sabato 16 agosto 2008

Al Locarno Filmfest, Ferragosto con lo sciopero degli operai delle Ferrovie nel Ticino

LOCARNO, 15 – Ferragosto all’insegna dello sciopero (e purtroppo ancora della pioggia, nel pomeriggio) al Locarno Filmfest con la presentazione, fuori concorso per “Cineasti del presente” del documentario dello svizzero Danilo Catti “Giù le mani”. Infatti si tratta della cronaca filmata dello sciopero degli operai delle officine delle Ferrovie Federali Svizzere di Bellinzona, guidati dal sindacalista Gianni Frizzo, che ha occupato le prime pagine dei quotidiani svizzeri per un mese (dal 7 marzo al 7 aprile) e ha coinvolto l’intero Ticino.

Una scelta riuscita quella di Catti (sceneggiatore, operatore, suono in presa diretta oltre che regista) che fa parlare i diretti interessati, cioè gli operai, i familiari, la gente comune, facendone una sorta di diario (montaggio cronologico) in cui la controparte fa la sua brutta figura con le ambigue (quando ci sono) dichiarazioni. E lo fa in una durata standard (87’ su 200 ore di girato) segno che ha fatto un ottimo lavoro al montaggio (con Marianne Quarti).

“Sono sbarcato alle Officine – ha dichiarato – lunedì 10 marzo come un turista. Lo sciopero era iniziato venerdì e non conoscevo nessuno. Subito però ho capito che stava succedendo qualcosa di eccezionale, che c’era una logica particolare. Il mio obiettivo era accompagnare lo sciopero per vedere cosa sarebbe potuto emergere dal punto di vista degli operai. Volevo capire chi fossero questi uomini che credono ancora in valori che non sono più di moda, a cominciare dal lavoro e dall’etica del lavoro. Quel che succedeva fuori in fondo non m’interessava”.

Le immagini dei primissimi giorni (la “cacciata del direttore di FFS Cargo Nicolas Perrin il 7 marzo e la manifestazione con invasione dei binari della stazione dell’8 marzo) sono state filmate da altri. “Io – dice il regista – le ho recuperate successivamente, e questo spiega un certo scarto ideologico”. Così come le riprese degli “avversari”, che non hanno voluto farsi filmare, Catti ha dovuto recuperarle da filmati televisivi. A questo proposito, aggiunge: “i padroni si esprimono soltanto quando ritengono di poter controllare la loro immagine”.

Il fatto. La direzione delle FFS annuncia di voler privatizzare la manutenzione dei vagoni e dislocare quella delle locomotive altrove. 430 operai delle Officine Cargo di Bellinzona rischiano il posto di lavoro ed entrano immediatamente in sciopero. “La pittureria”, capannone adibito alla verniciatura dei treni, diventa da subito cuore e simbolo della lotta. Il braccio di ferro tra scioperanti e direzione delle FFS dura 30 giorni e mobilita l’intera classe politica, tanto da costringere il ministro dei trasporti a intervenire. Il 7 aprile l’assemblea dei lavoratori interrompe l’agitazione e dà mandato al Comitato di sciopero di partecipare alla tavola rotonda concordata tra le parti, in vista del mantenimento e dello sviluppo dell’attività nelle officine anche dopo il 2012.

Certo, ora il documentario dovrebbe trovare una distribuzione in sala, almeno in tutta la Svizzera, anche perché nato come film autoprodotto (“Il treno dei sogni”, associazione senza scopo di lucro) e successivamente sono arrivati il sostegno della Rtsi (tivù), il sussidio del Cantone e in conseguenza del Pacte de l’audiovisuel, che hanno permesso all’autore di avere un montatore e un vero missaggio a Zurigo. Ora Catti però pensa di continuare questa “storia” con una seconda parte (o un secondo film).

“Perché è un film svizzero che parla dei problemi di lavoro in Svizzera e in Europa; e sostiene che abbiamo il diritto di essere noi stessi, che la nostra vita ci appartiene, che abbiamo il diritto e forse anche il dovere di dire no”. Segno che l’economia globale e la consequente crisi sono arrivate anche nella Svizzera felix.

Presentati nel pomeriggio gli ultimi film dei due concorsi. Per la competizione internazionale sono stati proiettati il cinese “Li umang de sheng yan” (Feast of villains) di Pan Jianlin e il documentario “Sleep Furiosly” di Gideon Koppel (GB). Il primo è un amaro dramma sul traffico illegale d’organi, fenomeno – purtroppo – in piena espansione in Cina. Una sorta di cupa (e rassegnata) odissea di un giovane disperato. Infatti, Fu-gui lavora senza sosta percorrendo giorno e notte le strade di Pechino a bordo del suo furgone per le consegne, “Felicità Express” (!). Suo padre è gravemente malato e loro non si possono permettere le costosissime cure ospedaliere (anche là, pensavamo fossero ancora gratuite o quasi). Quando le condizioni del genitori peggiorano e ormai senza un soldo, Fu-gui è costretto a riportarlo nel suo misero appartamento. Sconvolto, il giovane legge un annuncio nei bagni pubblici: si offrono grandi somme di denaro in cambio di un rene. La cosa lo aletta ma tentenna perché si tratta di pratiche illegali. Progetta di rubare parte del materiale che trasporta, e poi si pente, però gli viene confiscato il furgone perché adibito al traffico di passeggeri non di merci e non è in grado di pagare la multa. Ormai disperato, Fu-gui si mette in contatto con i trafficanti di organi e affida il padre a un amico per andare a farsi operare. Ovviamente sarà truffato: ha sacrificato un rene per niente, anzi peggio, perché tornato a casa scoprirà che il padre è morto, e dovrà pensare ai funerali. Per niente facile nemmeno questo.

Strano che un dramma di denuncia, contro corruzione e sfruttamento, sia passato inosservato dalle autorità cinesi. Certo, Pan Jianlin denuncia con una certa ironia e humour nero, anzi nerissimo, le inquietanti situazioni in cui si trovano i più disperati, ma al tempo stesso rivela che i servizi sociali non funzionano o sono in mano a potenti corrotti (vedi i medici, uno pretende i soldi subito, l’altro è nel traffico illegale di organi), ma anche altre istituzioni “si passano la palla” (a proposito del certificato di morte).

Il documentario di Gideon Koppel è, invece, un gradevole, gustoso e poetico viaggio nella campagna gallese, un mondo che sembra addormentato e destinato a cambiare, forse, a scomparire.

Ispirandosi alle conversazioni avute con lo scrittore austriaco Peter Handke, il regista posiziona la cinepresa in mezzo ai campi o per terra, nelle stalle o nelle cucine, fissando particolari spesso insignificanti della vita quotidiana. E si vede che Koppel conosce bene e ama questi luoghi in cui i suoi genitori, due artisti fuggiti dalla Germania nazista, hanno trovato rifugio. E sono azzeccate le musiche, tra naturalismo e sperimentazione, di Aphex Twin, uno dei maggiori esponenti della musica elettronica britannica.

Un furgoncino giallo percorre i tornanti che salgono lungo i fianchi delle colline. E’ il minibus di John Jones, bibliotecario itinerante che ogni mese attraversa la regione di Trefeurig per consegnare e ritirare libri. Gli abitanti parlano con John non solo di letteratura, ma anche del tempo che passa e della vita della comunità. La regione sta cambiando rapidamente: l’agricoltura su piccola scala, praticata da sempre, sta scomparendo insieme alla generazione che ha conosciuto il mondo preindustriale. Rimangono un solido sentimento di appartenenza, un forte spirito di solidarietà e uno stretto legame con la terra. In questo angolo sperduto del paese la vita quotidiana è ancora scandita da abitudini, riti e tradizioni: il dialetto, la religione, i concorsi di animali, la tosatura delle pecore, le sagre, la corale, le lezioni di musica, i giardini, i cani…

Ultimo italiano e ultimo film del concorso “Cineasti del presente” è stato Bruno Oliviero con “Napoli Piazza Municipio”, ancora un documentario, anche questo particolare e originale, che indaga tra le pieghe, gli strati, del passato e del presente, e non soltanto della “piazza” ma dell’intera città di ieri e di oggi. Solo che Piazza Municipio diventa specchio e metafora di un’intera società. La Piazza del Municipio di Napoli, un luogo di passaggio, il “luogo del dominio” – come lo definisce Oliviero – perché così è stato fin dai tempi della dominazione francese (ne è la prova il castello degli Angioini).

Ancora un lungo viaggio – in poche centinaia di metri quadrati – che ci porta in diverse epoche storiche, in diversi paesi (tramite le lingue che se ne parlano), in diversi contesti sociali. Dal cantiere della metropolitana, dove è stato scoperto un porto e le carcasse di imbarcazioni del I secolo A.C., al teatro Mercadante (mentre va in scena “Napoli milionaria” e arriva un pubblico borghese), dal Bar Rosa (fra emarginati, immigrati e gay) al mercato dei fiori. Sbarcano turisti ma anche immigrati, e l’accoglienza è diversa; gli operai della metropolitana diventano archeologi; le donne protestano davanti al comune; qualcuno balla (il can can) sulla nave o suona per la strada… Napoli una e migliaia. Ieri, oggi e domani (come piaceva a Vittorio De Sica).

E, a proposito, domani è la serata della premiazione in piazza e della chiusura ufficiale con l’anteprima mondiale di “Back Soon” di Solveig Anspach (Islanda/Francia), una commedia che si annuncia “strampalata”.

José de Arcangelo