lunedì 25 giugno 2007

Festival di Pesaro: Prigionieri italiani e palestinesi in Mostra a Pesaro

PESARO, 25 – Partenza all'insegna del "buon assaggio" di tutte le rassegne per la 43a. Mostra del Nuova Cinema di Pesaro. Ieri, a partire dalle 15,30, sono iniziate le fitte proiezioni con il bello e curioso documentario ‑ della sezione Il cinema italo-americano contemporaneo ‑ di Camilla Calamandrei "Prisoners in Paradise" (Prigionieri in Paradiso) che ricostruisce le vicende e le vite dei prigionieri di guerra italiani, catturati in Africa, e finiti in campi di concentramento negli Stati Uniti. Il fatto inedito perché poco conosciuto è che questi sì prigionieri a tutti gli effetti si sono trovati all'improvviso in una sorta di paradiso dopo essere sfuggiti all'inferno della guerra. Cibo buono e abbondante, possibilità di lavorare nei campi e infine di "collaborare", quando ormai l'Italia si era arresa, con gli americani ma non sul fronte ma nel grande Paese. E non solo i ragazzi hanno avuto la visita delle famiglie italo-americani della zona in cui i campi si trovavano ma anche delle ragazze e, alla fine nonostante siano stati poi rimpatriati, hanno sposato le figlie di cui si erano innamorati ricambiati. Il tutto raccontato con fotografie e filmati d'epoca, ma specialmente con interviste ai diretti interessati sopravvissuti. Il film era stato presentato al Sundance Filmfest ma da noi non si era mai visto.

Subito dopo si è inaugurata anche la sezione "Sos Europa.doc" con l'interessante documentario dell'israeliano Shimon Dotan "Ha'bitchonim – HotHouse" sui prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane che sono circa ottomila. Da una parte sono visti come terroristi e kamikaze assassini, dall'altra come eroi. La videocamera che segue e indaga (attraverso interviste dirette) i prigionieri in un ambiente in cui si ricrea l'ambiente politico intenzionato a influenzare il "mondo esterno".Un'occasione per riflettere su un conflitto che dura da almeno sessant'anni e che la violenza da entrambi le parti non fa che alimentare. Tutti sembrano d'accordo che la soluzione sia raggiungere un accordo di pace ma quando arriva il momento accade, ormai troppo spesso da sembrare voluto, l'imprevisto che lo rimanda per l'ennesima volta.

La selezione ufficiale del concorso, per il Premio Lino Micciché, è stata inaugurata dal cinese Guo Xiaolu con "Jin Tian de Yu Ze Me Yang?" ovvero "Come stanno i tuoi pesci oggi?, un ironico mix di dramma e commedia che narra le vicissitudini di uno sfortunato sceneggiatore che a sua volta ci racconta parallelamente (ovviamente in immagini) la sceneggiatura che sta scrivendo. Chiarissimo i riferimenti al cinema occidentale con tante citazione, dalla pianta di bambù che ha chiamato Fellini al pesciolino "Belle de Jour" (da Bunuel) e ai film on the road – il protagonista come il suo personaggio raggiungono l'estremo nord della Cina, ai confini con la Russia dove si dovrebbe ammirare l'aurora boreale ‑ e al cinema nel cinema di tante opere americane ed europee. A parte la caustica ironia, una costante ricerca visiva attraverso inquadrature, atmosfere e fotografia che, se non è nuova in tutto e per tutto, manifesta una voglia di cambiare e di sviluppare quello che è stato già fatto e sperimentato.

Partenza anche per la retrospettiva "La Z del cinema spagnolo": Ivan Zulueta con "Un, dos, tres, al escondite inglés", una sorta di musical pop-psichidelico – volutamente sgangherato ‑ tra il Richard Lester, regista dei Beatles, e il giovane e folle Ken Russell, ovviamente con la presenza di cantante e gruppi anglo-spagnoli del periodo. Un prodotto tipico degli anni Settanta (girato per la precisione nel 1969), quando in tutti i paesi del mondo occidentale (inclusa l'America Latina) è scoppiata anche una sorta di contestazione contro la musica (leggera) tradizionale che – ufficialmente – veniva usata come scudo (anche repressivo e censorio) contro la "rivoluzione" pop. E Zulueta, come altri suoi colleghi contemporanei, anticipa in un certo senso i videoclip e utilizza le tecniche cinematografiche allora di moda e in ascesa (immagini multipli, caleidoscopiche, sovrimprese).

Ancora cinema italo-americano in serata, in Piazza con il corto "Tiramisù" di Len Guercio e il lungometraggio "Brooklin Lobster" di Kevin Jordan, e al Teatro Sperimentale con "The Florentine – Partita col destino" di Nick Stagliano (1999) che, nonostante il bel cast (dai fratelli Madsen, Virginia e Michael, a Luke Perry, da Jeremy Davis a Chris Penn e Burt Young) non è mai uscito in sala da noi. Una storia di amicizie smarrite e ritrovate intorno al Florentine Café di una cittadina della Pennsylvania, ispirato a una pièce teatrale di Tom Benson e Damien Grey. Cinque amici tra disagi, amori, solidarietà e segreti. Anche la monografica in omaggio a Luigi Comencini è partita con ben quattro titoli degli anni Quaranta-Cinquanta, da "L'imperatore di Capri" (1949) con Totò a "La bella di Roma" (1955) che, di solito, siamo costretti a (ri)vedere esclusivamente sul piccolo schermo.

Ma già oggi il cartellone del festival è ancora più ricco e fitto che mai.