giovedì 13 ottobre 2016

Preapertura alla Festa del Cinema con l'opera seconda di Pif "In guerra per amore", una commedia su uno degli eventi simbolo della Seconda guerra mondiale che cambierà per sempre la storia della Sicilia, dell'Italia e della Mafia

Pre-apertura in grande stile, ieri sera, per la Festa del Cinema di Roma – red carpet incluso - con l’anteprima dell’opera seconda di e con Pierfrancesco Diliberto alias Pif: “In guerra per amore”, una commedia tra realtà (storica) e finzione (cinematografica), favola e ricostruzione sui toni di Blake Edwards (soprattutto “Papà, ma che cosa hai fatto in guerra?”) e quelli di Ettore Scola, il maestro italiano a cui è dedicata. E di quel che viene narrato solo la storia d’amore è inventata. Una nuova gradita sorpresa che lo conferma uno dei degni eredi della commedia all’italiana perché Pif riesce a rievocare un importante episodio della Seconda guerra mondiale, spesso solo accennato - se non evitato - che ha segnato l’inizio della liberazione dal nazi-fascismo ma non dalla mafia, anzi l’unica a uscirne rafforzata e beneficiata in nome della Democrazia (cristiana) e contro il comunismo (sovietico, non solo).

Infatti, la vicenda è ambientata proprio nel 1943, in pieno conflitto mondiale, mentre Arturo (Pif) vive la sua travagliata storia d’amore con Flora (Miriam Leone). Lui è emigrato a New York e fa il cameriere in un ristorante italiano; lei è la nipote del proprietario andata a lavorare nel locale dello zio. Entrambi scoprono di amarsi, però Miriam è stata promessa sposa dallo zio al figlio di un importante boss di New York. Per poterla sposare, Arturo deve ottenere il consenso dal padre della ragazza che vive ancora in un paesino siciliano. Dato che Arturo è un giovane immigrato ha un solo modo per tornare sull’Isola: arruolarsi nell’esercito americano che sta progettando lo sbarco in Sicilia (il primo in Europa), l’evento che cambierà per sempre la storia della Sicilia, dell’Italia e della Mafia.
Da qui si sviluppa una sorta di realismo ‘magico’ che accomuna il film ad alcuni capolavori di Zavattini-De Sica (vedi ‘l’asino che vola’) e una serie di riferimenti che vanno dalla commedia bellica americana ambientata durante l’arrivo degli alleati in Italia, al capolavoro di Luigi Comencini, e persino alla coppia Franco e Ciccio tramite ‘il cieco e lo storpio’, caratteri tipicamente nostrani, anzi siciliani, nobilitati dall’obiettivo dei vecchi maestri (vedi i fratelli Taviani).
“Cercavo un racconto che, mantenendo lo spirito del mio primo film ‘La mafia uccide solo d’estate’ – dichiara il protagonista, sceneggiatore con Michele Astori e Marco Martani, e regista -, mostrasse un piccolo uomo davanti a grandi eventi storici. Un film che, nella migliore tradizione della commedia all’italiana, facesse scorrere su un binario parallelo una storia privata e la Storia. La nostra ambientazione era dar vita – pensando con rispetto, umiltà e senso delle proporzioni – a un capolavoro come ‘Tutti a casa’ di Luigi Comencini, e abbiamo cercato di farlo con una commedia ambientata durante la Seconda guerra mondiale. Romantica, divertente ma anche amara perché mostra come un evento storico, apparentemente distante, abbia creato le condizioni per l’ascesa della mafia segnando la storia del nostro Paese”.
Ma l’attore-autore non si è limitato a fare delle accurate ricerche sul periodo e sul conflitto, e ascoltato i novantenni sopravvissuti proprio nelle cittadine in cui ha girato (soprattutto Erice, a 700 metri sopra il mare, Scala dei Turchi e Segesta), ma ha anche scoperto a Londra un documento originale recentemente desecretato sul ‘patto di collaborazione e di alleanze strette con la mafia’. Per queste ragioni riesce a emozionare e commuovere, coinvolgere e divertire, tra lacrime e sorrisi, satira e un velo di sana ironia.
Il documento è “Il cosiddetto Rapporto Scotten – spiega Pif -, dal nome dell’ufficiale al quale, nel 1943, fu chiesta una relazione scritta sul tema ‘Il problema della mafia in Sicilia’. Questo rapporto ci ha confermato che la questione mafia per gli americani in guerra era all’ordine del giorno e che, già durante la guerra, il capitano Scotten valutava l’opportunità di combattere la mafia per tenerla sotto controllo, oppure quella di accordarsi e allearsi con Cosa Nostra, ipotesi che avrebbe creato danni incalcolabili di cui il futuro avrebbe presentato il conto, o infine quella di abbandonare l’isola alla mafia e chiudersi in enclave. La lucidità di questa analisi, per cui gli americani e gli inglesi erano pronti a scendere a patti con Cosa nostra, ci ha colpito molto. Qualcuno potrebbe far notare che gli Stati Uniti, allora come oggi, in guerra si alleano sempre con le forze in campo locali di ogni tipo, scegliendo un ipotetico male minore per combatterne uno maggiore, ma anche loro col tempo hanno capito che il presunto male minore finisce
col ritorcesi contro. La base storica su cui abbiamo lavorato durante le nostre ricerche è stata la relazione di una commissione d’inchiesta americana che stabilì – nero su bianco – come si creò l’alleanza, con i soldati americani che ammettevano di essere andati in occasione dello sbarco a chiedere esplicitamente supporto a Cosa Nostra, tanto che in molti paesi piccoli e grandi dell’Isola l’elezione di sindaci mafiosi fu prassi proprio per garantire il controllo del territorio”.
Nel cast anche l’attore e regista (“Escobar”) Andrea Di Stefano (luogo tenente Philip Chiamparino), Vincent Riotta (James Maone), Maurizio Marchetti (Don Calò), Sergio Vespertino (Saro) e Maurizio Bologna (Mimmo), la rivelazione (sul grande schermo dopo tanto teatro e tivù) Stella Egitto (Teresa), Antonello Puglisi (Sebastiano), Mario Pupella (Don Tano), Orazio Stracuzzi (zio Alfredo), Lorenzo Patanè (Carmelo), Aurora Quattrocchi (Annina), David Mitchum Brown (Franklin Roosevelt), Forest Baker (generale Patton), Rosario Minardi (Lucky Luciano), Salvatore Ragusa (Tommaso Lo Presti) e Domenico Centamore (Tonino). Ottima cornice firmata dal direttore della fotografia Roberto Forza, dallo scenografo Marcello Di Carlo e dalla costumista Cristiana Ricceri. Montaggio di Clelio Benevento e musiche di Santi Pulvirenti. José de Arcangelo
(3 1/2 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 ottobre presentato da O1 Distribution