giovedì 1 dicembre 2011

Nell'ambito del Torino Film Festival i primi dati della ricerca nazionale sui Festival come "valore" economico e culturale

All’interno del Torino Film Festival sono stati presentati oggi i primi dati della ricerca I festival come “valore” economico e culturale, promossa dalla IULM (Libera Università di Lingue e Comunicazione) di Milano in accordo con l’AFIC (Federazione dei festival italiani di cinema) e con l’apporto dell’istituto di ricerca di mercato Makno.
“I risultati della ricerca – ha spiegato Gianni Canova, Preside della Facoltà di Comunicazione della IULM – dimostrano che non ha più senso continuare a pensare agli investimenti alla cultura come un vuoto a perdere. Mi piace sottolineare la novità metodologica della ricerca che è stata anche il punto d’incontro virtuoso tra una struttura accademica con il coinvolgimento degli studenti, un team di ricercatori privati e una libera associazione che raggruppa la maggior parte dei soggetti della ricerca. I risultati dimostrano che la cultura è fondamentale per la crescita del nostro Paese. Non è una ruota di scorta”.
“La ricerca è importante – ha aggiunto Giorgio Gosetti presidente dell’Afic – perché è uno sguardo esterno, non complice ma oggettivo sui nostri festival di cinema, in grado di mettere in discussione alcuni pregiudizi. I risultati sono lo specchio del cinema e dell’audiovisivo più in generale dove c’è molta buona volontà, casi di eccellenza assoluta, arte di arrangiarsi tipicamente italiana ma anche grandissima difficoltà di operare in territori con regole certe”.
“Il lavoro è in fase di completamento – entra nel dettaglio Mario Abis, direttore generale di Makno - e la versione definitiva verrà presentata alla Iulm nel prossimo mese di marzo. Su 60 festival controllati ci si è soffermati su una dozzina con un lavoro durato un anno e partito proprio qui a Torino un anno fa.
E’ un’analisi nuova che mostra in particolare cosa ricade nel territorio rispetto agli investimenti. Il dato più importante è che per un Euro investito ne ritornano circa tre. I soldi investiti non sono quindi persi ma ritornano. Le tabelle che siamo in grado di pubblicare dimostrano ampliamente questi numeri. Interessanti anche i dati relativi all’occupazione avviata misurata nel valore delle giornate di lavoro. Così come quelli del pubblico, in genere giovane e di livello alto d’istruzione. L’aspetto su cui i festival possono migliorare è nella qualità organizzativa”.
“Ritrovo in questi dati – ha concluso Cesare Vaciago, City manager della città di Torino – un discorso importante che mi sembra i festival portino avanti: la costruzione dell’economia dell’evento. Oggi bisogna puntare più a sostenere la cultura dell’evento rispetto a quella paludata a costo fisso”.
L’appuntamento quindi è per la giornata di studi di marzo 2012 con la pubblicazione in volume degli esiti definitivi dell’indagine. L’elaborazione di parametri d’analisi verranno messi a disposizione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e degli Enti locali.

domenica 27 novembre 2011

I premi del MedFilm Festival di Roma a "Orion" di Zamani Esmati e "Io sono Li" di Andrea Segre. Consegnato il premio alla Carriera a Omar Sharif

Si è conclusa ieri, con la Cerimonia di Premiazione all’Auditorium della Conciliazione, l’edizione 2011 del MedFilm Festival, tra i premiati un mito del cinema mondiale, Omar Sharif.
Un’altra tappa, di un lungo e magnifico viaggio che dura da 17 anni, particolarmente ricca ed articolata, 100 film tra lungometraggi, documentari e cortometraggi, numerosi ospiti e - la magia di vedere insieme e all’opera rappresentanti da Libano, Israele, Egitto, Tunisia, Marocco, Iran, Romania, per raccontare un presente che urge della partecipazione attiva dell’arte e della cultura alla ricerca di soluzioni umane per i problemi che l’umanità affronta in questo agitato presente- come ha ribadito il Presidente fondatore del MedFilm festival Ginella Vocca.
In quest’edizione ogni film ha percorso e spesso attraversato confini. O ha ragionato su di essi, sul loro senso, sulla loro labilità. Da Alessandria a Salonta, da Marsiglia a Istanbul, da Tunisi alla Côte d’Opale, dalla laguna veneta a Sarajevo, fino a Teheran, l’Europa e il Mediterraneo sono stati osservati nel profondo, raccontati e filtrati attraverso sensibilità differenti.
Ma soprattutto - dai film è emersa l’umana forza, potente, della solidarietà - che spontaneamente si stabilisce tra esseri umani, al di là di ogni ostacolo.
L’urgenza del MedFilm di essere nella realtà non conosce soste, nonostante la crisi sociali, politiche ed economiche e le possibilità organizzative conquistate con la forza come dichiara Ginella Vocca - il nostro budget è disperatamente basso, ma questo non ci ferma, e ringrazio per la generosità di chi lavora nel e per il festival -.
In questo viaggio le nostre guide d’eccezione sono stati registi talentuosi accompagnati dai personaggi dei loro film, sempre pronti a far bagagli per riprendersi qualcosa, un pezzo di vita, brandelli di futuro, identità che sembravano smarrite. Pronti a fuggire in cerca di libertà, divisi tra crudeltà e bellezza, resistenza e malinconia. Per trovare quella salvezza che solo una ballata da fiaba è capace di donare.
100 film da più di 50 paesi, per la maggior parte in anteprima, film distribuiti all’estero, ma non in Italia, un dato difficile da accettare.
Anche "Les hommes libres" del regista franco-marocchino Ismaël Ferroukhi, opera che ha commosso il pubblico e strappato applausi in sala, è stato acquistato in vari paesi, ma ad oggi non ha distribuzione in Italia.
Ci auguriamo che le cose possano cambiare. Intanto, MedFilm prosegue il viaggio, con curiosità e convincimento, difendendo quest’avamposto culturale, con l’obbiettivo di assicurare uno spazio permanente, a Roma, dedicato alle cinematografie mediterranee ed europee, estromesse dai, molto ridotti, circuiti commerciali italiani.

Ecco I VINCITORI della XVII edizione del MedFilm festival

Romania, Egitto e Tunisia gli ospiti d’onore di questa edizione. In apertura Achille Bonito Oliva ha consegnato il Premio Koiné a MICHELANGELO PISTOLETTO, tra i maggiori artisti contemporanei, convinto dell’urgenza di assumersi le responsabilità del fare per la società in particolare da parte degli artisti, ed è stato attribuito il PREMIO alla CARRIERA a SERGIU NICOLAESCU, un pezzo fondamentale di storia della cinematografia romena. Dalle sue lotte per la libertà e dal suo cinema ancorato alla storia e al presente, arrivano le meraviglie della Nuova Onda che ha fatto conoscere al mondo registi come Cristian Mungiu, Cătălin Mitulescu, Radu Muntean e Corneliu Porumboiu.
Durante la Cerimonia di premiazione è stato attribuito il PREMIO alla CARRIERA a OMAR SHARIF. Il Premio alla Carriera 2011 è il consueto riconoscimento dedicato ad un protagonista del cinema internazionale proveniente dal Paese Ospite d’Onore dell’edizione in corso.
Tra i protagonisti di questo viaggio Mediterraneo, la figura straordinaria, mitica di Omar Sharif svetta incontrastata. Dagli inizi con maestri del cinema egiziano quali Youssef Chahine e Kamal El Sheikh alla consacrazione internazionale del 1962 ottenuta con "Lawrence d’Arabia" di David Lean, la sua vita è stata un susseguirsi di successi e riconoscimenti. "Dottor Zhivago", "C’era una volta", "Funny Girl", "Il seme del tamarindo", "Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano" sono soltato alcuni titoli di una carriera meravigliosa ed intensa.
Dopo il Leone d’Oro ricevuto alla Mostra di Venezia nel 2003 e la medaglia d’onore assegnatagli nel 2005 dall’UNESCO, MedFilm Festival vuole rendere omaggio alla grandezza di Sharif nel contributo significativo che ha dato al mondo del cinema e alla diversità culturale.
Il Premio ad un autorevolissimo artista che ha incarnato nella vita e nella carriera la cultura del dialogo e si è fatto simbolo del Mediterraneo.

CONCORSO UFFICIALE

La Giuria Internazionale presieduta da Danielle Arbid, regista libanese, e composta dal regista israeliano Shlomi Elkabetz, l’attrice turca Serra Yılmaz, l’attore tunisino Ahmed Hafiene e l’attore romeno Adrian Păduraru, ha assegnato il Premio Amore e Psiche ed i riconoscimenti Menzione Speciale ed Espressione Artistica a

"ORION" di Zamani Esmati, Iran, 2010, 78’
e
"IO SONO LI (LI AND THE POET)" di Andrea Segre, Italia/Francia, 2011, 96’

A "Orion" per le tante sfumature con cui tratta il soggetto. Il film è una forte riflessione sulla perversione di un sistema, di come la censura penetra la mente dei cittadini, che diventano così carnefici di loro stessi. Il film da prova di grande creatività, in particolare nel lavoro sul montaggio.
A "Io Sono Li" per la precisione e la poesia con le quali tratta un soggetto attuale, per la compassione verso i propri personaggi, senza mai cadere nel sentimentalismo scontato né nella manipolazione esotica, per una particolare capacità di intercettare i cambiamenti profondi delle nostre società che fanno i conti con l’Immigrazione.

ESPRESSIONE ARTISTICA a "MORGEN" di Marian Crişan, Romania/Ungheria/Francia, 2010, 100’
Perché è una favola divertente e sincera tra un turco e un romeno, la cui amicizia cancella ogni frontiera possibile. Un film rappresentato da due incredibili attori, dove lo straniero non è Altro.

Menzione Speciale a "MICROPHONE" di Ahmad Abdalla, Egitto, 2010, 120’
Per l’audacia nell’aver girato una docu-fiction fuori dagli schemi su una gioventù che si batte per esistere in una città raramente mostrata sul grande schermo: Alessandria.

CONCORSO INTERNAZIONALE DOCUMENTARI
La Giuria Internazionale del Concorso Documentari composta dalla regista Antonietta De Lillo, dal regista e scrittore Mario Balsamo e dall’attrice romena Kristina Cepraga ha assegnato il Premio Open Eyes 2011:
Premio Open Eyes a "Iraq: war, love, god and madness" di Mohamed Al-Daradji, Iraq/Olanda/UK, 2010, 74’
Il sogno del cinema si incontra con una realtà drammatica e complessa, quella irachena: il risultato è un film forte che emoziona attraverso lo sguardo appassionato dell’autore e al contempo documenta una realtà socio-politica conflittuale.

MENZIONE SPECIALE a "This is my land… Hebron" di Giulia Amati e Stephen Natanson, Italia, 2010, 72’
Un lavoro che ha la grande dote di raccontare e far comprendere la durissima situazione israelo-palestinese attraverso la vita quotidiana di Hebron.

MENZIONE SPECIALE a "(No) Laughing Matter" (Blague à part) di Vanessa Rousselot, Francia/Palestina, 2010, 54’
Per aver trattato un tema ed un contesto particolarmente difficili attraverso l’originalità e la leggerezza dei sorrisi.

CONCORSO INTERNAZIONALE CORTOMETRAGGI
La Giuria Internazionale del Concorso Cortometraggi, composta da 10 studenti diplomandi delle Scuole Nazionali di Cinema di Egitto, Romania, Israele, Slovenia, Libano, Turchia e Italia e da 8 detenuti del “Nuovo Complesso” Roma Rebibbia, ha assegnato il Premio Methexis:
a "CHECKPOINT" di Ruben Amar, Francia, 2011, 19’
Perché evoca un messaggio forte e provocatorio con uno stile cinematografico estremamente accurato. È una storia locale ideata con un linguaggio universale che utilizza l’espressività degli attori catturata in squisiti primi piani, attraverso il sapiente utilizzo della musica, la sottile attenzione per i dettagli e soluzioni di montaggio innovative. È senza dubbio un racconto che arricchisce emotivamente toccando i nostri cuori e allo stesso tempo sfidando i nostri valori e le nostre opinioni.
Gli studenti, inoltre, hanno assegnato il Premio Cervantes, dedicato al cortometraggio più innovativo:
PREMIO CERVANTES a "IL CANE" di Andrea Zaccariello, Italia, 2011, 15’
I piani di un uomo per impiccarsi sono interrotti da un enorme e affamato Rottweiler, che lo mette alla prova e lo obbliga a chiedersi: “Odio davvero la mia vita?”. Questa situazione sembra familiare a noi tutti - anche perché qualcosa di simile accadeva al protagonista di "Umberto D." di Vittorio De Sica -, poiché abbiamo i nostri momenti di disperazione e il nostro Rottweiler da cui speriamo di scappare. Il film aggancia lo spettatore fin dalla prima scena, e porta abilmente attraverso un viaggio intenso pieno di sbalzi emotivi con nient’altro che una semplice storia universale, e un attore e mezzo.
ALTRI PREMI
La Giuria Piuculture, nata dall’incontro tra il MedFilm e il giornale Piuculture con l’intento comune di far conoscere popolazioni e culture straniere al pubblico italiano che spesso ne ha un’immagine sfuocata o distorta, è composta da Deniz Kocak, Teodora Elena Madasa, Mildred Rubite Sotero, Alì Solemainpour, Halima Tanjaoui. cinque cittadini che vivono a Roma ma provengono da Filippine, Marocco, territori Kurdi dell’Iraq, Romania e Turchia.
La Giuria ha assegnato ha assegnato il Premio all’opera che con maggiore lucidità e compiutezza ha saputo comunicare i temi da sempre cari al MedFilm.
Ex aequo a
"ZEFIR (ZEPHYR)"
di Belma Baş, Turchia, 2010, 93’
e
"IO SONO LI (LI AND THE POET)" di Andrea Segre, Italia/Francia, 2011, 96’
A "Zefir" perché rappresenta un tema attuale e poco affrontato, quello dei bambini che crescono lontani dai genitori, costretti per lavoro a trasferirsi in un’altra città o in un altro paese. Vedendo questo film si capisce il dolore della separazione e le conseguenze che ha sul rapporto tra genitori e figli.
A "Io sono Li" perché racconta il sacrificio di una madre ed è una storia di amicizia e di incontro tra culture. È un film che trasmette un messaggio universale e attuale. Ci ha colpito molto l’interpretazione degli attori, in particolare l’espressività della protagonista che riesce a trasmettere tutta la sua disperazione solo attraverso gli occhi.
La Giuria Studenti, composta da studenti universitari che frequentano il ciclo di incontri seminariali “La promozione dei Diritti Umani: dalla teoria alla pratica” organizzati da Ministero degli Affari Esteri e dal Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, incaricata di assegnare Premi alle opere delle varie sezioni che affrontino i temi cari al MedFilm nel rapporto con la sensibilità giovanile, ha premiato:
PER IL CONCORSO UFFICIALE:

"Morgen" di Marian Crişan, Romania/Ungheria/Francia, 2010, 100’
Per il suo alto e allo stesso tempo semplice messaggio di spontanea solidarietà. Per l’originalità nel mostrare naturale empatia con l’Altro, nonostante l’incomprensione linguistica, colpisce una forte e profonda carica comunicativa tra i due protagonisti. Il linguaggio umano che va oltre le convenzioni e le frontiere. Rompe le barriere.
Menzione Speciale a "SILENT SONATA" di Janez Burger, Slovenia/Irlanda/Finlandia/Svezia, 2011, 75’
Per l’originalità del tema allegorico affrontato e delle scelte comunicative di forte impatto emozionale e poetico.
PER IL CONCORSO INTERNAZIONALE DOCUMENTARI:
"No) Laughing Matter (Blague à part)" di Vanessa Rousselot, Francia/Palestina, 2010, 54’. Per il carattere volutamente ironico con il quale la regia si è misurata rispetto ad un tema di natura socio-politica in altri modi ostico da rappresentare. Grazie alla dissacrante poetica di cui è pregno contribuisce al rafforzamento di una positiva coscienza collettiva.
PER IL CONCORSO INTERNAZIONALE CORTOMETRAGGI:
"360⁰" di Maja Djokic, Spagna, 2009, 9’
Perché è una storia all’interno della quale una situazione quotidiana assume dei risvolti decisamente inusuali. Questo corto ha messo in luce, per la modalità singolare con la quale è stato girato e montato, come molto spesso si tenda a giudicare una circostanza senza sapere esattamente come siano realmente andate le cose e senza conoscere a fondo i fatti. Le nostre opinioni su ciò che accade possono spesso essere velate di una certa forma di pregiudizio, oppure essere formulate con superficialità ed uno zelo a volte inopportuno.

sabato 19 novembre 2011

A Terni la VII edizione del Popoli e Religioni - Umbria International Film Fest

‘Donne d’Oriente e Donne d’Occidente’ è il titolo della VII edizione del Popoli e Religioni - Umbria International Film Fest, in programma a Terni dal oggi al 27 novembre 2011, unico festival cinematografico in Italia esclusivamente dedicato al dialogo interreligioso e inter-etnico. In cartellone, tra le altre, l’anteprima nazionale del film “Intouchables” (in concorso) di Eric Toledano e Olivier Nakache, distribuito dalla Medusa e campione d’incassi in Francia. Tra gli eventi speciali, oltre alla presenza il 25 e il 26 della blogger tunisina Lina Ben Mhenni; l’incontro con Maria Grazia Cucinotta, che a margine delle proiezioni del suo corto “Il Maestro” e del film di Maikael Hafstrom “Il Rito” parteciperà ad una videointervista con l’esorcista Padre Amorth. Venerdì 25 l’Anica presenterà a Terni il suo Road Show Tax Credit cinematografico. Previsto anche, come da programma, un incontro con il maestro Krzysztof Zanussi, presidente onorario della manifestazione.
La Giuria del concorso internazionale è presieduta da Liliana Cavani e composta da Deborah Young, Renzo Rossellini, Guido Chiesa, Davide Rondoni.
Testimonial d’eccezione del tema portante che quest’anno permeerà tutte le iniziative della kermesse, tra incontri, film in concorso, lezioni di cinema ed eventi speciali, la blogger e attivista tunisina Lina Ben Mhenni, candidata al Nobel della Pace per aver dato impulso alla recente Primavera Araba.
Attesi al festival, tra le altre personalità del mondo della cultura e dello spettacolo: Pupi Avati (ospite d’onore), Krzyzstof Zanussi (presidente onorario), Francesco Patierno, Liliana Cavani (presidente della giuria internazionale del concorso), Guido Chiesa, Francesco Patierno, Daniela Poggi, Alice Rohrwacher, Lech Majewski, Valentina Lodovini, Maria Grazia Cucinotta (madrina della manifestazione), Claudia Koll, Francesco Salvi, Giobbe Covatta, Valeria Solarino, Isabella Ragonese; il critico Morando Morandini, le autrici Mariolina Venezia, Francesca Melandri, Rosella Postorino; il maestro Luis Enriquez Bacalov; il celebre esorcista Padre Amorth.
La manifestazione ideata dal Vescovo di Terni, Mons. Vincenzo Paglia, rilancia il suo messaggio di civiltà e di dialogo attraverso il cinema con un nuovo assetto e una ricca proposta coerente alle passate edizioni. “Nella declinazione del titolo del festival c’è tutto il significato e la missione dell’iniziativa: la vocazione di un evento – spiega il nuovo direttore artistico Pierluigi Frassineti, giornalista, scrittore e autore di fiction- che fonda la sua ragion d’essere sulla specificità del cinema come contenitore di storie e di emozioni, in un territorio in cui lo scambio culturale che non è utopia ma realtà documentata dalla partecipazione di un pubblico entusiasta appartenente ad ogni etnia, anzi, ancora meglio, ad ogni popolo”.
Il concorso internazionale è articolato attraverso la presentazione di film e documentari, alcuni dei quali inediti per l’Italia, con un ventaglio di proiezioni legate ai temi di riferimento del festival, e ulteriormente discussi in confronti col pubblico. Tra gli eventi speciali, il premio alla carriera attribuito quest’anno alla stessa Liliana Cavani; l’anteprima europea del film “Young Europe” di Matteo Vicino, girato con la partecipazione di 14 paesi europei; e “Oltre il Confine”, giornata in collaborazione con le rappresentanze diplomatiche in Italia che prevede la proiezione di pellicole scelte insieme agli uffici culturali delle ambasciate.
Tra le novità più importanti, oltre alla nutrita rassegna di cinema, l’emergere di format che mirano a presentare gli autori nelle forme più originali e variegate: Mezzogiorno d’Autore, striscia quotidiana di incontri eccellenti con letterati e artisti; “Coktail delle Arti”, salotto in cui si promuove - una ad una per i sette giorni del festival - un’Arte, rappresentata da autorevoli ospiti. Per la sezione Popoli e Religioni Scuola, rivolta agli studenti delle scuole medie e medie superiori della regione Umbria e di alcune provincie confinanti, sono previsti, a margine delle proiezioni, occasioni di incontro con personaggi della cinematografia e della cultura italiana sul tema della conoscenza dell’Altro e dell’educazione all’immagine.
In cartellone, inoltre, rassegne, concerti, spettacoli teatrali, una mostra fotografica di Manuela Maffioli, inedita in Europa, che ritrae i momenti più importanti e travolgenti della rivoluzione tunisina; le opere pittoriche di Stefania Panelli sulle “donne velate” e una serie di illustrazioni sui volti del cinema di Francesca Mezzi. La sezione Focus quest’anno è infatti dedicata alla visione delle cineaste, delle artiste e delle autrici del Nord Africa maghrebino attraversato da cambiamenti epocali, “in particolare - sottolinea il direttore artistico - dedicata all’emergere di uno sguardo femminile nel cinema arabo che è già, di per sé, una rivoluzione nella rivoluzione”.
Al Festival, fondato dall’Istess, Istituto di Studi Teologici e Sociali, quest’anno si affianca Umbria Vision Network, associazione di produttori creativi umbro-romani. Popoli e Religioni - Umbria International Film Festival si svolge sotto l’egida dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il patrocinio, tra gli altri, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del MIBAC - Direzione Generale del Cinema, del Ministero degli Affari Esteri, della Regione Umbria, del Comune e della Provincia di Terni, dell’Umbria Film Commission, del Pontificio Istituto di Cultura e della Diocesi di Terni-Narni-Amelia con la collaborazione di Cinecittà-Luce e della UIL-UNSA.

venerdì 18 novembre 2011

Da domani fino al 27 novembre a Roma, la XVII edizione del MedFilmFestival

Prende il via domani, e andrà avanti fino al 27 novembre, la XVII edizione del Medfilmfestival, manifestazione storica della Capitale che rinnova l’appuntamento di Roma con i protagonisti del cinema del Mediterraneo.
Apertura domani, 19 novembre alle ore 20.00, presso l’Auditorium della Conciliazione di Roma con una serata interessante e ricca a partire dall’attribuzione a Michelangelo Pistoletto del prestigioso riconoscimento Premio Koiné 2011. Nome di punta dell’Arte contemporanea, fortemente impegnato nella diffusione e nello sviluppo delle opere di giovani artisti attraverso il progetto Love Difference -Movimento Artistico per una
Politica InterMediterranea, Pistoletto realizza l’opera simbolo di questo progetto: un grande tavolo specchiante a forma di bacino del Mediterraneo, circondato da sedie tipiche provenienti dai paesi bagnati dalle sue acque. Un’opera simbolo che incarna il senso profondo del Premio Koiné: la ricerca dei punti di contatto e i linguaggi condivisi tra culture diverse. Nel corso della serata, verrà conferito il Premio alla Carriera a Sergiu Nicolaescu, colonna del cinema rumeno che, a partire dagli anni ‘60, con la sua attività di attore e regista, ha sostenuto il processo di libertà della Romania.
A dare ufficialmente il via al Festival, il film “Le Nevi del Kilimangiaro” di Robert Guédiguian, unica tra le opere in gara per il prestigioso riconoscimento europeo Premio Lux 2011, a godere di una distribuzione italiana (in sala dal 2 dicembre). Un film delicato, intenso che arriva dritto al cuore, un inizio in perfetta armonia con questa edizione del MedFilm festival che ringrazia la Sacher Distribuzione per questa prestigiosa proiezione di lancio per il pubblico italiano.
Il direttore artistico e fondatore del festival Ginella Vocca, propone un programma potente, graffiante con aperture di forte ironia, in 9 giorni di visioni si potranno vedere: 40 anteprime, 3 sezioni competitive, 12 film nel Concorso Ufficiale, 13 opere nel Concorso documentari, 18 cortometraggi nel Concorso Methexis, e ancora focus su Israele, Spagna e Marocco, ospiti internazionali e tante novità dal web.
Ospiti d’onore Egitto e Tunisia, con film, documentari e cortometraggi, un’immersione tra storie e volti della Primavera Araba, per raccontare, insieme alla voce dei loro autori, i fermenti che hanno preceduto la rivolta e le nuove democrazie in gestazione della sponda sud.
Nel suo confronto tra Mediterraneo ed Europa, il Festival si sposta ad est, e fa tappa in Romania, terzo Ospite d’onore di questa edizione davvero ricca. Film e registi per aprire una finestra sul nuovo cinema rumeno, con le sue storie originali, in bilico tra dramma esistenziale e magico realismo.

I film
La Competizione Ufficiale-Premio Amore e Psiche 2011, curata da Vanessa Tonnini, propone un viaggio di esplorazione in un cinema di utopia che allarga e dilata i confini mediterranei per spingersi nella multiforme fucina artistica dei Balcani, mai come quest’anno ricca di proposte stimolanti, dal metaforico e suggestivo sloveno “Silent Sonata”, al bosniaco “Sevdah for Karim”, cruda riflessione sulle ferite lasciate in eredità dalla guerra alle nuove generazioni – passando per l’entroterra turco di “Zephyr”, l’Iran di “The Orion” (film che vanta la partecipazione di Jafar Panahi al montaggio), l’Egitto dei giovani musicisti di “Microphone”, per ritornare nel cuore dell’Europa, in una misteriosa e ascetica Francia messa in scena da Bruno Dumont in “Hors Satan”.
La sezione Nuova Europa-Premio Lux è un’istantanea sul cinema del reale che gioca con se stesso, serissimo e diligente nel destreggiarsi tra spericolatezze formali, come nel polacco “The Mill and the Cross”, e tematiche audaci come quelle raccontate nel film austriaco “Michael”.
Open Eyes, il Concorso documentari curato da Gianfranco Pannone, che ha saputo disegnarne con libertà il profilo a partire dal sottotitolo - Il cinema (si) guarda -, offre una selezione di opere poeticamente ancorate al reale, nella descrizione di un presente quanto mai magmatico e incerto, eppure capace di fornire ancora risposte confortanti con lo spagnolo “Guest”, il tunisino “No More Fear”, l’israeliano “The Queen has No Crown”. Giurati della sezione documentari: Antonietta De Lillo, Kristina Cepraga e Mario Balsamo.
Il Premio Methexis, Concorso cortometraggi, curato da Alessandro Zoppo, è una panoramica sul cinema dell’istante, dalle visioni sfuggenti delle metropoli europee allo scalpitante e vivissimo cinema della sponda sud e mediorientale. Giurati del premio Methexis: gli studenti di cinema di 10 paesi e i detenuti della Casa Circondariale di Rebibbia.
Ad affiancare le giurie ufficiali quest’anno ci saranno anche quella di Più Culture, testata giornalistica online focalizzata sulla vita quotidiana degli stranieri che vivono a Roma nel II Municipio che per il MedFilm ha costituito un gruppo di cinque immigrati chiamati a giudicare i film in concorso, e una formata da circa venti studenti universitari romani i quali dovranno scegliere le migliori opere di ogni sezione.

Gli ospiti
Tra i protagonisti di questo viaggio Mediterraneo svetta la figura straordinaria, mitica di Omar Sharif, che verrà insignito del Premio alla Carriera 2011, durante la cerimonia di premiazione del 26 novembre, insieme a lui approderanno al festival i giurati del Concorso Ufficiale Premio Amore e Psiche 2011: Danielle Arbid (Libano), Shlomi Elkabetz (Israele), Adrian Paduraru (Romania), Serra Yilmaz (Turchia), l’attore Ahmed Hafiene (Tunisia).
E ancora Ismael Ferroukhi, presente in concorso con lo storico “Les Hommes Libres” (che vede come protagonista il divo franco-algerino de “Il Profeta”, Tahar Rahim), Sinisa Dragin e Marian Crisan autori rispettivamente di “If The Seed Doesn’t Die” e “Morgen”, entrambi in corsa per il Premio Amore e Psiche, il polacco Lech Majewski, il serbo Jasmin Durakovic, Andrea Segre, l’iraniano Zamani Esmati e Kristina Cepraga, giovane attrice rumena nota al pubblico italiano per le sue interpretazioni in popolari fiction televisive (“Don Matteo”, “Carabinieri”) e nei film “Gli Amici del Bar Margherita” di Pupi Avati e “Gianni e le Donne” di Gianni di Gregorio.
Per raccontare i momenti che hanno preceduto la rivolta araba e per ragionare sulle prospettive future dei paesi del Maghreb saranno presenti i registi tunisini Raja Amari con “Satin Rouge”, Mourad Ben Cheikh, autore dell’importante documentario “No More Fear” girato nei giorni della rivolta tunisina, e Jamel Mokni con il controverso “Hymen National”.

I Forum
Nel medesimo solco si pone la II° edizione della Giornata delle Letterature, organizzata da Irradiazione Editore, sotto l’attenta guida di Emanuela Gargallo e dedicata agli autori tunisini ed egiziani, così come il Forum: Incontri Professionali - IV Edizione Nuovi Confini dell’Europa, Nuovi Orizzonti Web, coordinato da Barbara Bruni e volto a sottolineare l’efficacia del web per la circolazione delle opere audiovisive, per l’accesso a nuove forme di finanziamento e soprattutto per la libera circolazione delle idee. A conclusione del forum verrà proiettato “18 Days”, film collettivo egiziano realizzato per restituire a caldo quanto accaduto durante i giorni della protesta di Piazza Tahrir.
L’Immagine 2011 del festival, intensa come le precedenti, è realizzata per il 3° anno, dall’artista Francesco Cuomo. L'opera - è ispirata alla vita e, nell’anno del volontariato, l'uomo che si alza dalla sedia dorata è un monito alla partecipazione, mentre le mani rappresentano un aiuto alla voglia di fare, all'unione, alla passione di creare-.
Nell’ambito della vetrina dedicata alla Romania si inscrive la collaborazione tra MedFilm e Pro Cult Cinemafestival, giovane evento a cadenza annuale dedicato alla promozione della cinematografia rumena in Italia, che proporrà in contemporanea con il Festival una selezione di lungometraggi, cortometraggi e documentari presso l’Accademia di Romania. L’Accordo racconta l’attenzione del MedFilm verso nuove realtà culturali, che con professionalità e coraggio si affacciano sul panorama culturale di Roma Capitale, come testimonia l'accesso diretto al Concorso Methexis del film vincitore della 1° edizione del Creative Contest 2011 - Short Film Festival gemellato alla manifestazione.
Infine, nell’Anno europeo del Volontariato, il convegno Virtutes Agendae organizzato da MODAVI Onlus e dedicato al volontariato come strumento di pace. Titolo dell’edizione 2011 Mediterraneo. Rotte di solidarietà, 3 i temi: nuovi possibili assetti geopolitici; nuove tecnologie e nuove generazioni; volontariato come strumento di pace.
Dal 19 al 27 novembre all’ Auditorium della Conciliazione e alla Casa del Cinema.

martedì 8 novembre 2011

Dal 12 al 16 novembre approda alla Casa del Cinema di Roma la nuova edizione del Pitigliani Kolno'a Festival, dedicato al cinema israeliano

Torna dal 12 al 16 novembre alla Casa del Cinema di Roma, il Pitigliani Kolno’a Festival, unica kermesse cinematografica in Italia dedicata al cinema israeliano e di argomento ebraico, diretta da Dan Muggia e Ariela Piattelli, che propone – a ingresso gratuito fino ad esaurimento posti - decine di nuovi titoli e prestigiosi ospiti, presenta film, documentari, capolavori ispirati a grandi libri e avrà come ospite d’onore la Bezalel Academy of Arts and Design.
“Il festival darà anche l’opportunità - nelle parole di Ronny Fellus, Consigliere del Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani, che produce e organizza il festival - di proporre attraverso un’accurata selezione della più recente produzione di film, documentari e cortometraggi, spunti di riflessione per superare una visione spesso logora e stereotipata che si tende ad avere di Israele e del mondo ebraico".
Ottima occasione anche per fare il punto sullo stato dell'arte del cinema israeliano e la sua giovane produzione. "La nuova onda dei cineasti israeliani punta sul presente – sottolineano Piattelli e Muggia - direttori artistici del PKF - e oggi il rapporto dell’individuo con ciò che lo circonda diventa il terreno, la materia della nuova generazione di registi, in cui il confronto con ‘l’attuale’ è essenziale per affermare la propria identità.”
Sarà proposto il meglio dell’ultima produzione cinematografica nella sezione “Sguardo sul nuovo cinema israeliano”, con anteprime in Italia, tra cui “Ajami” di Scandar Copti e Yaron Shani, considerata una tra le opere più significative e originali della cinematografia d’Israele, già insignita della Nomination agli Oscar per il miglior film straniero. Vincitore di cinque statuette al Premio “Ophir” dell’Accademia Israeliana e del Grande Premio al Festival di Gerusalemme, “Ajami” è il film d’esordio dei due registi, ma prima di tutto il nome del quartiere di Yaffo, terra di quotidiano conflitto, dove si svolge la storia. La pellicola è uno spaccato di una realtà difficile, resa con sapienza ed emozionalità, grazie a un vivido realismo.
L’oggi che si lega al passato è una delle principali caratteristiche del cinema israeliano odierno. Ne è esempio uno dei documentari presentati in questa edizione: “The Hangman”, di Netalie Braun, documentario che ritrae ai giorni nostri Shalom Nagar, l'uomo che giustiziò il criminale nazista Adolf Eichmann, condannato a morte dal tribunale di Gerusalemme.
Tra gli altri film presentati, molti dei quali accompagnati dai rispettivi registi ed interpreti, “Mabul” di Guy Nattiv, dramma sulle problematiche sociali nella storia di una famiglia ai margini della società: con il Mabul (ovvero il diluvio, metafora di un grande evento) si rompono gli equilibri già fragili di un quotidiano in cui la filosofia di vita è legata al vivere giorno per giorno. Quindi, “The Matchmaker” di Avi Nesher, ambientato ad Haifa nell’estate del 1968, racconta la storia del sedicenne Arik che inizia a lavorare come investigatore del sensale Yankele Bride, un misterioso amico del padre, entrambi sopravvissuti alla Shoah. Per Arik si apre un mondo tutto nuovo: conosce vari personaggi tra cui Clara, donna bella e fragile e Sylvia, una sopravvissuta agli esperimenti di Mengele. E proprio durante l‘estate s‘innamora per la prima volta…
Il tema della condizione sociale del presente è al centro di Teacher Irena, documentario diretto da Itamar Chen (che sarà presentato dai produttori Saar Yogev e Naomi Levari): la macchina da presa segue la maestra Irena ogni giorno dal suo squallido appartamento alla classe, il suo terreno di lotta è la periferia di Gerusalemme dove cerca di inserire i bambini nella società, di ricoprirli d’affetto e allegria, dando loro i mezzi per affrontare la vita e il futuro. Il declino di un uomo, la battaglia contro se stesso è il tema di “Wandering Eyes”, documentario firmato da Ofir Trainin, che racconta la storia del giovane musicista israeliano Gabriel Belhassan, affetto da una grave depressione. Il documentario entra nei pensieri e nella mente di Gabriel il quale riprende con la telecamera, come in un diario, la lotta contro la sua malattia.
Il Pitigliani Kolno’a Festival presenta inoltre una sezione intitolata “Cinema e letteratura”, nata per scoprire come i registi si confrontino con i capolavori di Abraham B. Yehoshua, David Grossman e Yehoshua Kenaz, grandi scrittori nel panorama letterario israeliano contemporaneo. Saranno presentati alcuni film tra cui “Infiltration” di Dover Koshashvili, tratto dall’omonimo romanzo di Yehoshua Kenaz,che, raccontando di un plotone in cui tutte le reclute sono affette da disfunzioni fisiche o mentali, riconduce all’attualità le divisioni interne alla società multiculturale israeliana negli anni Cinquanta e le problematiche di allora. Ma anche la versione cinematografica dell’omonimo romanzo firmato da Abraham B. Yehoshua, “Il responsabile delle risorse umane”, trasformato dallo sceneggiatore Noah Stollman e dal regista Eran Riklis in un road movie. Tra gli eventi, un incontro sulla letteratura israeliana tenuto da Emanuela Trevisan Semi.

Per la consueta sezione “Scuole di cinema da Israele”, quest’anno è ospite la Bezalel Academy of Arts and Design, la più prestigiosa scuola d’arte israeliana, di cui verranno presentati, in due programmi, gli straordinari corti d’animazione realizzati dagli studenti, all’avanguardia sulle nuove tecniche e linguaggi. Quindi i “Percorsi ebraici” dedicati ai ritratti di donne che hanno scritto la Storia, con la presentazione di film quali “Ahead of time” di Bob Richman, ritratto di Ruth Gruber - centenaria reporter americana - con testimonianze dirette e materiale di archivio inedito che scriveva per il New York Herald Tribune sulla condizione della donna sotto il Fascismo e il Comunismo, quando la professione di reporter era praticata quasi soltanto dagli uomini. Nel documentario “Shining Stars” la regista Yael Kipper racconta la storia di Maytal: un attentato terroristico le ha ucciso il fratello e devastato il corpo ma lei vuole riappropriarsi della vita diventando madre. La sezione “Jewish Animation” propone animazioni di argomento ebraico: “Mary and Max” del premio Oscar Adam Elliot, la serie di corti satirici sulla “Bibbia God & Co”, firmati dall’americano Stephen Levinson e “A Jewish Girl in Shanghai” di Wang Genfa e Zhang Zhenhui prima animazione cinese di argomento ebraico.
Tra gli ospiti del Pitigliani Kolno’a Festival, Roi Werner, apprezzato regista di videoclip musicali che presenta, insieme agli attori protagonisti Yaron Brovinsky e Keren Berger, il suo “2 Night”, lungometraggio d’esordio realizzato con un piccolo budget, in cui due trentenni, single di Tel Aviv trascorrono la notte insieme in macchina a cercare parcheggio: racconto notturno, poetico, originale, unico. Sarà presente anche lo sceneggiatore Noah Stollman, autore di “Adam Resurrected” (diretto da Paul Schrader), di “Qualcuno con cui correre” (tratto dal libro di D. Grossman) e de “Il responsabile delle risorse umane” di Eran Riklis. La regista Noa Ben Hagai che, insieme alla produttrice Elinor Kowarsky, presenta “Blood Relation”, documentario in cui tenta di ricucire la storia della propria famiglia arabo-israeliana, spezzata in due sessant’anni prima. La scrittrice, sceneggiatrice e documentarista, Francesca Melandri (tra le sue sceneggiature “Zoo” di Cristina Comencini, “Fantaghirò” di Lamberto Bava e “Don Matteo”), presente al festival con il documentario “Vera”. Quindi lo sceneggiatore e regista americano Stephen Levinson che presenta i suoi corti di animazione dalla serie “God & Co”. Hanan Kaminski, direttore del dipartimento di animazione alla Bezalel School of Arts and Design di Gerusalemme a cui è dedicata la sezione Scuole di Cinema da Israele.
Novità di quest’anno: il PKF Professional Lab, laboratorio di idee e di future collaborazioni tra le professioni del cinema italiano e israeliano che prevede tre eventi: Animazione Israeliana (con Hanan Kaminski, Luca Raffaelli e Leonardo Carrano); Italia-Israele: Sguardi a Contronto dedicato al documentario (con Giulia Amati, Stephen Nathanson, Noa Ben Hagai, Elinor Kowarsky, Saar Yogev, Naomi Levari, Mariangela Barbanente, Mario Balsamo) in collaborazione con DOC/IT e i 100 Autori; Created Reated By - Low Budget, High Content, sul segreto della competitività delle serie televisive israeliane nel mercato internazionale (con Noah Stollman, Marcello Olivieri, Giovanna Koch) in collaborazione con l’associazione SACT- Scrittori Associati di Cinema e Televisione Italiani.
Il Pitigliani Kolno’a Festival è realizzato, con il sostegno di Roma Capitale - Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico e con il contributo di: Regione Lazio; Assessorato alle Politiche Culturali della Provincia di Roma; Casa del Cinema; Unione delle Comunità Ebraiche Italiane- Fondi 8 per 1000; Ministero degli Esteri e Ambasciata d’Israele a Roma; Israel Film Fund; Israeli Documentary Filmmakers Forum; Rabinovich Foundation Cinema Project.
www.pitiglianikolnoafestival.it
PKF@pitigliani.it

venerdì 4 novembre 2011

Festival del Film di Roma. Due Marc'Aurelio per l'argentino "Un cuento chino" di Sebastian Borensztein, miglior film per giuria e pubblico

"Mi piace questa atmosfera così informale, amo Roma e gli italiani, amo moltissimo il cinema e il mio lavoro - ha detto Richard Gere ricevendo il Marc'Aurelio alla carriera -, questa vita straordinaria che ho potuto vivere. E’ una grande esperienza per me oggi, ma vorrei che questo premio non sia come dinosauro. Ieri ho potuto rendere omaggio al maestro Ennio Morricone con il mio primo film da protagonista, "I giorni del cielo", che ho visto per prima volta insieme a mia moglie, e abbiamo apprezzato insieme la colonna sonora di Morricone, davvero eccezionale, e mi sono rivisto così giovane, con cui ho avuto il David di Donatello, quello è stato un periodo di svolta, così come quello attuale in cui ricevo questo premio qui a Roma. Ho fatto 50 film, e facendo un rapido calcolo ho lavorato con circa un milione di persone, a cui dedico questo premio. E particolarmente a mia moglie in questo nostro anniversario di matrimonio".
Però il premio ufficiale del concorso, il Marc’Aurelio, anzi due, sono andati al film argentino-spagnolo “Un cuento chino” che ha messo d’accordo la giuria internazionale e il pubblico, aggiudicandosi i due maggiori riconoscimenti, oltre ad avere il Mouse d’oro, della critica specializzata on line.
"Questo è un film che parla della solitudine – esordisce il regista Sebastian Borensztein, dopo i ‘due discorsi’ di ringraziamento in italiano approssimativo ma comprensibile, tanto che li ha iniziati ironicamente entrambi allo stesso modo -, di come i destini possono essere più uniti, incrociati, di quello che si può pensare: Roberto vive dando la schiena al sistema, il fatto che gli sia toccato andare in guerra diciottenne alle Malvine (Falkland), è già un assurdo; una mucca che cade del cielo è un assurdo ma sono fatti che succedono. Entrambi reali. Quando ho letto la notizia della mucca piovuta dal cielo mi è venuto l’ispirazione e volevo cominciare il film proprio con quell'immagine: partendo dall'assurdo, raccontare le conseguenze di una guerra su una persona, perché il danno che resta è reale. La storia di un uomo che per un rovescio del destino, quando torna a casa scopre che il padre è morto. Un emigrato fuggito dall’Italia in guerra, affronta un'altra guerra che gli costerà la vista senza aver nemmeno partecipato. Volevo unire due tragedie per fare una commedia, sulla generazione che è andata in guerra. Avevo un debito, fare un film ma non di guerra, e con un finale all’insegna della speranza".
"Non sono stato in guerra solo per un caso – conclude -, non mi è toccato, però a molti amici miei sì, per fortuna nessuno di loro è morto, ma sono segnati a vita. Tutti, comunque, hanno vissuto la guerra perché si sono dovuti adattare ad una condotta, avere dei comportamenti e seguire le regole di guerra. Nonostante il reclamo delle isole sia giustificato, la guerra non lo è. Un elemento col quale i militari tentarono di perpetuarsi al potere, ma per chi è morto e per loro stessi, segnò la fine del regime".
"Ovviamente i film italiani sono stati tutti presi in considerazione – dichiara l’etoile Roberto Bolle, membro della giuria, a proposito dell’assenza di riconoscimenti per il nostro cinema -, pensavamo di poter dare un premio ad un film italiano, ma la qualità delle opere era alta, e questa è la miglior selezione che potevamo fare. La decisione è stata quasi all'unanimità, sono quelli che erano i preferiti, gli italiani arrivano subito dopo. Hanno vinto quelli che abbiamo giudicato i migliori".
Infatti la giuria ha ‘aggiunto’ due Marc’Aurelio speciali per assegnare dei riconoscimenti alla colonna sonora di “Hotel Lux” e il premio della Giuria a “The Eye of the Storm” dell’australiano Fred Schepisi.
"Ho avuto molta fortuna – dichiara Guillaume Canet, Marc’Aurelio al miglior attore per “Una vita migliore” di Cédrick Kahn e aggiunge sul personaggio -, non appena si ha fiducia in qualcosa, c'è la speranza che qualcosa possa cambiare. Se non si ha la forza sufficiente per opporsi si finisce per cadere in questa spirale, e lui cerca di fare del suo meglio per restare in piedi al meglio. Le persone che vivono in condizione di povertà, hanno sempre questo straordinario orgoglio perciò ho voluto interpretare questo film. Un uomo che non cerca mai di farsi compatire, vuole combattere".
"Tutti mi fanno la stessa domanda – dice la brava Noomi Rapace che si è aggiudicata il premio per la miglior attrice per ‘Babycall’ -, quando è che fai una commedia? io rispondo sempre che non intendo fare una commedia romantica, perché la trovo distaccata dalla realtà. Quando leggo una sceneggiatura tutto dipende dalla capacità di colpirmi che essa ha, e decido di fare il film o meno se è ‘necessario’. Sono una che si impegna al cento per cento, sono pronta a portare il progetto fino in fondo. Ma lo devo amare; più complesse, più sfacetature e più demoni nascosti ci sono, sono più interessanti. Quando ho letto questo copione per me è diventato una specie di ossessione, volevo incontrare il regista, fare il film. Una sceneggiatura che Pal ha scritto col cuore e perciò mi ha colpito moltissimo. Ha fatto un film molto personale, che mi è entrato dentro".
"Era molto felice – dichiara Maya Sansa che ha sentito al telefono Claude Miller, il regista che l’ha diretta in “Comme ils dansent”, Gran Premio della Giuria -. E’ stato bellissimo che sia stato invitato al festival e poter condividerlo con tutti voi, i miei amici, i miei parenti. E’ stata data a questo film la possibilità di una nuova vita, di un po' attenzione, visto che in Francia ha avuto una piccola distribuzione".
"E’ fantastico – afferma Schepisi -, naturalmente il premio dà credito al film, a tutto il lavoro fatto da tutti quanti, particolarmente dagli attori (infatti il cast è eccezionale, da Charlotte Rampling a Geoffrey Rush ndr.), persino la più grande attrice di teatro australiana ha una particina. Se hanno creato il premio proprio per me, significa che tutti lo hanno meritato, che è un buon film. E’ splendido che la giuria abbia deciso questi premi speciali. A volte diventa una specie di corsa, perché sono film diversi, è come paragonare una mela con un’arancia. Si saranno detti questo è un prodotto di qualità e dovrebbe avere un premio".
"Sono molto felice di aver ricevuto un premio speciale – confessa emozionato il compositore Ralf Wengenmayr -, un tale onore che uno dei migliori autori di musica per il cinema (Morricone, presidente della giuria ndr.), che scritto tanta bella musica mi abbia dato il premio. Lui è uno specialista, spero e credo non sia solo il suo parere”. E poi afferma che da quando nell’84 ha visto “C’era una volta in America” la colonna sonora del maestro italiano è per lui splendida, la più bella della storia del cinema.
"Ho detto che volevo fare un film né per bambini né per adulti – dichiara la regista ecuadoriana Tania Hermida P. che ha vinto il Marc’Aurelio sotto 13 di Alice nella città con “Nel nome della figlia” -, secondo me è un film per tutti, per il bambino che ognuno di noi si porta dentro, ha a che fare con questo. Quando diventiamo adulti ci portiamo dentro alcuni dogmi che abbiamo ereditato dalla famiglia, dal cattolicesimo, dal comunismo. E’ un’avventura per sfuggire da questi dogmi e arrivare alla propria identità. Un’avventura che continuo a fare ogni giorno. Nel mio paese il film è stato vietato minori 14 anni, qui ha vinto grazie a una giuria di minorenni. Non è che i bambini non possano capire, tanto che molti ragazzi sono andati al cinema con i genitori e ne sono rimasti entusiasti. Vedremo quale sarà la reazione del pubblico italiano, perché non è per bambini in termini convenzionali. Richiede un certo sforzo, e far parte della selezione di Alice nella Città dimostra che nemmeno essa è per ragazzi in senso convenzionale, anche perché i bambino non solo la capiscono, ma meglio di noi!”.
"Cosa mi aspetto dal pubblico italiano? – si chiede Bavo Defurne, autore di “North Sea Texas”, Marc’Aurelio Alice nella città sopra i 13 anni -, faccio dei film, spero possano toccare il cuore persone. In Belgio è possibile il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma non viene accettato dalla gente. Sono pochissimi i film fatti sull'amore tra due ragazzi maschi, volevo vedere situazioni del genere sullo schermo senza soffermarmi sugli aspetti giuridici. E’ un film sull'amore, e sono felicissimo che la giuria (di adolescenti provenienti dalle scuole ndr.) l'abbia apprezzato, e che Atlantide lo abbia acquistato, perché è una visione artistica particolare. Mi auguro che anche il pubblico lo apprezzi".
"Non credo aiuti a risolvere i problemi attuali dell’Iran – dichiara l’attrice Sarah Kazemy, protagonista di “Circumstance” di Maryam Keshavarz, Marc’Aurelio esordienti della sezione L’Altro Cinema / Extra, fuori concorso -, il fatto è di parlare e discutere su un tema che al cinema viene affrontato per la prima volta. Presentarlo nei festival, dove dopo viene acquistato ed esce in sala, serve a mettere in contatto la gente, a far capire allo spettatore quello che accade oggi in Iran".
"Nel mio film non si parla in particolare della maternità – dice Emmanuelle Millet, premiata come esordiente per “La Brindille”, in concorso nella sezione Alice nella città -, ma dell'abbandono, sulle donne che abbandonano i figli. Mi sono fatta raccontare le loro esperienze, ho sentito anche chi lavora nella sanità, nelle associazioni, nei centri per la maternità. Poi ho deciso di dimenticare tutto ciò per entrare nel discorso di quella donna, senza giustificarla, di pedinarla per farmene un’opinione".
"Il rapporto che abbiamo con tutte le persone del film – dice Ashley Sabin della protagonista del documentario “Girl Model”, co-diretto con David Redmon, premiato nella sezione L’Altro Cinema / Extra -, sono pieni di inganni, di incomprensioni. Cosa si chiederanno? Cosa c'è dietro la barriera? Ci sono rapporti a livello superficiale, in quanto a capirle non è facile".
"Io sto aspettando un nuovo lavoro – chiosa ironicamente Debra Winger, membro della giuria internazionale -, questo è stato sorprendente, siamo stati molto uniti. Non avevamo molto tempo per giudicare, ma è stato sempre chiaro, e i giudizi emergevano facilmente. Ho partecipato a molte giuria ma non è sempre così, sono contenta che nessuno sia stato arrestato. E non ho nulla di piccante da raccontare".
"Alla fine non grande soddisfazione, il mix di film che vuoi premiare. Quello che conta, migliore o non migliore, finissero nella visione della gente".
“E’ stato di grande ispirazione vedere così tanti film in così poco tempo, e poi doverne parlare – dichiara Carmen Chaplin -, il lavoro della giuria è simile all'esperienza dei frequentatori di festival, si fa con entusiasmo, in modo diverso, aiuta molto e fornisce nuova ispirazione".
"Abbiamo scelto il film che ci ha emozionato maggiormente, unito, colpito – conclude Bolle -, la piacevolezza di ‘Un cuento chino’ risiede anche nella profondità dei messaggi. Un estraneo in casa nostra è un problema reale, attuale, trattato in maniera molto leggera, divertente. Tutti d'accordo a volerlo premiare perché profondo, piacevole, emozionante insieme".
José de Arcangelo

ECCO TUTTI I PREMI:
I PREMI ASSEGNATI DALLA GIURIA INTERNAZIONALE
Una giuria internazionale presieduta da Ennio Morricone e composta da Susanne Bier, Roberto Bolle, Carmen Chaplin, David Puttnam, Pierre Thoretton, Debra Winger ha giudicato i film in concorso nella Selezione Ufficiale. La giuria internazionale ha assegnato il:
- Premio Marc’Aurelio della Giuria al miglior film: Un cuento chino di Sebastián Borensztein
- Premio Marc’Aurelio della Giuria alla migliore attrice: Noomi Rapace per Babycall
- Premio Marc’Aurelio della Giuria al miglior attore: Guillaume Canet per Une vie meilleure
- Gran Premio della Giuria Marc’Aurelio: Voyez comme ils dansent di Claude Miller
- Premio Speciale della Giuria Marc’Aurelio: The Eye of the Storm di Fred Schepisi
- Premio Speciale alla colonna sonora della Giuria Marc’Aurelio: Ralf Wengenmayr per Hotel Lux

IL PREMIO ASSEGNATO DAL PUBBLICO
Attraverso un sistema elettronico, il Festival ha previsto la partecipazione degli spettatori all’assegnazione del Premio BNL del pubblico al miglior film. I film che hanno partecipato al premio sono quelli in concorso nella Selezione Ufficiale. Il pubblico ha assegnato il:
- Premio BNL del pubblico al miglior film: Un cuento chino di Sebastián Borensztein

IL PREMIO ASSEGNATO AL MIGLIOR DOCUMENTARIO PER LA SEZIONE L’ALTRO CINEMA | EXTRA
Un’apposita giuria internazionale, diretta da Francesca Comencini e composta da Pietro Marcello, James Marsh, Anne Lai, Meghan Wurtz ha assegnato il:
- Premio Marc’Aurelio al miglior documentario per la sezione L'Altro Cinema | Extra: Girl Model di David Redmon e Ashley Sabin

I PREMI ASSEGNATI DALLE GIURIE DI RAGAZZI
Ai film in concorso nella sezione Alice nella città sono stati attribuiti due premi Marc’Aurelio Alice nella città. Sono stati votati da due giurie, una composta dai ragazzi sotto i 13 anni e una dai ragazzi sopra i 13. Le giurie di ragazzi hanno assegnato il:
- Premio Marc’Aurelio Alice nella città sotto i 13 anni: En el nombre de la hija di Tania Hermida P.
- Premio Marc’Aurelio Alice nella città sopra i 13 anni: Noordzee Texas di Bavo Defurne

IL PREMIO MARC’AURELIO ESORDIENTI
Grazie alla collaborazione con il Dipartimento della Gioventù della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato assegnato il Premio Marc’Aurelio Esordienti, trasversale a tutte le sezioni del Festival, e destinato al regista della migliore opera prima. La giuria presieduta da Caterina D’Amico e composta da Leonardo Diberti, Anita Kravos, Gianfrancesco Lazotti, Giuseppe Alessio Nuzzo ha assegnato il:
- Premio Marc’Aurelio Esordienti: ex aequo Circumstance di Maryam Keshavarz – La Brindille di Emmanuelle Millet

IL PREMIO MARC’AURELIO ALL’ATTORE
Il riconoscimento è stato assegnato a Richard Gere, il divo di Hollywood da sempre impegnato in battaglie umanitarie, protagonista di film popolari come American Gigolo, Ufficiale e gentiluomo, Pretty Woman e interprete per autori come Robert Altman, Akira Kurosawa, Sidney Lumet, Francis Ford Coppola, Todd Haynes, Terrence Malick.

Assegnati i premi collaterali della VI edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Riconoscimenti per "Hotel Lux" e per "L'industriale"

ROMA, 4 - Giornata di premiazioni ed addii per il Festival Internazionale del Film di Roma. Sono stati assegnati stamattina i Premio Collaterali della Sesta edizione. Il Premio L.A.R.A. (Libera Associazione Rappresentanza di Artisti) al miglior interprete italiano è andato a Francesco Scianna per l'interpretazione nel film "L'industriale" di Giuliano Montaldo. Menzione speciale a Francesco Turbanti per l'interpretazione nel film di Roan Johnson "I primi della lista".
Premio Farfalla d'oro - Agiscuola a "Hotel Lux" di Leander Haussmann; Premio Enel Cuore al documentario "Girl Model" di David Raimond e Ashley Sabin, menzione speciale per "The Dark Side of the Sun" di Carlo Shalom Hintermann; mentre il Premio Hag - Pleasure Moments è per il bel ritratto 'danzante' della grande "Pina", diretto da Wim Wenders e da oggi nelle sale italiane.
Premio Lancia Eleganza e Temperamento alla bellissima (e bravissima) Zhang Ziyi per l'interpretazione in "Love for Life"; 3 Social Movie Award a Pierfrancesco Favino per "L'industriale" di Giuliano Montaldo; Premio Speciale WWF "Urban City - Green Style" a "African Women: in viaggio per il Nobel della pace" di Stefano Scialotti; Premio Distribuzione Indipendente alla miglior opera da svelare (sezione L'Altro cinema / Extra) a "Turn Me On, Goddammit!" di Jannicke Systad Jacobsen; Pemio Focus Europe al miglior Progetto Europeo per "Rising Voices" di Bénédicte Liénard e Mary Jimenez, premio Eurimages Co-production Development Award a "Off Frame" di Mohanad Yaqubi.
Durante la cerimonia è stato anche annunciato il vincitore della Vetrina dei giovani cineasti italiani: il cortometraggio "Appartamento ad Atene" di Ruggero Dipaola. Il film è stato proiettato al termine della premiazione.
Consegnato anche stamattina, allo Spazio Di Saronno Contemporary Terrace dell'Auditorium Parco della Musica, il premio di eccellezna nel cinema "Un sorriso diverso" a Pierfrancesco Favino per la sua interpretazione nel film "L'industriale" di Giuliano Montaldo. Il ritratto di un uomo "che dà più valore al fattore umano che al denaro nonostante le gravi ripercussioni dovute alla crisi economica".

Il premio, creato dall'Associazione U.C.L. "L'Università cerca lavoro", va all'attore/attrice o al registas del film presentato al Festival che si sarà distinto per l'intepretazione o la trama che ponga al centro dell'attenzione il valore della diversità fisica, economica, etnica, religiosa e sessuale della persona, esaltandone il ruolo positivo nella società civile.

I nomi dei candidati sono stati segnalati da Mario Sesti come rappresentante del Festival di Roma e tra questi è stato scelto il vincitore dal direttore artistico del Festival Internazionale Tulipani di Seta Nera, Mary Calvi, e da una giuria di esperti composta da critici di cinema coordinata dal giornalista Nino Petrone, presieduta dal Segretariato Sociale Rai, con la collaborazione dell'Assessorato alla Cultura, Arte e Sport della Regione Lazio, dell'Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale, di Medusa Film spa, Rai Cinema, Laziodisu, Consequenze, Blindsight Project e Indicinema.

Le altre candidate erano Claudia Gerini per "Il mio domani" di Marina Spada e Valeria Golino per "La Kryptonite nella borsa" di Ivan Cotroneo.
José de Arcangelo

giovedì 3 novembre 2011

Per l'ottantesimo compleanno dell'inimitabile Monica CinecittàLuce ha presentato il libro "La Dolce Vìtti" al Festival Internazionale del Film di Roma

Per celebrare Monica Vitti nel giorno del suo ottantesimo compleanno, presentato oggi 3 novembre al Festival Internazionale del Film di Roma – al Lancia Café -, il libro “La Dolce Vitti”, a cura di Stefano Stefanutto Rosa ed edito da CinecittàLuce, con il contributo del Centro Sperimentale di Cinematografia e il MiBac – Direzione Generale per il Cinema, come omaggio alla grande attrice, costretta a ritirarsi quasi vent’anni fa dalla terribile malattia.
Un caloroso omaggio e un amorevole ricordo della prima e unica mattatrice della commedia italiana, scoperta gi
ovanissima da Sergio Tofano – è lei stessa che lo ricorda -, quando era ancora all’Accademia; approdata sul grande schermo grazie a Michelangelo Antonioni e ai suoi drammi sull’incomunicabilità, perché per gli altri il suo volto era troppo moderno e spigoloso, poco italiano e con un naso ‘da rifare’, e una voce ‘arrugginita’. Invece la bellezza e la forza della Vitti donna e attrice stava proprio in quel suo viso sì particolare ma espressivo, moderno ma non anonimo, anzi universale.
“Ero tutta sbagliata per il cinema di quegli anni – dice. Ero bionda, alta, secca, il seno non ce l’avevo, avevo la vita larga, e questa voce qui. Era sbagliato il mio naso, la mia faccia non era italiana: fisicamente ero un personaggio che non corrispondeva a nessun canone di allora”.
Il volume è una ricca e accurata raccolta di scritti, dichiarazioni ed interventi di chi l’ha conosciuta e ammirata nella vita privata e nel lavoro, dal marito Roberto Russo – che ha concesso foto e scritti dell’attrice – ai registi (da Dino Risi a Ettore Scola) che l’hanno diretta, dai colleghi (da Alberto Sordi a Giancarlo Giannini) e giornalisti (da Enrico Lucherini a Laura Delli Colli) che l’hanno incontrata o intervistata lungo la sua carriera, dagli anni Cinquanta ai Novanta.
Ne viene fuori il ritratto di un’attrice completa, di una donna intelligente e impegnata, (auto) ironica e inimitabile. Insostituibile, ancora oggi, in cui la commedia tenta e sembra decollare, anche se qualche ereditiera cerca di farsi strada. Chi non ricorda “La ragazza con la pistola” la pellicola-lancio per la Vitti comica diretta da Mario Monicelli o “Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola alzi la mano…
Tanti auguri cara, dolce Monica. Grazie per averci regalato tante emozioni e altrettante risate!

José de Arcangelo

Al Festival Internazionale del Film di Roma è arrivato il divo Richard Gere, accompagnato dalla moglie Carey, in attesa del Marc'Aurelio alla carriera

ROMA, 3 - Ultimi fuochi per la VI edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, segnata dall'arrivo del divo Richard Gere - accompagnato dalla moglie Carey Lowell (la ricorderete in “Law & Order”, dove era Jamie Ross) -, che domani riceverà il Marc'Aurelio alla carriera, dopo aver incontrato oggi il pubblico non solo romano del festival e presentato "I giorni del cielo" di Terrence Malick, la sua prima interpretazione da protagonista assoluto, allora giovanissimo e secondo del grande regista, con la colonna sonora firmata niente meno che da Ennio Morricone, presidente della giuria internazionale.
Per i documentari fuori concorso de "L'altro cinema / Extra" è stato presentato "Case chiuse" di Filippo Soldi, che racconta - in meno di un'ora - la storia delle cosiddette 'case di tolleranze' dall'impero romano fino ad oggi raccontate da studiosi dell'antichità ed esperti di arte figurative, da registi come Tinto Brass e Lino Wertmuller ad attori come Lando Buzzanca, da Luciana Castellina a Eva Cantarella. Storie di costume e di letteratura, di ricordi e memoria, tra sfruttamento ed estasi, tra seduzione e disperazione. Un fenomeno che anche oggi conosce una sorta di revival, tanto che a Berlino esistono centri di lusso - dove per la prima volta si riesce ad entrare la videocamera - che sembrano spa di alta classe e dove si offrono prestazioni erotiche professionali.
Un'insolito viaggio alla ricerca dei luoghi del piacere a pagamento, ma anche di posti di delusione amorosa o di scoperta del sesso in tutte le sue sfacetature. Un documentario che si rivela un film a tutti gli effetti perché costruito e montato in modo agile e illuminante.
"Catching Hell" di Alex Gibney, si domanda cosa significa diventare oggi un "capro espiatorio"? Nel caso specifico essere considerato responsabile di una delle sconfitte più clamorose della storia del baseball. Lo spunto viene da un episodio verissimo: i Chicago Cubs sono a un soffio dal vincere il campionato. La palla vola alto, sembra un fuori campo, il ricevitore salta, sta per afferrarla quando una mano, tra gli spettatori, la sfiora deviandone la traiettoria. Da quel momento in poi il match è una catastrofe. Il regista, non solo analizza all'infinito ogni filmato dell'accaduto, ma si mette sulle tracce di Steve Bartman che vive nascosto perché, come succede fin dai tempi della Bibbia, e forse anche prima, tutto il mondo ne ha fatto il responsabile di eventi avversi e inaccettabili. E ci fa ascoltare la testimonianza di sportivi ed esperti, di tifosi e amici.
Altri documentari e film della ricca sezione, come questo, non è stato facile riuscire a vederli perché programmati solo una volta e in sale meno capienti, come il Teatro Studio, tra questi abbiamo dovuto rinunciare a "Diversamente giovane" di Marco Spagnoli, dedicato all'avvocato Giovanna Cau, 88 anni vissuti senza mai andare in pensione, un carattere proverbiale ed una intelligenza intraprendente e mercuriale, collaboratrice decisiva di personaggi come Fellini e Mastroianni, Calvino e Moravia, Scola e Lizzani, Francesco Rosi e Monica Vitti fino a Sorrentino e Crialese. Ma anche all'atteso evento speciale "L'ultima fantasia di Furio Scarpelli" con la presentazione di "Tormenti - Film disegnato" del nipote Filiberto Scarpellli. Sui disegni-fumetto del leggendario sceneggiatore, scomparso l'anno scorso, il nipote ha realizzato la sua originale opera prima e la definizione 'film disegnato' è dello stesso Furio, autore anche della sceneggiatura. Ogni personaggio è studiato nei minimi dettagli, con grande attenzione nella ricerca iconografica sul costume. E con le voci di Alba Rohrwacher, Luca Zingaretti, Valerio Mastandrea, Elio Pandolfi e Omero Antonutti.
Un altro evento il documentario "Noi di settembre" di Stefano Veneruso, una sorta di "confessione" intima e diretta di Franco Califano, uno delle figure più originali e controverse del panorama musicale italiano.
Interessantissima anche la selezione contemporanea del Focus dedicato quest'anno alla Gran Bretagna, anche perché il livello delle opere presentate è stato decisamente alto. A chiudere la rassegna è stato "Wild Bill", opera prima dell'attore Dexter Fletcher (ve lo ricordere, giovanissimo, nel "Caravaggio" di Derek Jarman), dopo il sorprendente debutto del collega Paddy Considine con "Tyrannosaur", passato il 30 ottobre.
"Wild Bill" è un dramma, tra film d'azione e noir psicologico, tra western contemporaneo e romanzo di formazione (dei figli dei protagonista). Coinvolgente e commovente, duro e al tempo stesso delicato. Dopo otto anni di carcere, Bill Hayward (Charlie Creed-Miles) torna a casa in libertà vigilata, in un quartiere difficile dell'East End di Londra, dove violenza e droga sono all'ordine del giorno. Scopre che dovrà occuparsi dei figli, Dean (Will Poulter) di quindici anni, e Jimmy (Sammy Williams) di undici, abbandonati dalla madre e determinati a cavarsela da soli. Bill, prima avverso al ruolo di padre, vorrebbe andarsene ma si ritrova costretto a farlo. Impaurito ed immaturo tanto quanto i suoi figli, il 'selvaggio Bill' affronta un difficile percorso di redenzione.
Tra gli altri film presentati nella sezione "Occhio sul mondo / Focus", "Weekend" di Andrew Haigh, storia di un amore omosessuale; "The British Guide to Showing Off" di Jes Benstock; "Page Eight" del drammaturgo, scrittore e regista David Hare; "Trishna", ultima fatica di Michael Winterbottom con l'indiana Freida Pinto (da "The Millionaire" a "L'alba del Pianeta delle Scimmie"), tratto da "Tess of the D'Urbevilles" di Thomas Hardy, trasposto nell'India di oggi.
José de Arcangelo

mercoledì 2 novembre 2011

Al Festival di Roma, dalla Napoli anni '70 alla New York contemporanea, passando dalla Cina anni '90, fra Kryptonite, disagio e Aids

ROMA, 2 - Presentati gli ultimi due film in gara del concorso ufficiale del Festival di Roma, il quarto film italiano “La Kryptonite nella borsa” è l’opera prima dello scrittore e sceneggiatore Ivan Cotroneo e il cinese “Love for Life” di Gu Changwei con la bellissima Zhang Ziyi, eroina delle avventure d’azione in costume, quali “La tigre e il dragone”, “Hero” e “La foresta dei pugnali volanti” ma anche dell’americano “Memorie di una geisha”; e Aaron Kwok, già divo di Hong Kong.
Il film italiano – da venerdì 4 nelle sale in 130 copie distribuito da Lucky Red – è tratto dal romanzo omonimo (Bompiani, ora in edizione tascabile) dello stesso Cotroneo e da lui adattato con Monica Rametta e Ludovica Rampoldi, è una commedia che narra una vicenda famigliare ambientata negli anni Settanta. Napoli 1973: Peppino Sansone (Luigi Catani) ha 9 anni – quasi 10 -, una famiglia affollata e piuttosto scombinata e un cugino più grande, Gennaro (Vincenzo Nemolato), che si crede Superman. Le giornate del ragazzino si dividono tra il mondo un po’ folle e colorato dei giovani zii Titina (Cristiana Capotondi) e Salvatore (Libero De Rienzo) fatto di balli di piazza, feste negli scantinati, collettivi femminili e la sua casa, dove la mamma Rosaria (Valeria Golino) si è chiusa in un silenzio incomprensibile, fra crisi esistenziale e depressione, e il padre Antonio (Luca Zingaretti) cerca di distrarlo regalandogli pulcini da trattare come animali da compagnia.
E quando Gennaro muore (travolto da un autobus), la fantasia di Peppino riscrive la realtà e lo riporta in vita, come se il cugino fosse veramente il supereroe che diceva di essere. E, grazie a questo amico immaginario, che il bambino riesce ad affrontare le vicissitudini della sua famiglia e ad accostarsi al mondo degli adulti.
“Oltre che uno sguardo appassionato alla storia di formazione, volevo fare una riflessione su tre generazioni di donne – esordisce Cotroneo -, un po’ perché ho scritto la sceneggiatura con due donne, un po’ perché volevo restituire ai personaggi femminili credibilità, far vedere che spesso sono vittime di trappole familiari”.
Una commedia che parte brillantemente e, purtroppo, si inceppa nella parte centrale – quando prende il sopravvento il personaggio della mamma in crisi -, e dove la trasgressione eversiva anni Settanta resta un po’ in superficie, anzi in sottofondo, quasi di maniera. Sempre comunque accattivante, e sottolineata da una bella colonna sonora d’epoca.
“Lavoro poco con persone che stimo e alle quali voglio bene come in questo caso – dichiara la Golino – ricordo che sono stata molto protetta e ben voluta e, forse, per questo ricordo poco del personaggio. Mi sono dimenticata della vanità e dell’esteticità, liberata dalle preoccupazioni e dei fronzoli dei personaggi. Sapevo che lo sguardo di Ivan lo avrebbe abbellito e ci ha permesso di lavorare in una sorta di noce, tana o cuccia nel segno dell’amicizia con Luca, Libero, Cristiana e questo piccolo coso (Catani che fa il figlio ndr.) e, in in un altro senso, con Fabrizio (Gifuni che fa lo psicologo ndr.), che mi sono sentita in un’altra dimensione. E’ stato veramente come stare a casa mia”.
“L’atmosfera che ha regnato nel film, a livello personale e umano, è stata molto bella – ribatte Zingaretti –personaggi così ben raccontati dalla sceneggiatura è raro trovarli. Per ogni percorso, ogni rapporto con gli altri c’erano delle indicazioni chiare. E’ importante per un attore sentirsi parte di un progetto perché in questo modo trasmette del suo e meglio al personaggio. Mi sono divertito tanto a fare un uomo anni ’70, ben disegnato senza implicanze psicologiche e psicoanalitiche, in un film sul come eravamo e vedere che siamo sopravvissuti bene con qualcosa in più del necessario”.
“Un clima familiare e affettuoso, non ho avuto difficoltà come in altri film a fare il percorso evolutivo del personaggio, e mi sono divertita a costruire questa ragazza un po’ frivola che finisce per instradarsi sulla scia della tradizione matriarcale, a ripercorrere la strada che già avevano fatto la nonna, la madre e la sorella maggiore. E ci sono contrasti anche con la sorella Rosaria perché è più disinibita, e pensa ancora di vivere più profondamente”.
“Io sono stato sul set in una sorta di bolla sospesa – afferma Gifuni – perché ci ho lavorato soltanto tre giorni e in unico ambiente, ma sono stato sorpreso dalla tranquillità che vi regnava. Ivan trasmette una serenità che sul set spesso latita. Una bella liberazione dopo il ruolo di Basaglia”.
“La paura mi ha sempre aiutato a lavorare bene – ribatte De Rienzo -, ma in questo caso non c’era, solo nella sequenza del ballo (balla un rock psichedelico con la Capotondi ndr.)”.
“Peppino me lo sono sentito dentro – confessa il piccolo Catani -, in verità è stato Ivan a raccontarmelo, mi ha aiutato moltissimo, ma al primo provino l’ho già sentito mio”.
“Per me era importante lo sguardo del bambino – aggiunge l’autore – mi hanno sempre interessato i libri, il ‘cinema dal punto di vista dei bambini, come ‘L’isola di Arturo’ di Elsa Morante. Negli anni ’70, che erano molto modesti, non c’era tanta ricchezza nel guardaroba, nei negozi, nelle case persino in quelle dell’alta borghesia. I ragazzi con meno disponibilità economica uscivano con quelli che avevano molto di più. Volevo riportare in vita quelli anni lì ma non in maniera nostalgica. Non è un ricordo ma il racconto di come si viveva allora, sulla condizione delle donne. Luca è un padre normalmente presente, affettuoso ma non ha gli strumenti, cosi come gli stessi zii che gli vogliono bene ma senza pedagogia”.
“Ho pensato che vivendo in una maniera migliore che in quelli anni – dice Zingaretti -, a parte il borsello che era brutto ma tanto comodo perché non avevi bisogno di tante tasche come oggi, rimpiango la capacità di lottare per le cose che si desideravano e si riuscivano ad ottenere. I due giovani lottano e sognano un futuro migliore, Rosaria e Antonio lottano per restare insieme. Oggi su questo aspetto un po’ di meno”.
“Ricordo da bambina napoletana, i primi anni ’70 in Grecia dove c’erano i colonnelli – ribatte la Golino – erano un altro pianeta, e poi in pochissimi anni sono successe tante cose. Erano molto familiari, c’era un affetto non pedagogico, mi riconosco molto, al di là della casta sociale. E’ soprattutto il modo di vivere l’infanzia che era molto diverso, magari oggi c’è più attenzione e rispetto all’essere bambini, ma allora avevi la possibilità di annoiarti e di fare le cose di persona, di ritrovarsi tutti insieme in casa”.
Il cinese “Love for Life” di Gu Changwei, è un dramma – in raro equilibrio fra mélo e commedia surreale, fra pubblico e privato –, infatti è anche una straziante love story, ambientata in un piccolo villaggio agli inizi degli anni Novanta: un traffico illecito di sangue ha diffuso l'aids nella comunità. E ruota intorno alla famiglia Zhao: Qi Quan, il figlio maggiore, è stato il primo a indurre i vicini a donare il sangue con la promessa di denaro facile. Il padre, disposto a tutto pur di rimediare al danno causato dalla sua famiglia, trasforma la scuola locale in una casa di cura per i malati. Fra i pazienti c'è il suo secondo figlio De Yi (Kwok), che affronta la morte imminente con rabbia e incoscienza, ma incontra la bellissima Qin Qin (Ziyi), moglie del cugino, recente vittima del virus. I due sono attratti l'uno dall'altra, condividendo l'amarezza e la paura del loro destino. Pur senza aspettative per il futuro, diventano amanti ma si accorgono presto di essere davvero innamorati l'uno dell'altra. Il sogno di vivere la loro relazione in modo legittimo e libero viene compromesso quandoi compaesani li scoprono: con il tempo che scivola via, devono decidere se arrendersi o dare una possibilità alla felicità prima che sia troppo tardi.
Il tutto narrato dal figlio di Qi Quan, la prima vittima innocente della terribile malattia, che muore proprio all’inizio della pellicola, spunto preso in prestito dai classici del noir.
“Un grande discorso quello affrontato dal film – dichiara il regista cinese -, in particolare per un paese come il nostro; il racconto di come questa comunità contadina, svantaggiata nel process o di sviluppo economico, incontra un nuovo pericolo, sconosciuto allora. L'Aids per i cinesi è un discorso molto delicato, su cui c'è una certa sensibilità: per questo non è stato facile farne un film, siamo stati costretti ad accettare dei compromessi. Nonostante tutto, siamo riusciti a portarlo a termine”.
“L'ho fatto perché il sentimento umano rappresentato nel film – afferma la protagonista, una delle star del festival -, secondo me non ha confini culturali o nazionali: l'attrice, di fronte a una sfida del genere, ha un grande spazio interpretativo. Della pellicola si possono dare mille interpretazioni diverse, ognuno tira fuori il suo sentimento; tutti, però, rappresentano nel loro insieme il sentimento umano, senza barriere nazionali o etniche”.
“Proprio perché il tema è particolare e delicato – aggiunge l’autore -, per raccontare questa storia bisogna conoscere il background cinese degli anni '80-'90. Tanti contadini si sono sacrificati, col sudore e con la stessa vita, per arricchire la gente della città: nel film i contadini vendono il loro sangue per pura sopravvivenza. Molti artisti sono stati colpiti da questa malattia, oltre a molta gente comune; io insegno all'Accademia di Cinema e cerco di coinvolgere sempre gli allievi sul tema, di interessarli a questo argomento. Nella pellicola ci sono tre veri pazienti colpiti dall'Aids, tra cui il bambino che racconta la storia in prima persona; nel villaggio abbiamo anche girato un documentario dal titolo ‘Insieme’, che ha coinvolto contemporaneamente persone sane e malate”.
Fuori concorso un altro film italiano, girato interamente negli Stati Uniti da Roberto Faenza, e tratto dal romanzo omonimo di Peter Cameron “Un giorno questo dolore ti sarà utile”. Una trasposizione riuscita e con un efficace cast tutto americano: dalle premio Oscar Marcia Gay Harden ed Ellen Burstyn ai giovani Toby Regbo e Deborah Ann Woll (“True Blood”), da Peter Gallagher a Lucy Liu. Lacrime e sorrisi, emozione e commozione per un altro racconto di formazione, da un punto di vista diverso (ma non troppo) e raccontato in modo agile e asciutto.
James, diciottenne di New York, finita la scuola e in procinto di andare – controvoglia – all’università, lavora part time nella galleria d'arte contemporanea della madre dove non entra mai nessuno. Sarebbe arduo, d'altra parte, suscitare clamore intorno a opere di tendenza come le pattumiere dell'artista giapponese che vuole restare senza nome. Per passare il tempo, e nella speranza di trovare un'alternativa al college, James cerca in rete una casa nel Midwest dove coltivare in pace le sue attività preferite - la lettura e la solitudine – e fa visita alla nonna Nanette ma...
José de Arcangelo

martedì 1 novembre 2011

Al Festival di Roma presentati "Il cuore grande delle ragazze", un Pupi Avati Doc, e "Un cuento chino", una commedia sulle assurdità della vita

ROMA, 1 - E' il giorno di Pupi Avati, anche se il regista non ha potuto partecipare alla presentazione stampa perché ieri, proprio al Festival, ha avuto un leggero malore e sarà presente solo sul Red Carpet. Comunque "Il cuore grande delle ragazze" - nelle sale dall'11 novembre - è un Avati Doc. Una commedia sentimentale corale, come di consueto, da lui scritta e diretta, ambientata nel passato (nei ricordati anni Trenta) e nella provincia dell'Italia centrale, divertente e persino corrosiva (soprattutto nella prima parte) che disegna con un po' di malinconia l'Italietta che fu. Quindi un'opera nelle corde dell'autore che a tratti ci riporta a quelle da lui firmate negli anni Ottanta (da "Una gita scolastica" a "Storia di ragazzi e ragazze"), con un pizzico di nostalgia in meno, forse, e un po' di vetriolo in più.
"Lo spunto è arrivato da una perlustrazione che compio da tempo nei riguardi del mondo contadino di mia madre - confessa il regista - che fondava le sue radici nella cultura rurale in cui mi sono formato - a Sasso Marconi, vicino Bologna - e dove la mia famiglia era 'sfollata' a causa della guerra. Si sa che i primi anni di vita di una persona sono quelli che producono un 'imprinting' e io col tempo ho fatto di tutto per non liberarmi di quei ricordi: a quell'universo sono molto riconoscente e se sono diventato regista lo devo a quel contesto così particolare in cui ho imparato a fantasticare".
In una cittadina immersa nella campagna (girato a Fermo nelle Marche), la famiglia contadina Vigetti, Adolfo (Andrea Roncato) e Eugenia (Erica Blanc) ha tre figli: il piccolo Edo (Marcello Caroli), la 'rintanata' Sultana (Sara Pastore) e Carlino (Cesare Cremonini al suo esordio sul grande schermo), giovanotto molto ambito dalle ragazze e, quindi, dongiovanni impenitente apparentemente tontolone. Gli Osti invece sono i proprietari terrieri che hanno fatto fortuna e abitano in una casa padronale con le loro due figlie, tutte da maritare: le più attenmpate, Maria (Rita Carlini) e Amabile (Stefania Barca). Facendo buon viso a cattiva sorte, Sisto (Gianni Cavina) e Rosalia (Manuela Morabito) Osti accettano che il giovane contadino Vigetti corteggi le due sorelle maggiori con l'intento di sistemarne almeno una. Dopo un periodo di incontri con le due trentenni nel salotto di casa, l'ormai affiatato terzetto viene turbato dall'arrivo improvviso della terza figlia 'romana', Francesca (Micaela Ramazzotti), dalla capitale in cui era stata in collegio. E tra Carlino e Francesca è amore a prima vista, tanto che la situazione precipita e rischia di mandare a monte 'l'accordo' tra le famiglie ma...
A questo punto la commedia prende la strada di quella degli equivoci e dopo, nel prefinale, vira sul drammatico, ma niente paura si tratta soltanto di un 'colpo di scena'. Chi ama il cinema del regista bolognese apprezzerà la pellicola, ma comunque il pubblico in generale potrà sempre godersi un'ora e mezza scarsa fra lacrime, sorrisi e qualche risata, sentimenti e passioni. Anche perché Avati riesce sempre ad ottenere il meglio dei suoi attori, professionisti e non. Il cantautore e musicista Cremonini (ex Lunapop) è una sorpresa, la Ramazzotti sempre più in ascesa, Roncato, secondo il produttore Antonio Avati, "non solo si è confermato un comico di razza ma si è rivelato anche un grande attore completo". E nel cast ci sono anche la rediviva Sydne Rome (la zia Enrichetta), Massimo Bonetti (lo zio Umberto Vigetti), Gisella Sofio (Olimpia Osti) e Alessandro Haber che è la voce narrante di Edo adulto.
E il regista riesce a giocare anche con i dialetti senza mai cadere nella volgare macchietta (Francesca e la madre sono romane veraci), e poi, grazie alla collaborazione della Film Commission delle Marche il film è stato girato (quasi) tutto dal vero, non solo riducendo i costi ma anche donando genuinità al racconto. Le musiche, sempre in sintonia con il mondo e le atmofere del regista, sono di Lucio Dalla.
Ma oggi è anche il turno di "Un cuento chino" (Un racconto cinese, anche nel senso di favola) dell'argentino Sebastian Borensztein con Ricardo Darin, volto noto anche internazionalmente grazie ai film premiato come "Il figlio della sposa" e il premio Oscar "Il segreto dei tuoi occhi". Una commedia realistica e al tempo stesso surreale per affrontare un tema come l'assurdità di alcuni fatti della vita che sembrano incredibili ma sono talmente veri e toccanti che ci spingono a riflettere su altre assurdità (inclusa la guerra) che accompagnano l'esistenza di tutti noi.
Roberto (Darin), introverso e solitario proprietario di un negozio di ferramenta, vive da vent'anni quasi senza contatti col mondo dopo un dramma che l'ha profondamente segnato (ma che lo spettatore scoprirà verso la fine). Per caso si imbatte in Jun (Ignacio Huang-shen), un cinese appena sbarcato in Argentina senza conoscere una parola di spagnolo, in cerca dello zio, unico parente ancora in vita. Incapace di abbandonarlo, Roberto lo accoglie in casa: nonostante la sua insofferenza, attraverso la singolare convivenza (forzata) troverà la strada per risolvere la sua grande solitudine, non senza aver svelato all'impassibile, eppure tenerissimo Jun, che le strade del destino - o i casi della vita - sono imprevedibili.
Una commedia in raro equilibrio fra sentimenti e risate, emozioni e lacrime, senza sbavature né tempi morti, infatti dura solo un'ora e mezza ma è ricca di spunti e di particolari gustosi. E la bella notizia, soprattutto per il pubblico, è che uscirà nelle sale italiane distribuito da Archibald.
José de Arcangelo

lunedì 31 ottobre 2011

Da "L'industriale" di Giuliano Montaldo a "Babycall" con Noomi Rapace, i disagi e i tormenti del mondo contemporaneo al RFF

ROMA, 31 - Non delude Giuliano Montaldo con "L'industriale" anche se il finale non convince completamente, e rischia di oscurare il ritratto di un industriali come tanti colpevole soprattutto di essere onesto e di non arrendersi mai alle 'leggi del mercato' finanziario. Un'altra buona occasione per Pierfrancesco Favino, assecondato da una Carolina Crescentini sempre più in ascesa.
La storia del quarantenne Nicola (Favino) proprietario di una piccola fabbrica torinese sull'orlo del fallimento, immersa nella grande crisi economica che soffoca l'intero paese. Ma è orgoglioso, tenace e non cede a compromessi, casomai cerca di contracambiare chi vuole sfruttare la sua situazione, con la truffa e l'imbroglio, ma senza cacciare i suoioperai né corrompere o farsi corrompere da nessuno. Sua moglie Laura (Crescentini) sembra essere sempre più lontana e Nicola, anziché parlarne, comincia a sospettare di lei... Ed è questo tema che poi finisce per travolgere la storia, diventandone alla fine il perno. Unica pecca, forse.
Il regista Pal Sleutane e la protagonista Noomi Rapace (la protagonista della trilogia dal best-seller "Millennium"), entrambi norvegesi, hanno presentato il dramma horror "Babycall" nel concorso ufficiale del Festival Internazionale del Film di Roma.
"Non è un caso che De Chirico sia il mio pittore preferito perché è in bilico tra quello che è o non è reale, però mai buio, oscuro; e il mio film è un horror in pieno giorno, niente buio né ombre. Un film che tratta, anzi racconta l'amore, la cosa più pericolosa della nostra vita eche ci mette sempre in gioco, oltre che dell'amore genitoriale, materno. E' un po' un gioco di scatole cinese, un puzzle in cui tutti i personaggi sonoin qualche modo simile. Anche Anna (il personaggio interpretato dalla Rapace ndr.) ha un rapporto particolare col figlio, come Avgel con la madre, questo è molto importante perché è il mio primo film con una protagonista femminile. Tutti mi chiedevano 'Come hai deciso di fare un film su una donna?', non lo so, l'ho sc ritto e basta. Tutti i personaggi fanno parte di me, e come nei film di Lars von Trier tutte le donne mi sono più vicine degli uomini. Non è necessario rispettare né l'età né il genere".
"Anna è molto diversa dai personaggi che ho interpretato prima, è una donna molto fragile, non combattente. Io invece sono una persona molto fisica, mi piace l'attività, lei è molto più fragile, debole. Non ho fatto attività fisica per mesi, ho incontrato una donna la cui figlia era stata violentata e uccisa dieci anni prima, ma mi ha parlato liberamente della sua terribile esperienza, di quando si è resa conto della scomparsa della figlia, quando ha scoperto poi che era stata uccisa. Le cose che lei mi ha detto le ho assorbite, tanto che il mio corpo era indolenzito, provavo dolore dappertutto tanto che mi hanno fatto dei massaggi ma non è servito a nulla. Mi faceva male la schiena, il personaggio ha preso il sopravvento sul mio corpo, mi sentivo debole, non riuscivo ad andare dall'albergo alla macchina. E' stata difficile, ma dopo l'ultimo giorno di lavorazione, il dolore è scomparso, non c'era nulla che non andasse tranne la presenza di Anna, il suo fantasma, era in qualche modo entrato in me. Quello che faccio lo faccio sempre al 100 per cento, ma non avevo mai avuto così tanti incubi, né mi ero sentita al limiti del baratro. Recitando si può uscire dalla propria realtà, se dobbiamo ritirare i remi in barca per farlo per me va bene, a me piace andare sul confine di questi personaggi".
"Perché i bambini nell'horror? - afferma il regista - perché è l'elemento più vulnerabile nella vita, io quando è nata figlia avevo 45 anni, e la mia vita cambiata, le mie paure pure, i figli sono anche fonte di terrore ansia angoscia per quello che potrebbe succedere loro. Penso che per lo più siamo pronti ad accettare la propria morte ma non la possibilità della morte dei figli".
"E poi un bambino cattivo fa più paura di un adulto", ribatte la produttrice Turid Oversveen.
"Ciò che è normale ciò che non lo è, amo il cinema perché si può fare tutto - afferma la Rapce -, niente è giusto niente è sbagliato, né bianco o nero, è possibile essere tutte queste c ose. A me non attira un personaggio sorridente felice simpatico e basta. Mi piace indagare, pormi delle domande. Difficile quando leggo le sceneggiatura e non riesco a capire il personaggio, scoprire come può reagire diventa la mia ossessiona. Devo capire se riesco a rapportarmi con questa realtà. Forse 'Sherlock Holmes 2' è più leggero, ma ho interpreto una zingara, un popolo ch emi interessa, incuriosisce, perché ancora oggi vengono trattati come animali. Ho pensato che pootevo rapportare il film con la realtà, portare alla ribalta un popolo sempre in fuga, che a volte, forse, vorrebb fermarsi. In realtà posso sempre apportare tonalità più scure, forse il mio cuore batte più forte per quelli che lottano, combattono. Non vorrei mai fare una commedia romantica".
"Tutti noi lavoriamo un po come delle antenne - dice il compositore spagnolo Fernando Velasquez -, Pal ha dato a noi degli spunti, e io pensavo a 'Tosca', 'Madame Bovary', ad una donna innamorata. Noi tutti siamo i creatori del film, e non facciamo altro che prendere questa forza che ci è stata data per creare qualcosa, non è di Pal né di Noomi, è di tutti. Io sono spagnolo, l'ho visto in lingua originale e l'ho capito senza comprendere i dialoghi, grazie alle interpretazioni, tanto che avrei voluto proteggere Anna da questi pericoli, di amare il figlio anche se sapevo non vero. Non è stato necessario leggere i sottotitoli prt capire il film. Il mio compito era dare un po' di calore con la muscia, emotiva ma non proprio da melodramma".
"La musica ha aggiunto una nuova dimensione al film - dichiara Noomi -, eppure la musica sembrava un sottotitolo di quello succedeva".
"Noi compositori siamo fortunati - ribatte il musicista -, il film è un dono, qualcosa di potente incredibile, e come aggiungere lievito all'impasto del pane, la mia musica ha dato calore a un film che adoro. L'idea di una donna, di una madre che combatte, e sono contento di non aver dovuto rifare le musiche dei film precedenti. Anche se non sono mai stato in Norvegia ed è diversa, ho capito l'anima della pellicola".
"Sono molto fortunata - confessa la produttrice Oversveen -, e questo è il terzo film di Pal che produco, siamo molto vicini, ho letto tutte le sue sceneggiature. Ho prodotto tutti tranne il primo, l'ho conosciuto nel 1992 quando ho visto un suo corto (di 30-40 minuti) in sala: straordinario, fra realtà e sogno, una specie di favola. Tanto che appena uscita ho detto: 'Qualcuno mi dica chi è questo regista'. Veramente ha toccato corde molto intime, c'erano diverse dimensioni nel film. Quando si tratta di reperire soldi, trovare il casting, il musicista, è necessario che il regista abiti lo stesso mondo in cui abiti tu. Io cerco sempre qualcosa di diverso, che abbia un senso, non qualunque tipo film, ma quelli che capisco o che mi sfuggono. Qualcosa di illogico, lo posso accettare, se ho la sensazione che il film funzioni, anche perché devo 'vendere'. Stavolta avevo due coproduttori, Karl Baumgartner & la svedese Anna Croneman. E' facile reperire i finanziamenti presentando sceneggiatura e cast all'unisono. A proposito di favole, penso che le emozioni siano fondamentali, il film non deve solo terrorizzare, non solo far paura. Il risultato si vede quando tutti quanti hanno contribuito a dare più emozioni".
"Oltre la sceneggiatura e i talenti - conclude il tedesco Baumgartner -, era interessante che avesse elementi di diversi generi; i produttori pensano solo al pubblico, ma non si può mai sapere quanto sarà grande. E forse questa commistione di generi farà avvvicinare il film al pubblico".

José de Arcangelo