VENEZIA, 2 – Giornata piena zeppa di proiezioni e conferenze stampa, questa prima domenica del festival di Venezia. Prima della presentazione ufficiale del suo film nella Sala Grande, Woody Allen, Ewan McGregor, Colin Farrell e Hayley Atwell hanno presentato alla stampa "Cassandra's Dream".
"Si può pensare a un confronto tra Caino e Abele – esordisce l'autore – nella scena, in giardino sotto l'albero, dei due fratelli con lo zio. Ma è una conseguenza delle storie mitologiche e bibliche che ho letto nell'adolescenza. Non è stata una scelta in modo deliberato. Vorrei fare un altro film a Londra – continua – perché è una metropoli cosmopolita che ha tanto in comune con New York, ma anche con Parigi e Barcellona, dove ho appena finito di girare il mio nuovo film. Tante cose sofisticate in comune, gli aspetti culturali… e credo che, in estate, sia più bella".
"Non penso – aggiunge – che i miei film siano mai cambiati in modo radicale. Ogni anno ho un'idea. Può darsi che sia tragica, morale, sul male, oppure quella di una piccola commedia. E' un po' un gioco, tutto dipende dall'idea. Quello che ho appena girato in America chiamiato comedy-drama, un dramma romantico con aspetti divertenti. Non ha ancora un titolo, ne cercherò uno adeguato".
Poi sul senso di colpa, idea centrale del film, confessa: "Ho sempre lottato col senso di colpa che si presta a due visioni. Prima perché è bello esagerare su una parte tragica della vita, una grande parte, ed è bene riderci sopra. Secondo, se la storia è seria la prospettiva della colpa diventa anch'essa seria, e il non esagerare serve per illuminare i personaggi, ossessionati e torturati dal senso di colpa. La madre (nel film ndr) vede in un figlio la consapevolezza, la coscienza; l'altro invece non ha questo senso, tanto che ruba anche quando sa che il padre incolperà qualcun altro. Sono due ragazzi con lo stesso background familiare che interpretano un atto in modo diverso. Ho fatto il film concentrandomi sui due fratelli perché penso fosse interessante il fatto che dipendano l'uno dall'altro, dalla famiglia. E quando a un membro della famiglia si chiede un favore e già compiuto prima di chiederlo. Ho tentato di sviluppare i personaggi e poi gli attori hanno fatto il resto, anche perché l'ho scritto al mio meglio. Sono riuscito ad averli tutti e hanno dato moltissimo al film. Un grande contributo. Grazie a loro vedi che i personaggi e le parole diventano carne e ossa, e si 'sente' che diventano personaggi tragici, non come sulla carta".
"Lavorare con Woody non è come lavorare con un regista qualsiasi – ribatte McGregor ‑, volevo farlo da molto tempo e abbiamo girato in tempi brevi. Bisogna dare il meglio perché di consueto si fa un'unica ripresa, ci sono molti dialoghi e l'impossibilità di ripetere la scena. Perciò prima di girare ripetevamo le battute anche al trucco. Si sapeva che si cominciava e si girava subito, tutto in fretta. E questo dà quella incredibile sensazione di reale. Ci siamo sentiti liberi di cambiare le battute ma non si vuole cambiare nulla perché è già perfetto".
"La stessa cosa. Condivido tutto – rilancia Colin Farrell, di solito in ruoli da duro ‑, ma è bello fare esperienze diverse. E' comunque il nostro lavoro, e sul set non c'era un senso di leggerezza ma una grande pace. Un gruppo di persone che racconta una storia in un periodo limitato di 6 settimane e in modo molto pacifico. Lui parlava e noi ascoltavamo".
"Lavorare con Woody – dichiara Holly Atwell – appena uscita dalla scuola, senza sapere cosa facevo, è stato fantastico, ci si sente a proprio agio. Una preparazione perfetta, una nuova esperienza fantastica e molto divertente. Il miglior ingresso per me nel cinema".
"La vita è molto tragica – conclude Allen ‑, un caos. Ci sono sì momenti di piacere, divertenti, ma è fondamentalmente tragica. Ho sempre voluto scrivere una tragedia, del materiale tragico, ma i miei punti forti erano sul lato comico. Non ambivo interpretare Amleto ma scrivere qualcosa di tragico. La vita è un'esperienza tragica e ho una visione cupa, pessimistica, ma ci sono delle oasi in questo caos".
Anche il brasiliano Julio Bressane e la protagonista del suo "Cleopatra", Alessandra Negrini – diva televisiva in Sud America ‑ hanno presentato il loro film.
"La storia di Cleopatra – comincia il regista – la si può ritrovare nella storia della musica, della pittura. Appropriarsi del mito attraverso la prospettiva della lingua portoghese, la lirica di un percorso significante, è una visione molto locale, intraducibile, che poggia sulla potenza della suggestione delle immagini. Non si può, ovviamente, fare tutto in due ore, ma l'universalità viene fuori attraverso la lirica della lingua portoghese. Il tema segue tutta l'iconografia, anche kitsch, di un mito che non esisteva nella nostra lingua".
Poi sala conferenza stracolma per l'arrivo del bel Brad Pitt, con al seguito il regista Andrew Dominik, i coprotagonisti Casey Affleck, Sam Shepard, e i produttori (sempre con Pitt) Ridley Scott, Dedè Gardner e Jules Daly, in concorso con "The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford".
"Non è che non lo conoscesse – esordisce Pitt su Jesse James – ma non abbastanza. Sono nato nel Missouri, conosco benissimo la regione, mi piace la maniera di parlare e sentire l'accento. Non conoscevo molto la leggenda, i suoi ultimi anni di vita. E' un film complesso e complicato che non fa parte dell'odierno cinema hollywoodiano, forse somiglia più a quello degli anni Settanta. Abbiamo tagliato parecchio. La prima versione durava quattro ore e mezza. Penso che ora sia un film bellissimo che respira come un buon vino. Ogni volta che un film ha un significato storico si cerca di essere il più autentici possibile. Anche nella recitazione uno lo fa ma, forse, nessuno lo noterà. La fa per se stesso".