sabato 28 giugno 2008

Il maestro della paura incontra il pubblico di Pesaro, mentre in Malesia l'orrore vien cantando


PESARO, 28 – Ultimo giorno per la 44a. Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro che chiuderà i battenti stasera con la premiazione in Piazza alla presenza di Dario Argento - già arrivato e stamattina al centro di un convegno -, e sigillata con la proiezione della versione ‘integrale’ di “Opera” del maestro italiano.

Il maestro della paura ha ricordato un episodio accaduto non molti anni fa, a Bologna, dove era stato invitato per una conferenza al Dams. "In un sala piena si parlava di me. Ma dopo poche parole venivo definito in modo sprezzante come un personaggio pericoloso, schifoso , addirittura fascista. Tanto che a quel punto un giovane un po' fichetto si alza per far vedere che non ero così schifoso, altrimenti perché mi avrebbero invitato. Allora sono stato io a dire 'Mi sono stufato e me ne vado finché non mi chiederete scusa'. Qui, oggi, accade l'opposto e mi sento un po' imbarazzato. Tutto per colpa dei critici che mi hanno sempre perseguitato e insultato per anni".

Argento è stato anche lui rivalutato? Forse, ma lo amano quelli che anno amato allora e oggi i suoi film e le nuove generazioni cresciuti con i suoi film famosi e apprezzati in tutto il mondo. Meno in Italia perché l'horror non è mai stato amato dagli intellettuali, forse perché - nel suo caso - ripropone, anzi svela, le nostre paure più nascoste e i nostri istinti più bassi. Quel Male che non è il demonio, ma un male che ci portiamo dentro di noi e che difficilmente viene sconfitto totalmente. Per il quale non c'è un Paradiso possibile come sostiene la Chiesa della colpa e del perdono.

Però ieri abbiamo visto gli ultimi film in concorso e tanti altri delle diverse sezioni. Apertura, la mattina, con un lungo (2 ore e 20’), cupo e pessimistico, anzi apocalittico, dramma esistenziale “Abendland - Nightfall” di Fred Keleman, co-produzione con il Portogallo, e in gran parte lì girato. Tutto il disagio e lo squallore di fine millennio (è del 1999) nella vicenda del disoccupato Anton e del suo rapporto con Leni, stiratrice in una lavanderia. Tutto in una notte per constatare che l’amore non c’è o forse non c’è ancora stato in questo mondo violento e indifferente, cieco e spietato.

Poi è stata la volta della tavola rotonda sul cinema malese o malaisiano come dir si voglia, alla presenza dei registi, produttori e critici. Un cinema giovane e dinamico che è esploso grazie al digitale e si è sviluppato in tutta libertà e indipendenza per ottenere negli ultimi anni risonanza internazionale.

Nel pomeriggio ancora Cinema Tedesco Contemporaneo con “Stadt des Lichts – Città delle luci” di Mario Mentrup & Volker Sattel (anche fotografia) che prende spunto dal cinema western del periodo del muto per raccontare una storia vecchia (ma non troppo) che però si rivela ancora attuale, allora in America oggi in Germania, e ovunque ci sia ‘sviluppo e speculazione’. Girato come un film ‘amatautoriale’, ovviamente senza dialoghi ma con un narratore, è come lo definiscono gli stessi registi un “wurstel western” anziché spaghetti. Senza cavalli ma con tanti personaggi, tra cui anche uno dei registi, Mentrup.

Il progetto di una ferrovia a Berlino, chiamato Pasadena Project (ripreso da uno stesso piano anni ’90 in California) ha trascinato parecchi investitori sull’orlo della bancarotta e ha devastato molti quartieri e sobborghi periferici. La popolazione (in gran parte immigrati) è diminuita, afflitta dai debiti, dalle malattie e rimasta senza tetto.

A seguire il penultimo film in concorso, il filippino “Balikbayan Box" di Mes De Guzman, anche stavolta una storia che ha per protagonisti i bambini, ma dirottata più sul dramma (dal finale tragico) che sulla commedia. Il più grande divertimento dei ragazzi, i fratelli Ilyong e Jun Jun, e Momoy che li segue come un cagnolino, è guardare action-movie all’improvvisato Betamax House, una sorta di cinemino ricavato in una capanna, dove si proiettano (a pagamento) dvd pirata. Però intorno ai ragazzi ci sono la lavandaia Mameng che vorrebbe andare a lavorare a Hong Kong, Tiago che fa il guardiano di una piantagione e beve per allontanare le sue ossessioni, e poi genitori, zii, vicini.

Un quadro di vita quotidiana nella provincia-campagna dove regna l’arte d’arrangiarsi e l’istinto di sopravvivenza, infatti i bambini pescano e poi vendono il pesce al mercato, raccattano e, quando possono, rubacchiano qualcosa da mangiare. E lo fanno anche gli adulti, infatti una delle ossessioni di Tiago sono quelli che rubano nella piantagione e che lui cerca di spaventare con la sua mitraglietta. Perciò andrà a finire male.

“Spero di riuscire a trasmettere – afferma De Guzman – il significato paradossale della B alikbayan Box, che non è un recipiente che trasporta semplici merci e chincaglierie, bensì un prodotto culturale, una sorta di geroglifico sociale, quasi un’urna sacra contenente sacrifici e memorie di battaglie personali combattute in nome della sopravvivenza quotidiana che rappresenta la lunga e tormentata lotta e storia del popolo filippino”.

L’ultimo film del concorso è stato invece presentato in piazza, preceduto dal corto della premiata ditta Flavia Rastrella & Antonio Rezza “Nell’aldilà”. Si tratta di “Eldorado”, scritto, diretto e interpretato dal belga Bouli Lanners. Una gustosa commedia – apprezzata e premiata alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes - ispirata a un fatto realmente accaduto. “Una notte – racconta il regista – sono tornato a casa e ho trovato due ladri. Uno era nascosto sotto il mio letto, l’altro sotto la scrivania! Una situazione assurda; tre persone spaventate e una lunga notte a parlare. Partendo da questa circostanza, ho costruito e inventato una storia in cui gli aneddoti sono trasformati e approfonditi. L’avventura tra Yvan ed Elie è pura finzione ma mescola le cose della vita reale a momenti di invenzione”.

Quindi, una commedia on the road – perché il quarantenne Yvan decide di riportare a casa dei genitori lo sfigato ladro Elie – sulla scia del demenziale che però non trascura emozioni e sentimenti, illustrando la nascita di una bizzarra amicizia.

Ora tocca alla giuria, tutta al femminile, quale dei film visti è il migliore. Secondo noi i favoriti dovrebbero essere il malese “Flower in the Pocket” di Liew Seng Tat, l’italiano “La terramadre” di Nello La Marca, “Vasermil” dell’israeliano Mushon Salmona, oppure “Eldorado” stesso o ‘a sorpresa’ il visionario “Nirvana” del russo Igor Voloshin. Molto dipende anche dal gusto personale di ognuna delle componenti della giuria e, la cosa più difficile, che poi coincidano nella scelta.

Visti anche, per Bande à Part, il russo “The Best of Times” di Svetlana Proskurina che racconta l’odio-amore tra due donne che si sono conteso lo stesso uomo per quasi cinquant’anni, anche dopo la morte di lui. Un (melo)dramma in tre tempi e con tre attrici diverse per ognuna delle protagoniste perché parte con le donne oggi, ormai anziani, che rievocano attraverso lunghi flash-back, la giovinezza quando si sono conosciuti i tre giovani, la maturità e, infine, la vecchiaia. Un mélo, quindi, sobrio e non privo di fascino, grazie anche al cast, e che ha il merito di una durata standard (93’), fatto raro in un film del genere.

Conclusasi la personale Amir Muhammad con “Susuk”, firmato a quattro mani con Noeim Ghalili, un originale e curioso horror che racchiude in sé altri generi come il musical (la protagonista sogna di fare la cantante), la commedia di costume e, in parte, il dramma.

La giovane infermiera Soraya, capitata per caso nel mondo delle star della musica leggera, decide di fare la cantante. La diva Su zana, di cui lei è fan accanita, le confessa che la pratica proibita del Susuk l’aiuterà senza dubbi come ha fatto con lei stessa e le sue colleghe. Ma esiste un rito estremo, ancora più potente: il Susuk imperiale…

Il film per un pubblico occidentale forse troppo lungo, ma risulta comunque ‘divertente’ e non è privo di citazioni, dallo stesso Dario Argento di “L’uccello dalle piume di cristallo” e “Suspiria”, passando per l’horror giapponese di ultima generazione.

José de Arcangelo