venerdì 16 novembre 2012

Penultimo giorno per il Festival Internazionale del Film di Roma, sul grande schermo in gara Russia e America, Kira Muratova e i Polsky Bros, "Eterno ritorno: provini" e "The Motel Life"

ROMA, 16 – Ultimi due film in concorso e uno fuori concorso per la penultima giornata del Festival di Roma, in attesa di quella finale di premiazione, domani sabato. “Eterno ritorno: provini” è un divertissement della grande regista russa Kira Muratova. Il ‘ritorno’ è quello della stessa scena (provino in costume) interpretata da coppie di attori diverse, ma tutte ottime, perché si tratta dei più famosi e bravi interpreti del teatro e del cinema russo, ex sovietico, perché quasi tutte al di sopra dei quarant’anni.

Certo, il ‘gioco delle parti’ così ripetitivo non è gradito da tutti gli spettatori però diverte e intriga – grazie anche ad un azzeccato montaggio e al bianco e nero - chi ama la recitazione, le sfumature, le variazioni e i diversi punti di vista dell’arte interpretativa, della messa in scena e del cinema, dall’inquadratura alle ‘tante’ verità/menzogne che ‘rispecchia’ (all’infinito). Divertissement anche per l’iraniana Marjane Satrapi – fuori concorso - che, stavolta da sola, firma una bizzarra commedia “La bande des Jotas” (la j che in spagnolo è ‘jota’), perché è l’iniziale del nome di tutti i membri di una famigerata banda spagnola. Quindi non siamo dalle parti di “Persepolis”, ma nemmeno di “Pollo alle prugne”, anche perché la protagonista è la stessa regista/sceneggiatrice, assecondata da Mattias Ripa e Stephane Roche che sono anche produttore e montatore. Variazione sul tema dello scambio di valige. Gli ignari Nils e Didier raggiungono il sud della Spagna per partecipare a un torneo di badminton, ma arriva anche una donna enigmatica e manipolatrice che, secondo lei stessa, ha dei conti in sospeso con una banda mafiosa spagnola. Quando i tre si scontrano per il classico scambio delle valige, le loro vite vengono sconvolte e sono costretti a restare insieme. E, sfidando ogni probabilità, Nils e Didier si improvvisano veri e propri killer per proteggere la sconosciuta…
L’altro film in concorso è l’americano “The Motel Life” dei fratelli Gabriel e Alan Polsky, dal romanzo omonimo del cantante country Willy Vautlin (Fazi editore), che firmano il toccante – classico – ritratto di due fratelli orfani cresciuti col padre e poi, rimasti soli, da adolescenti in un motel, appunto. Un’opera prima tradizionale nella forma, anticonvenzionale nei contenuti, con qualche inserto d’animazione (riguardo le storie raccontate da uno e disegnate dall’altro), e il cui riferimento è la ‘Nuova Hollywood’ anni Settanta. I fratelli, già produttori indipendenti, raccontano la vicenda di altri due fratelli, Frank (Emile Hirsch) e Jerry Lee (Stephen Dorff) Flannigan vivono nei sobborghi di Reno, nel Nevada, e sono cresciuti aggrappandosi a un grande sogno: abbandonare la loro vita precaria. Ma quando Jerry Lee causa involontariamente un incidente mortale, sono costretti a scegliere se scappare o guardare in faccia la realtà. Fra sacrificio e redenzione, fratellanza, desiderio e speranza. Nel cast una cresciuta e quasi sconosciuta Dakota Fanning, nella parte della ragazza di Frank. Per la sezione MaXXI presentato il cortissimo (2’) “Dreams” di James Franco, una ‘carrellata’ suggestiva e artistica; e il lungo ma non troppo (72’) “Tar” di autori vari (12), ovvero una sorta di jam session biografico-cinematografica tratta dall’omonima raccolta del poeta C.K. Williams, vincitore del premio Pulitzer, e interpretato dallo stesso Franco con Mila Kunis nel ruolo della compagna. Un viaggio nel passato (i ricordi) per riuscire a capire il presente (vivere), al fianco dello
stesso Williams che nel film legge alcune sue poesie. Dal Brasile “Avanti popolo” di Michael Wahrmann, un viaggio nella memoria di un paese in bilico tra passato e presente. André torna nella casa d’infanzia a San Paolo portando solo una valigia, mentre il padre ormai vecchio vive con la sola compagnia del fedele cane, nell’eterna attesa dell’altro figlio partito trent’anni prima per l’Urss e mai più tornato. André si ritrova così a compiere un nuovo viaggio, toccante e ironico, nella memoria della famiglia e del paese, ancora sospeso/diviso tra lo spettro della dittatura e il sogno (comunista) di un mondo migliore, tra la passione per il buon cinema e le canzoni di protesta. Infatti, il film inizia mentre si ascolta alla radio un tema dei cileni Quilapayun (uccisi durante il golpe di Pinochet allo Stadio di Santiago), seguiti da Bella Ciao e Bandiera rossa, da cui il titolo del film. Per poi passare all’uruguayano Daniel Viglietti, anche lui ucciso dal regime militare. Quindi, un viaggio nella memoria, tra filmini in Super8, vecchie fotografie, dischi in vinile impolverati e graffiati, ma senza nostalgia casomai per non dimenticare e rimpiangere, forse, la fine delle ideologie che ha cancellato non solo l’attivismo ma anche la ‘partecipazione’ e la condivisione. Ad Alice nella Città è passato l’unico film italiano in concorso, anzi in programma,
“Pulce non c’è” di Giuseppe Bonito, un dramma famigliare intorno ad autismo e pregiudizio, dubbio ed eccesso di zelo. ‘Pulce’ ha nove anni, due occhioni vivaci e ascolta solo il tango, ma non parla perché è autistica, ma non significa che non abbia niente da dire, anzi. Un giorno viene portata via dalla sua famiglia senza spiegazioni, poi tutto lascia supporre che si sospetti che sia stata vittima di abusi… Il principale indiziato è il padre, apprezzato medico, però non tutto è come sembra. Un argomento serio che spesso viene affrontato con posizioni estreme, sottovalutato o sopravalutato, rischiando di assolvere il colpevole e punire un innocente. Su una situazione simile, il danese “Il sospetto” di Thomas Vinterberg, un solido e intenso dramma, premio per il miglior attore (Mads Mikkelsen) a Cannes, e tra poco nelle sale italiane. Presentato anche in questa sezione un altro film brasiliano, “My Sweet Orange Tree” (Il mio dolce albero delle arance) di Marcos Bernstein. Quarto di cinque figli di una famiglia operaia, Zezé ha sette anni, l’amicizia con un anziano straniero e il suo ‘dolce albero delle arance’, compagno di mille fantavventure che lo aiuteranno a diventare un futuro scrittore. Una pellicola in bilico tra fiaba e commedia, tra ricordi d’infanzia e storie inventate. José de Arcangelo