliore espressione del cinema".

"Avevo paura, ero terrorizzato – confessa Roth ‑. Lui è gentile, molto tranquillo. Ti colloca al centro della storia, ti senti una sorta di topolino che entra nella scena. Francis è meraviglioso, questa è una seconda vita per lui, forse non è bravo ad esprimere quello di cui davvero vogliamo parlare. Io sono superficiale, ma il suo film mi è piaciuto".

"Eliade ha un ottimo senso dell'umorismo, è il padre della religione comparativa, immagino di leggere l'autobiografia di una persona calma e gentile. Ho incontrato Tim e ha dato una prova recitazione eccezionale, dove era stato abbastanza cattivo. Mi sono dovuto proiettare i primi venti minuti e ho capito che doveva impersonare lui questo professore. Lo avevo visto fare delle parti molto potenti, e lui è anche un regista. Un attore che sa tutto sulla regia può essere un problema, ma lui invece ci ha molto aiutato. Difficile riassumere in poche parole quello che sento. Leggendo varie opere di Eliade, è difficile esprimere cosa si pensa. Il concetto del tempo in relazione con la consapevolezza, è consapevolezza. Fare il film è come fare una domanda, si fa il film si ha la risposta. Da piccolo mi chiedevano 'Francis quand'è nato Francis', rispondevo 'A quattro anni'.

E' una fiaba crepuscolare, mentre la leggevo non credevo potesse succedere in ogni pagina. Letta e riletta, dovevo fare un film vedibile, poi andare a metabolizzare, a pensare la storia. Credo non sia incomprensibile e ha una musica eccezionale, a cui si possono aggiungere sensazioni. Può essere visto più di una volta, ci sono film fatti trent'anni fa e la gente ancora li vede. Credo che la gente dovrebbe tornare per vederlo senza pagare, una seconda, una terza volta".

"Quando si fa un film inusuale, non la replica, ci vuole del tempo perché la gente decida se le piace o no. Quando ci si avventura in un nuovo territorio, è diverso di quando si fa 'Spider-man' e simili, che hanno immediato successo. Per qualcosa di nuovo si sa perfettamente che ci vuole del tempo per accettarlo, anche i capolavori della storia hanno dovuto aspettare. Non è che mi voglia mettere al pari dei capolavori della letteratura, ma comunque non mi voglio preoccupare delle reazioni immediate. Spero lo troviate interessante, poi deciderete se vi è piaciuto o meno."

Una delle cose eccezionali – conclude ‑, dei vantaggi di essere giovani è essere ignoranti, dovrei essere ignorante, dovrei essere giovane per rifare 'Apocalypse Now'"

"Ogni volta che comincio un lavoro spero di superarmi – dichiara l'attrice romena alla possibilità di un Oscar ‑. Qualcuno penserà che posso rifare tutto con la stessa passione, lacrime, sofferenza, ma non mi aspetto proprio nulla. Ci siamo incontrati solo due anni fa. Ma ho continuato a pensare e a ripensare a questa esperienza. Ho capito il dono che ho avuto essendo un'attrice giovane, non mi aspetto niente. Dopo le riprese mi sono goduta sei mesi di vita privata, ora ho cominciato a lavorare a un progetto interessante. Un film tedesco".

L'altro maestro della giornata è stato Raul Ruiz, il regista franco-cileno premio "Maestri del Cinema" di Filmcritica, consegnatogli giovedì scorso in Campidoglio in concomitanza con la Festa del cinema che gli dedica una retrospettiva e ha presentato in anteprima "La recta provincia".

"E una ricapitolazione dei molti film che ho fatto nella mia vita – esordisce il regista ‑, un po' lunghetta. Magari anche la divisione e la moltiplicazione della mia opera. E mi sono ripreso certe libertà narrative che non posso fare nel cinema meanstream che a volte mi capita di fare. E' un po' come 'Le mille e una notte', o come le scatole cinesi, da una parte, e come piccoli giochi quantici, paradossi e altro, dall'altra. Racconto le storie che ho sentito da bambino, dove si parla del diavolo, dalla madonna mediatrice e di Cristo. Le storie di Roland e Carlomagno, storie che parlano del licantropo mediatore, storie dalle radici germaniche che non so come e perché sono rispuntate in Cile. Vi si ritrova una cultura religiosa ma piena di eresie, una ogni dieci minuti. Per esempio il Cristo gnostico, il vecchietto. Muore crocifisso, risuscita ma non va in cielo. Non gli piace il fatto di essere stato crocifisso, è un vecchietto che si nasconde, aiuta nei raccolti, ma non solo.

E' una storia molto lontana, ho cominciato a interessarmi al folklore come parte latente della cultura, sono partito dal mio nome Ruiz, Perez, e ho scoperto che la zeta viene dal tedesco. Il folklore nasconde, conserva e fa uscire quando vuole, il popolo inventa, crea e produce le basi per opere importanti (Don Chisciotte, Gargantua). Un riassunto, con una storia legata ad un'altra. La struttura del racconto arcaico, del viaggio alla ricerca di un tesoro. Qui invece per ricomporre uno scheletro, dove si trovano altre storie, una galassia di storie che si concatenano. E dopo il ritorno. Il libro 'Morfologia del racconto folklorico', è invece una sorta di summa di pettegolezzi che Carlo Ginzburg ha trovato nel libro 'I racconti folklorici russi', basato su una persona che lavorava a casa e non faceva ricerche. E' un lavoro privato, per metà inventato. Io mi sono messo nella parte di un professionista che racconta storie di notte ai suoi amici. Poteva durare 12 o 2 ore, ma non aveva la struttura di un feuilleton. Per la versione cinematografica (è stato prodotto dalla televisione cilena che l'ha mandato in onda a puntate) ho tagliato le cose troppo cilene, legate alla realtà cilena (come squadre di calcio che all'estero nessuno conosce)".

"Siamo molto felici del rapporto con Raul – dice Augusto Gongora produttore della tv cilena ‑, faremo un'altra serie tivù, perché il canale pubblico è leader di audience. E' stato veramente importante, il mio lavoro consisteva nel garantire la libertà assoluta dell'autore. E la risposta massiva del pubblico è stata splendida."

"Ci siamo incontrati 13 anni fa – dice il coproduttore francese ‑ per un Omaggio a Jean Vigo da parte di Raul Ruiz, e poi per un altro lavoro, passato qui ieri, 'Dias de campo', che segnò il suo ritorno in Cile. Storie popolari cilene, la stampa ha detto molto bene del film. Molto comprensibile per il pubblico, anche perché abbiamo lasciato le parti più note ai francesi, ma non è passato ancora in televisione".

"E' un paradosso trovare in Cile quella libertà che non trovo più in Europa. Poi quattro milioni di persone che vedono in televisione questo mio lavoro, non capisco più nulla. Ma i contadini capiscono meglio queste storie, persino tutte le allusioni. Ho ritrovato una libertà che da tempo ho perso. Ora vorrei fare una conversazione con l'ex presidente. Per essere presidente del Cile non c'è bisogno di conoscere i problemi del paese, basta leggere Martin Rivas, non hai bisogno di conoscere altro. Il passo dalla rivoluzione all'indipendenza, grazie alla differenza di classe tra aristocrazia e popolo, in Cile ha preso un secolo".

"La singolarità gioiosa – conclude Ruiz ‑ delle diverse culture, il rapporto tra cultura e cultura, come macchina, come seme, come treno dove si mescolano tante cose, sembra cattiva poesia ma è vera. Quando prendo certe cose che vengono dall'Europa, altre dagli indios, in mezzo ci trovo il Vangelo e i testi di San German. Un testo vichingo dove si sostiene che tutti mangiano tutti giorni per vivere meglio. Sempre di venerdì carne, si è in peccato. Il peccato, l'agnello che risuscita. Infatti basta conservare le piccole ossa per poter mangiarlo ogni venerdì. Letteratura sì, ma anche quello che c'è dietro, questo magma del rapporto fra tradizione e reinvenzione".

José de Arcangelo