mercoledì 27 giugno 2012

Pesaro 48. Il regista Christian Petzold parla delle due anime della Germania e di un passato che sta ancora lì

PESARO, 26 - Alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema si è tenuto stamattina il primo incontro con il regista tedesco Christian Petzold, autore del film presentato in anteprima ieri sera in piazza. Un dramma esistenziale ambientato negli anni Ottanta, nella Germania ancora divisa, separata, dal muro che crollerà solo alla fine del decennio. "Barbara" ha vinto l'Orso d'Argento al Festival di Berlino 2012, ha avuto il premio della giuria dei lettori del "Berliner Morgenpost" ed è stato ben accolto dal pubblico tedesco e francese. "Petzold è uno dei registi più significativi del cinema tedesco contemporaneo" - ha detto il direttore del festival Giovanni Spagnoletti -, ricordando i precedenti film, dall'opera prima "Gespenster", presentata a Venezia, "Yella" a Berlino e Chicago, e "Jerichow", ancora al Festival di Venezia. "I problemi dell'identità tedesca - ha aggiunto -, il rapporto tra vita e morte (Gespenster) è la chiave poetica del suo lavoro, e ora ha in mente un film dalla storia di Primo Levi, che riguarda direttamente il famoso viaggio, appena uscito da Auchswitz, per tornare in Italia, un percorso rifatto sullo schermo da Davide Ferrario".

"Rispetto al film che intendo realizzare - ribatte il regista - si tratta di un lungo viaggio paragonato a un'odissea, basato nelle linee di principio a quello di Primo Levi, ma è il viaggio di un tedesco che parte alla ricerca del suo volto, dekla sua vera identità. Sebbene sia ispirato al percorso di Levi, è una visione alla Hitchcock sulla scia de 'La donna che visse due volte'". E poi confessa sulle due anime della Germania: "Nel 1982, ho ricevuto la visita di un amico italiano, Raffaele Celsi, che mi ha detto 'Sarà una visita breve, perché devo assolutamente andare a Berlino est per sperimentare tutto quello che la Germania orientale rappresenta'. Ma si è ripresentato un'ora dopo: 'Ho comprato solo un disco, è stata un'esperienza terribile, sembra la Corea del Nord, tutto grigio illuminato dalle luci del nero'. Io invece vi passavo una settimana tutte le estati, per me sono state esperienze sempre straordinarie, anche la mia prima fidanzatina era lì. Ma ho memoria di esperienze estremamente terribili - perché i miei provenivano da lì -, dovrebbe essere il passato ma non è, il passato è ancora lì. Ho pensato bisogna occuparsi di quest'isola, che come in tutti i tempi spartani bisogna combatterci. Anche perché le persone non spariscono e vengono a dare una testimonianze. Non erano più divisi, isolati, ma hanno vissuto, sono cresciuti in quel paese. Volevo realizzare un film su questo problema". "Il tema del fantasma (in questo caso della DDR ndr.) lo affronto spesso nella mia fantasia - prosegue Petzold -; è un fantasma venuto anni fa, quando ho letto un romanzo di uno scrittore dell'est, ambientato nell'epoca in cui era nata la DDR, dal '49 in poi, che parla di tutti i lavoratori che affrontano il tema dell'antifasciscmo, delle donne che si sforzano per ricostruire il nuovo Stato. Ma il libro poi è stato vietato, perché parlava di un sogno che vuole essere costruito e dell'apparato che impedisce che quel sogno si realizzi. Volevo rappresentare entrambe le cose, e come il sogno poi svanisce". "Quello che ho trovato nella DDR è che non c'era possibilità di (di)mostrare la sensualità, la leggerezza. Tutto era estremamente legato alla ragione, tutti dovevano essere con i piedi per terra. Quando andavo a trovare i miei cugini portavo le mie realtà: la musica pop, le fotografie, i colori, perché ho vissuto qualcosa di straordinario che non apparteneva al loro mondo. Credo che la distruzione della DDR sia stata anche un merito della musica pop. All'interno avevo notato che nella tv dell'est venivano sempre trasmessi film di Romy Schneider, che era amata e ammirata. Perché lei era la personificazione della sensualità e dell'armonia, riusciva ad uscire dai canoni, rappresentava Parigi, i profumi, la sensualità che loro non avevano. A Nina Hoss (la protagonista ndr.) ho fatto vedere per cinque giorni di seguito film con Romy Schneider; abbiamo visto insieme come si truccava, si vestiva, camminava; lei doveva capire le sue caratteristiche, e attraverso il suo atteggiamento dire 'basta, non ci sto più'. Quel tipo di espressione che ha andando in bicicletta per le strade del paesino sperduto come se si trovasse a Parigi, doveva rappresentare la sua ribellione". Dell'attrice che è quasi un suo feticcio, dice: Quando ho iniziato il mio lavoro ho capito subito che c'era una chimica tra di noi, prorpio mentre guardavamo 'Stromboli' di Rossellini, e ho considerato quanto Ingrid Bergman sia stata un'icona della donna moderna, esiliata, non più all'interno di un contesto sociale. E' importante in ogni situazione in cui vi si trova ci sia la realtà, soprattutto di donna. Ho capito che avremo potuto lavorare insieme. E' nata così, da allora guardiamo molti film insieme, in passato anche 'Viaggio in Italia' perché c'è il tema dell'addio. Nina riesce a capire quello che mi piace nella recitazone, è un'attrice eclettica, e anche nella vita sembra non avere appartenenza, radici; esprime profonda indipendenza e solitudine, sono rimasto male, anzi arrabbiato, perché non le è stato attribuito il premio (l'Oscar tedesco) per la miglior interpretazione femminile" . "Quello che adoro nel cinema è la suspense, creare la suspense, che non vedo moltissimo nei festival e nel cinema europeo. Tutto quello che è tensione, pressione che venga sia da un matrimonio, sia da una rapina in banca per mettere al sicuro il bottino, sia da un sentimento, da un'autorità superiore o da uno Stato che mette sotto pressione la popolazione, ma anche dall'idea del lavoro, del coraggio che ci vuole in alcune situazione. Così come il comportamento, la decisione di 'Barbafra', quando deve trovare un nascondiglio per i soldi, li mette al sicuro utilizzando materiale (chirurgico) del suo lavoro abituale per un gesto non abituale, o addirittura 'criminale'. Suspense, tensione, pressione richiedono attenzione alle cose, alle situazioni di lealtà, ai rapporti tra le persone stesse, tutte le nuove ondate, dal neorealismo alla nouvelle vague si ricollegano, immagini che si vedono anche nei film fantascienza".
"Volevo accennare al fatto che Stella (l'adolescente da cui Barbara si prende cura ndr.) fugge da una specie di campo di lavoro minorile, una sorta di prigionia, una minaccia che ho avuto sempre davanti agli occhi. Portare capelli troppi lunghi, che dicevano 'dovresti comportarti in questo modo' se non vuoi finire in carcere giovanile, in un campo di lavoro. Lo sentivo raccontare dai miei cugini, e lo rapportavo alla mia vita. La cosa strana è che questi campi dovevano indottrinare i giovani, perché riuscissero a capire i semi del male del fascismo, invece è stato uno strumento di brutalità profonda. Con un occhio particolare scoprire il collegamento tra la vita nell'Est e nella Germania ovest, la stessa cosa tra la chiesa cristiana e quella evangelica". "Senza alcune remora sui miei anni di Wenders che trovavo estremamente spontaneo, ma un cinema realizzato senza donne. I suoi erano film sui giovani, road movies; poi invece ho scoperto Fassbinder e il suo cinema sulle donne 'nude', e ho apprezzato tantissimo a posteriori la sua opera e ho imparato, negli anni '90, dopo la fuga dalla famiglia e dal viaggio di Wenders, la sua lezione. Per la fuga mi è venuto in mente Douglas Sirk (amato anche da Fassbinder ndr.) e il suo 'Come le foglie al vento', che con Nina abbiamo visto insieme. E' sempre estremamente importante parlare di cinema, anche europeo. Le nostre discussioni sono state importantissime nel rapporto tra Barbara e il fidanzato occidentale che le dice 'quando finalmente riuscirai a fuggire e verrai a vivere all'Ovest non dovrai più lavorare', ed è questo il vero significato, quello che le donne gli danno". "Effettivamente c'è un'economia a livello di scrittura, di sceneggiatura - aggiunge sul suo modo di lavorare -; nel mio primo film c'era un'economia di montaggio, quella stessa che devi ottenere in fase di scrittura. Un obiettivo che mi ha aiutato tantissimo nella realizzazione. L'ho imparato anche dai corti americani, che si può parlare degli uomini e usarli come metafore della vita. Ho visto un trailer su quanto sia importante l'economia nella scrittura perché in questo modo si ottiene una realizzazione immediata. In 'Barbara' c'è il linguaggio degli sguardi, per me quello più importante; dal modo in cui si guardano i personaggi riesci a capire una serie di situazioni: la pressione la sfiducia le debolezze, i terremoti che si scatenano all'interno di ognuno di loro. Ho fatto una sola inquadratura dall'alto, le altre tutte tra lo sguardo delle persone, che non è mai lo sguardo di un autore. Odio certo cinema americano che invece offre lo sguardo del regista, quello dello Spielberg anni '80-'90 che non sopporto proprio". L'esempio migliore - visto che spesso porto al cinema i miei due figli con me e rivedo i film - è 'Alien' di Ridley Scott, all'inizio, addirittura prima ancora di entrare nella navicelle pensi che ci sia qualcosa inquietante, lo senti sulla pelle, qualcuno o qualcosa che provoca suspense e tensione. Questo è un autore, c'è un intrigo, ti fa capire che sta succedendo qualcosa di bizzarro, che è stata inviata li per qualche ragione non corretta, rappresenta una cosa estremamente importante. La stessa cosa non può dirsi de "Lo squalo" perché si capisce immediatamente qual è la suspense: la paura. Molto diversa da quella di Scott, lo vedi dalle prime quattro inquadrature che si tratta
di un buon film o meno". Però in giornata sono passati diversi film e cortometraggi delle diverse sezioni, tra cui vanno segnalati, nel concorso, "In April the Following Year, There Was a Fire" del tailandese Wichanon Semumjarn, e, in piazza, l'israeliano "Sharqiya" di Ami Livne, il titolo è una parola beduina e araba che significa 'vento dell'est', un vento del deserto 'cattivo' che porta con sé non solo tanta sabbia ma anche polvere nelle case e nelle anime.Ma ne riparleremo ampiamente e con calma nei prossimi giorni, così come dei documentari italiani. José de Arcangelo