giovedì 26 giugno 2008

"Flower in the Pocket", la rivelazione della Mostra di Pesaro

PESARO, 26 – Ormai è iniziato il conto alla rovescia – chiude i battenti sabato – per la 44a. Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, anche se mancano ancora tanti film e l’Omaggio a Dario Argento si può dire che è appena iniziato (martedì).

Ancora due interessanti lungometraggi della sezione Cinema Tedesco Contemporaneo nella mattinata di ieri. “Mein Stern – La mia stella” di Valeska Grisebach (coproduzione con l’Austria) che narra con delicatezza e sincerità i primi amori di due adolescenti di oggi. I quattordicenni Nicole e Christopher si incontrano proprio mentre attendono – soprattutto lei - che nella loro vita succeda qualcosa di importante. Tra i due nasce una piccola grande storia d’amore: i due si vedono nell’appartamento di Nicole, anche perché la madre ha iniziato a lavorare di notte. Seduti attorno al tavolo di cucina o sul divano, mentre le sorelle più piccole di lei ‘dormono’, i due giocano a fare la coppia. Ma ben presto scopriranno che le cose non sono così semplici come sembrano.

“Talvolta osservo queste coppie di ragazzini – ha detto Grisebach -: vivono il loro primo amore con assoluta sfrontatezza e sembrano perfettamente a loro agio quando fingono di essere marito e moglie. L’immagine del loro amore è pura e unica”. Però, possiamo aggiungere, poi si ritrovano ad affrontare gli stessi problemi degli adulti, o quasi.

“Atome - Atoms” di Till Steinmetz è invece un dramma quasi apocalittico, girato nell’ex Germania dell’Est che ben si adatta all’atmosfera. In un “mondo che - secondo il regista - sta andando a pezzi ma in cui loro (gli uomini, tutti noi ndr.) provano lo stesso a sopravvivere”, le vicende on the road di Hannah alla ricerca della ‘felicità”.

“Come puoi cercare la felicità – aggiunge Steinmetz – se non hai il tempo per pensare al suo significato? Afferra il tuo tempo, siediti, rilassati. Lentamente ti trascineremo in un mondo parallelo dove tutto sembra identico ma niente è uguale al mondo che si sta distruggendo”.

Nel primo pomeriggio la seconda parte di “La Hora de los Hornos” di Fernando Solanas (Argentina 1968), dal sottotitolo “Atto a favore della liberazione” che ricostruisce, soprattutto, gli anni del peronismo (1945-1946) e i primi anni Sessanta. Oggi la terza e ultima parte “Violenza e liberazione”, alla presenza del regista, a cui seguirà un ‘dibattito’ in piena regola, preceduto da immagini della Mostra del 1968 (4 minuti) dell'Archivio di Movimento Operaio.

Deludente, purtroppo, il film cileno in concorso “Mami te amo – Mammina ti amo”, opera prima di Elisa Eliash. Originale e sperimentale al punto giusto ma senza colpi di genio né vere emozioni.

Una madre quasi cieca ogni giorno lascia la figlia adolescente da sola. La ragazzina per far piacere alla mamma fa un gioco macabro in modo da sembrare come lei, almeno fin quando il gioco sembra produrre risultati al di sopra di ogni aspettativa.

“Abbiamo messo da parte le certezze – dichiara l’autrice – per puntare sulla ricerca come luogo più onesto per esplorare senza cadere negli stereotipi e per fare in modo che la verità del film venisse fuori. Inevitabilmente, il narratore è incarnato nella figura di una ragazzina nella fase della crescita, per alcuni versi inquietante, con molti misteri ma tenace, proprio come la sua regista, in viaggio verso le origini, il linguaggio e la casa. Dove una maschera non nasconde, ma rivela”.

Peccato che le intenzioni non vengano confermate dal risultato, però la Eliash è al suo primo lavoro e crescerà bene, anzi meglio di Raquelita, la protagonista del suo film perché le doti ce l’ha.

A seguire uno dei più riusciti – tra quelli visti finora – documentari di lungometraggio di Amir Muhammad “The Last Communist” che non ha avuto il visto di censura nel proprio paese, proprio quando il regista l’ha chiesto per la prima volta. Il film gira in patria grazie a internet e copie pirata. “E’ questa la vera globalizzazione” scherza l’autore a proposito di dvd e pirateria.

Un documentario particolare, come altri suoi, ma stavolta in musical, perché oltre a ricostruire la storia del comunismo in Malesia, attraverso il suo leader Chin Peng e visitando i luoghi dove lui è stato negli ultimi ottant’anni per intervistare la gente, Muhammad intercala dei gustosi numeri musicali che ‘inneggiano’ ironicamente al comunismo e alla Malesia. Quindi un gradevolissimo non-documentario.

Gelido e inquietante il cortometraggio di Jean-Gabriel Periot (l’anno scorso c’è stata a Pesaro la monografica dei suoi corti e cortissimi) “Entre chiens et loups”. Un giovane alla disperata ricerca di un lavoro, oggi, attraverso un ritratto lucido e disarmante.

In piazza una riuscitissima commedia di vita, sempre in Malesia, precisamente a Kuala Lumpur, dalla mano di due simpaticissimi fratellini cinesi “Flower in the Pocket” di Liew Seng Tat.

Li Ahn e Li Ohm vivono abbandonati a loro stessi. Il padre Sui, malato di lavoro, da quando è morta la moglie, spende tutto il suo tempo a riparare manichini nella sua bottega. Mentre si chiude nel suo mondo (e dorme dopo sedici ore di lavoro), i due ragazzi si svegliano, si vestono e corrono a scuola. E, di ritorno, instaurano nuove amicizie – soprattutto con una ragazzina -, fanno scherzi, giocano, litigano, adottano un cucciolo abbandonato e a tarda sera si incamminano verso casa, si fanno qualcosa da mangiare e vanno a letto. Ma i piccoli disastri, ad un certo punto, rischiano di diventare drammatici e il padre sarà costretto a rivedere la sua vita in rapporto con i figli.

“Quel che ha sempre caratterizzato il mio lavoro – confessa il regista – e che lo caratterizzerà sempre, è l’elemento della commedia. Quando i miei amici vedono i miei film, li riconoscono come perfettamente rispondenti alla mia personalità”.

E veramente riesce a raccontare una storia, per certe versi molto drammatica, con leggerezza, delicatezza ed ironia, in equilibrio fra tragedia e commedia, appunto. Quasi a metà strada fra Comencini e Truffaut, soprattutto perché si tratta di bambini.

Seconda ‘nottata’ per il Dopofestival con altri sei corti di video arte: “Loves Come To Me” di Oliver Pietsch, “Nummer Drie” di Guido van der Werve, “Wrong Side of a Gun” di Amis Balcus, “You Can’t Keep a Good Snake Down” di Moira Tierney, “Chi ha amato Desiderio” dell’italiano Werther Germondari ed “Everything I Knew About America I Learned from the Movies” di Nomi Talisman. Collage e montaggi sperimentali che giocano sul fascino delle immagini e, soprattutto, sul cinema che li ha ispirati. Come appunto gli ultimi due titoli, quello della Tierney gioca con l’avventura esotica tra Maria Montez e Jackie Chan, mentre il secondo (assemblando 11 corti 8 e 16 mm in uno) rivisita i generi dal western a porno, passando per il musical e il vecchio caro Hitch.

José de Arcangelo